Perché è difficile dare ragione all’altro
Difendere sempre e comunque il nostro punto di vista è spesso un tentativo di nascondere i nostri difetti e limiti
Oostinarsi ad avere l’ultima parola a tutti i costi non è solo un tratto prevalente di personalità prepotenti. «Il meccanismo psicologico che sta dietro questo atteggiamento è semplice: ammettere torti, cantonate o limiti personali contraddice uno degli scopi principali della dialettica (l’arte del dialogare, discutere), cioè ottenere una posizione vincente per il proprio punto di vista», dice Anna Merolle, psicologa e psicoterapeuta, autrice del libro Il filo di Anna (Intermedia, 15 €), che racconta storie di guarigione dal disagio interiore. «Ma arroccarsi nelle proprie posizioni non è solo questione di autoaffermazione: spesso può trattarsi di un tentativo di difendere la propria vulnerabilità».
UNO SCUDO CONTRO GLI ATTACCHI
«Tutti ci creiamo un’immagine di come vorremmo essere o di come sarebbe giusto che fossimo», illustra Merolle. «Per costruire questo ideale “utilizziamo” le esperienze di vita e ciò che apprendiamo, quindi non solo la cultura, ma anche gli stereotipi. Ogni volta che qualcuno ci fa sentire distanti dalla nostra immagine di perfezione, magari perché nota nostri difetti o mancanze reali, scatta un meccanismo di protezione, per cui ci rifiutiamo di accettare che l’altro abbia visto giusto». Un esempio: se il tuo ideale è “la madre-modello che cresce figli altrettanto modello”, per concretizzarlo, ti comporti (inconsapevolmente) in modo troppo rigido ed esigente nei confronti dei tuoi ragazzi, non riuscendo a vedere, né a valorizzare, le loro potenzialità. Se una persona ti dice “Dovresti essere più morbida, sono ragazzi in gamba e rischi di soffocarli”, hai due possibilità: rispondere picche dando voce alla supermamma che è in te (“Non hai capito niente! Lo so io come tenere in riga quegli scapestrati”), così da non sentirti insicura e vulnerabile. Oppure, ammettere che il tuo interlocutore ha ragione. «Certo, questa seconda opzione è più impegnativa, se non dolorosa; ma, in compenso spalanca grandi opportunità di crescita», commenta la psicologa. Che approfondisce: «A volte, le parole del prossimo non mettono in discussione il nostro ideale ma fanno scattare dei flashback, cioè riportano a galla situazioni traumatiche in cui ci siamo sentiti inadeguati, mortificati, limitati. La reazione della psiche è la medesima: sentendosi attaccata, scatta sulla difensiva e nega la ragione all’altro. Ma se noi le permettiamo di rigettare sempre e incondizionatamente ciò che arriva dall’esterno, non riusciremo mai a creare delle relazioni vere».