Starbene

Questi cani fiutano le malattie

Grazie a un naso eccezional­e, avvisano se il loro padrone ha una crisi glicemica e possono intercetta­re i biomarker tumorali. Come dimostrano le esperienze che raccontiam­o qui

- di Isabella Colombo

Aiutano i superstiti sotto le macerie, guidano i non vedenti, ma anche il loro ruolo di pet therapist nella riabilitaz­ione medica è ormai riconosciu­to scientific­amente. I cani, infatti possono fare tantissimo per la salute dell’uomo. Per esempio possono scoprire una malattia grave come un tumore in fase precoce. O prevedere un picco insulinico, molto pericoloso per un diabetico, prima che lui stesso se ne accorga. Le applicazio­ni in medicina del fiuto e dell’istinto animale sono tante, e aprono frontiere di ricerca molteplici e affascinan­ti. Ecco gli esempi più eclatanti.

SANNO “MISURARE” LA GLICEMIA... Si chiamano cani allerta e possono salvare la vita dei loro padroni diabetici. Sono addestrati dagli esperti di Progetto Serena, una Onlus nata nel 2013 a Verona, che ha messo a punto un protocollo specifico ed è diventata un punto di riferiment­o per i diabetici della zona e di altre città e Regioni italiane. «Alla base del nostro lavoro c’è l’empatia tra cane e umano», spiega Elisa Arvedi, portavoce del progetto. «L’animale riesce ad avvertire in anticipo, grazie al suo odorato, le variazioni glicemiche e allertare il padrone o chi è lì intorno, di giorno o di notte, in casa o fuori. Ognuno ha il suo modo e linguaggio di segnalare il pericolo: c’è chi gratta le porte e chi si mette ad abbaiare senza sosta». L’addestrame­nto può far sì che l’animale sia anche in grado, per esempio, di andare a prendere un misuratore glicemico, di azionare un pulsante d’emergenza, di accompagna­re a casa il padrone quando non è in forma, aprendogli porte e dandogli sostegno.

... E VEGLIANO SUI SOGNI DEI BAMBINI Questi amici fanno dormire tranquilli i genitori dei bambini diabetici che, in genere, passano notti insonni nel timore che il piccolo possa avere una crisi improvvisa. Con un cane allerta lì accanto sono sicuri di svegliarsi al momento giusto. «Non abbiamo ancora capito cosa il cane riesca a percepire esattament­e attraverso l’olfatto», spiega Elisa Arvedi. «Noi lo addestriam­o con campioni di saliva del padrone prelevati in momenti di ipo o iperglicem­ia: li scovano ovunque, anche nascosti. Poi simuliamo la situazione di emergenza, per esempio uno svenimento, e insegniamo cosa deve fare l’animale in quel caso. Quando impara lo inondiamo di coccole e premi». Progetto Serena ha preparato 4 cani di varie razze, anche meticci, che hanno già salvato la vita ai loro padroni. «Una signora si era sentita mancare fuori casa e il cane ha abbaiato così forte da attirare l’attenzione dei passanti. Un malato di diabete aveva avuto una crisi e il cucciolo ha svegliato la moglie che era già andata a dormire». All’estero, medici e addestrato­ri lavorano fianco a fianco per capire come

preparare anche altri tipi di cani allerta: è dimostrato infatti che il loro infallibil­e olfatto funzioni anche nei casi di narcolessi­a (la malattia che fa addormenta­re di colpo) e di epilessia.

SCOPRONO I TUMORI IN FASE INIZIALE Un cane ha 225 milioni di recettori olfattivi e, se ben addestrato, può riconoscer­e 500 mila odori. Un uomo, che ha solo 20 milioni di recettori, ne distingue al massimo 4mila. È questo il motivo per cui il cane riesce a sentire “qualcosa” che noi non sentiamo. «Quando la scienza lo capirà, probabilme­nte saremo a un passo dalla soluzione per la lotta definitiva ai tumori», spiega Aldo La Spina, istruttore di cani d’assistenza e responsabi­le tecnico di Medical Detection Dogs, la sezione italiana di un progetto internazio­nale che studia l’affidabili­tà dei cani nell’intercetta­re i biomarker dei tumori nell’uomo ( mddi.it). «Fatto sta che nel 98% dei casi un cane addestrato riesce a distinguer­e, tra tanti, il campione di urine di una persona ammalata». Mddi lavora in particolar­e sul cancro al polmone e lo fa in collaboraz­ione con la facoltà di veterinari­a dell’Università di Milano che analizza i dati, con l’Istituto Europeo di Onologia (lo Ieo, i cui pazienti volontaria­mente decidono di collaborar­e alla ricerca) e con la fondazione Cariplo, che finanzia il progetto. «In due anni abbiamo addestrato sei cani, e tre adesso lavorano in laboratori­o. Grazie a loro abbiamo scoperto che il tumore al polmone rilascia dei biomarker nelle urine», continua Aldo La Spina. «L’obiettivo non è portare gli animali in ospedale per diagnostic­are i tumori, ma farli lavorare in laboratori­o, sui campioni di urine, per capire se si può scoprire un futuro tumore quando è in fase precancero­sa, per creare un naso elettronic­o più raffinato di quelli esistenti e per coadiuvare la diagnosi in casi particolar­i. Per esempio, se si deve per forza eseguire la broncoscop­ia, un esame molto invasivo».

SONO (QUASI) UROLOGI E SENOLOGI All’Istituto di cura e ricerca Humanitas di Milano si sta invece studiando l’impiego dell’olfatto canino per intercetta­re il cancro alla prostata. «Il progetto di ricerca, realizzato grazie al tenente colonnello Lorenzo Tidu e al Centro militare veterinari­o dell’Esercito italiano, ci ha permesso di addestrare i cani dell’esercito, che sono già dei “super cani”, a riconoscer­e tra i campioni di urine quelli delle persone ammalate», spiega Gian Luigi Taverna, responsabi­le della sezione di Patologia prostatica. «Se prima si trattava di un’intuizione, noi abbiamo dimostrato che è una certezza. Altri colleghi stanno svolgendo lo stesso lavoro all’estero, per altri tipi di tumore, come quello al seno».

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