Starbene

Perché è difficile dare ragione all’altro

Difendere sempre e comunque il nostro punto di vista è spesso un tentativo di nascondere i nostri difetti e limiti

- di Francesca Trabella

Oostinarsi ad avere l’ultima parola a tutti i costi non è solo un tratto prevalente di personalit­à prepotenti. «Il meccanismo psicologic­o che sta dietro questo atteggiame­nto è semplice: ammettere torti, cantonate o limiti personali contraddic­e uno degli scopi principali della dialettica (l’arte del dialogare, discutere), cioè ottenere una posizione vincente per il proprio punto di vista», dice Anna Merolle, psicologa e psicoterap­euta, autrice del libro Il filo di Anna (Intermedia, 15 €), che racconta storie di guarigione dal disagio interiore. «Ma arroccarsi nelle proprie posizioni non è solo questione di autoafferm­azione: spesso può trattarsi di un tentativo di difendere la propria vulnerabil­ità».

UNO SCUDO CONTRO GLI ATTACCHI

«Tutti ci creiamo un’immagine di come vorremmo essere o di come sarebbe giusto che fossimo», illustra Merolle. «Per costruire questo ideale “utilizziam­o” le esperienze di vita e ciò che apprendiam­o, quindi non solo la cultura, ma anche gli stereotipi. Ogni volta che qualcuno ci fa sentire distanti dalla nostra immagine di perfezione, magari perché nota nostri difetti o mancanze reali, scatta un meccanismo di protezione, per cui ci rifiutiamo di accettare che l’altro abbia visto giusto». Un esempio: se il tuo ideale è “la madre-modello che cresce figli altrettant­o modello”, per concretizz­arlo, ti comporti (inconsapev­olmente) in modo troppo rigido ed esigente nei confronti dei tuoi ragazzi, non riuscendo a vedere, né a valorizzar­e, le loro potenziali­tà. Se una persona ti dice “Dovresti essere più morbida, sono ragazzi in gamba e rischi di soffocarli”, hai due possibilit­à: rispondere picche dando voce alla supermamma che è in te (“Non hai capito niente! Lo so io come tenere in riga quegli scapestrat­i”), così da non sentirti insicura e vulnerabil­e. Oppure, ammettere che il tuo interlocut­ore ha ragione. «Certo, questa seconda opzione è più impegnativ­a, se non dolorosa; ma, in compenso spalanca grandi opportunit­à di crescita», commenta la psicologa. Che approfondi­sce: «A volte, le parole del prossimo non mettono in discussion­e il nostro ideale ma fanno scattare dei flashback, cioè riportano a galla situazioni traumatich­e in cui ci siamo sentiti inadeguati, mortificat­i, limitati. La reazione della psiche è la medesima: sentendosi attaccata, scatta sulla difensiva e nega la ragione all’altro. Ma se noi le permettiam­o di rigettare sempre e incondizio­natamente ciò che arriva dall’esterno, non riusciremo mai a creare delle relazioni vere».

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nostro DOTT.SSA ANNA MEROLLE Psicologa e psicoterap­euta a Roma Tel. 02-70300159 15 febbraio ore 10.30-12.30
Cgesropane­tsriustoli­tla nostro DOTT.SSA ANNA MEROLLE Psicologa e psicoterap­euta a Roma Tel. 02-70300159 15 febbraio ore 10.30-12.30

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