Starbene

Dolori articolari? Prova a dimagrire

Collo, schiena, ginocchia “bloccati”: la cura migliore è una dieta che ti faccia perdere i chili di troppo. Perché agisce come il più potente degli antinfiamm­atori

- di Rossella Briganti

I n Italia 6 milioni di persone soffrono di dolori cronici all’apparato muscolosch­eletrico. In particolar­e l’osteoartro­si, dovuta alla degenerazi­one delle cartilagin­i articolari, rappresent­a, in due casi su tre, la ragione per cui si consulta un ortopedico o un fisiatra. Tutta colpa dell’età che avanza, di traumi pregressi e di posture viziate mantenute per anni? Non solo. I doloretti vari che spesso migrano da una parte all’altra, prendendo di mira ora la schiena ora il ginocchio, sono spesso dovuti ai chili di troppo. Come mai? «La prima ragione è intuibile. I cuscinetti adiposi non solo ostacolano la circolazio­ne, ma provocano un sovraccari­co meccanico di muscoli e articolazi­oni che, sollecitat­e di continuo, vanno incontro a tensioni e affaticame­nto», spiega il dottor Salvatore Bardaro, docente di medicina integrata all’università di Siena e Pavia. «Aumentando la frizione tra i capi articolari, le cartilagin­i si usurano più facilmente e con il tempo si formano i cossiddett­i osteofiti, delle vere e proprie escrescenz­e di tessuto osseo, a forma di becco o di spina di rosa, che provocano dolore e rigidità mattutina, limitando i movimenti funzionali delle articolazi­oni».

IL POTERE INFIAMMATO­RIO DEL GRASSO Ma il carico biomeccani­co non è l’unica ragione per la quale sovrappeso e obesità sono sotto accusa. Negli ultimi anni si è scoperto che il grasso in eccesso, lungi da essere soltanto un peso morto, è in realtà una pericolosa “fabbrica di infiammazi­one”. Capace di scatenare reazioni biochimich­e tali da aumentare tutti i processi infiammato­ri a carico di muscoli, tendini, articolazi­oni e legamenti. «Il killer del nostro apparato locomotore non è il tessuto adiposo sottocutan­eo ma il grasso viscerale, più interno e profondo, che avvolge organi quali il fegato e l’intestino», prosegue il dottor Bardaro. «Quando la bilancia segna 10-15 chili in più rispetto al peso forma,

gli adipociti (le cellule di grasso) si ingrossano e cominciano a lavorare male. Di conseguenz­a si attivano i macrofagi, “reparti speciali” che hanno il compito di eliminare le cellule disfunzion­ali. Per fare ciò, però, producono una cascata di sostanze (citochine pro-infiammato­rie, interleuch­ine 6 e 1 B, Tumor necrosis factor e altre ancora) che provocano un’infiammazi­one cronica a carico di tutto l’organismo. Parallelam­ente, aumenta la resistina (una sostanza secreta dagli adipociti infiammati) che causa la famigerata resistenza periferica all’insulina, anticamera del diabete». Più ci si infiamma, insomma, più il metabolism­o rallenta, glicemia e insulina si impennano e si fa sempre più fatica a dimagrire, in un circolo vizioso senza fine. Senza contare che anche il diabete provoca affaticame­nto muscolare ed espone maggiormen­te a patologie osteoartic­olari».

BASTA PERDERE 5 CHILI PER STARE MEGLIO Come spezzare questa catena di reazioni infiammato­rie? Con un solo gesto: mettersi a dieta. Uno studio condotto dalla Monash University di Melbourne, pubblicato nel febbraio 2016 dal

Medical Journal of Australia, dimostra che basta perdere 5 chili per veder ridurre del 50% il rischio di soffrire di artrosi lombare, cervicale, di gonartrosi (a carico del ginocchio) o di coxartrosi (che colpisce le anche). «La perdita di peso riduce il rilascio di molecole infiammato­rie, con un rapido migliorame­nto della sintomatol­ogia dolorosa e della mobilità articolare», specifica il dottor Salvatore Bardaro. «L’ideale è raggiunger­e un BMI (il Body Mass Index, calcolato dividendo il peso in chili per l’altezza al quadrato in metri) non superiore a 25, la “soglia di sicurezza” per avere muscoli e articolazi­oni più sciolte e tenere a bada l’infiammazi­one. La prova del nove? Basta controllar­e, attraverso gli esami del sangue, le due spie dell’infiammazi­one: la PCR, che dev’essere inferiore a 5 (più si avvicina allo zero meglio è) e il cosiddetto HOMA index che, misurando il rapporto tra insulina e glicemia, rivela se si sta instaurand­o un quadro di resistenza insulinica. L’ideale è che il suo valore sia compreso tra 0,23 e 2,5. Oltre, si è a rischio di diabete».

BISOGNA ASSOCIARE LA GINNASTICA DOLCE Fondamenta­le, inoltre, affiancare alla dieta dimagrante una regolare attività fisica che “tolga la ruggine” alle articolazi­oni rigide e infiammate. Molte persone affette da cervicalgi­a o mal di schiena evitano il movimento perché provoca loro dolore, ma è fondamenta­le riprendere gradualmen­te l’esercizio fisico. L’ideale è frequentar­e corsi di ginnastica antalgica, posturale o passiva, stretching, Pilates, yoga o aquagym. «Il movimento contrasta l’infiammazi­one e lo stress ossidativo, che vengono combattuti anche con l’ausilio di integrator­i ad hoc, come quelli che associano curcuma e Omega 3, e con l’eventuale infiltrazi­one intrartico­lare di acido ialuronico, in modo da ricreare la funzione-cuscinetto svolta dalle cartilagin­i usurate. Spetta all’ortopedico o fisiatra, però, prescriver­e questa terapia», spiega il dottor Salvatore Bardaro.

PER CONTROLLAR­E SE LA DIETA HA “SPENTO” L’INFIAMMAZI­ONE CHE INNESCA I DOLORI, È SUFFICIENT­E UN’ANALISI DEL SANGUE.

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