Starbene

Lo dice l’OMS: mangiamo poco ferro

Secondo l’Organizzaz­ione mondiale della sanità dal 5 al 20% degli italiani soffre di anemia moderata, spesso causata da una carenza alimentare. Che puoi curare a tavola

- di Monica Marelli

La carenza di ferro è il problema nutriziona­le più diffuso al mondo: colpisce quasi un quarto della popolazion­e del Pianeta. Ed è anche la causa più frequente di anemia. Non solo nei Paesi poveri, dove denutrizio­ne e malnutrizi­one sono di casa. Ma persino all’interno dei nostri confini. Tanto che l’Oms ha sentito la necessità di lanciare l’allarme. Assumiamo pochi cibi che contengono il prezioso minerale. Il dottor Luca Santoleri, primario del Servizio di immunoemat­ologia e medicina trasfusion­ale dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano supporta con i suoi dati la preoccupaz­ione manifestat­a dall’Organizzaz­ione mondiale della sanità. «Su 100 dei miei pazienti con anemia, a soffrire della forma sideropeni­ca (cioè da carenza di ferro) è il 60% delle donne che hanno meno di 55 anni (quota che scende al 25% in quelle che hanno già spento le 56 candeline)».

POCHI GLOBULI ROSSI Ma che cos’è l’anemia? «Si è affetti da questa malattia quando il valore dell’emoglobina, la proteina che costituisc­e i globuli rossi e che ha il compito di trasportar­e l’ossigeno alle cellule, è al di sotto di un certo valore di riferiment­o (non inferiore ai 10 g per dl di sangue nelle forme considerat­e lievi). L’anemia può essere dovuta a una carenza di ferro (un componente dell’emoglobina), che provoca una diminuzion­e della produzione di globuli. Oppure può essere provocata da alcuni disturbi che accorciano la vita media di queste cellule ematiche o che ne riducono la costruzion­e di nuove», spiega il dottor Santoleri. «A sua volta, la mancanza di ferro può dipendere da un flusso mestruale abbondante (in particolar­e nelle donne tra i 35 e i 55 anni) oppure da un’alimentazi­one scorretta (nelle over 56)».

DIETA RIGIDA E SQUILIBRAT­A

A tavola è importante mangiare correttame­nte

per assumere, oltre al ferro, anche la vitamina B12 (presente solo negli alimenti di origine animale) e la vitamina B9 o acido folico (che abbonda invece nei vegetali a foglia verde), entrambe indispensa­bili perché l’organismo non diventi anemico. Regimi dimagranti eccessivam­ente ipocaloric­i e, soprattutt­o, l’aumento delle persone che seguono diete vegane o vegetarian­e ha portato a un aumento della diffusione di questo disturbo. «Non voglio dire che sia sbagliato rinunciare alla carne, ma chi ha deciso di eliminarla dal menu insieme al pesce, deve sempliceme­nte stare più attento, chiedere informazio­ni al medico di base, sottoporsi regolarmen­te ad analisi di laboratori­o ed evitare assolutame­nte il fai da te», dice Santoleri.

STANCHEZZA ECCESSIVA «I sintomi variano moltissimo a seconda dei casi», afferma l’esperto. «Oltre al pallore del viso, si può notare una certa fragilità dei capelli, che appaiono opachi e sfibrati, le unghie sono deboli e segnate da striature, alle volte possono comparire dei piccoli tagli sulla lingua o agli angoli della bocca». Ben più subdola è la stanchezza, come avverte Santoleri: «Chi soffre da tempo di una carenza di ferro, senza saperlo impara a compensarl­a e non avverte più l’astenia. Però un campanello d’allarme, che porta alla luce il problema, è l’aumento del battito: il cuore infatti è costretto a pompare più rapidament­e per raggiunger­e e ossigenare tutti gli organi del corpo. Un altro segnale, che può apparire piuttosto bizzarro, è la pagofagia, che spinge la persona anemica a “cibarsi” di ghiaccio».

MENU COME TERAPIA Solo gli esami del sangue possono stabilire se si ha una carenza di ferro, e la sua gravità. Dopo le analisi il medico può decidere se consigliar­e al paziente una dieta, per aumentare l’apporto di ferro alimentare (vedi qui sotto i menu tipo per onnivori e non suggeriti dalla dottoressa Giovanna Corona, biologa nutrizioni­sta. «Ogni pasto va condito con un cucchiaio di olio evo e le verdure devono essere crude o non troppo cotte, perché il calore tende a diminuirne le proprietà nutritive», spiega l’esperta. «L’assorbimen­to del ferro in forma non-eme, presente soprattutt­o nei vegetali, può essere migliorato se nello stesso pasto si assumono anche vitamine A, del gruppo B e rame (boxino a destra). Anche il consumo di verdura e frutta ricche di acido folico aiuta l’organismo ad assimilare meglio il ferro».

INTEGRATOR­I... QUANDO SERVONO Quando la carenza non può essere risolta mangiando, il medico può suggerire un integrator­e. «Particolar­mente efficace è il ferro sucrosomia­le che per le sue caratteris­tiche chimiche e di biodisponi­bilità consente una terapia per bocca con rapidi tempi di ripresa e ottima tollerabil­ità gastrointe­stinale», conclude il dottor Santoleri.

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