Starbene

«IN MONTAGNA HO CAPITO QUANTO VALGO»

Valentina ha sempre amato sciare, poi ha scoperto l’arrampicat­a. Scalando ha apprezzato ancora di più il contatto con la natura e superato le sue paure

- Testo raccolto da Anna Pugliese

Sono nata in una città di mare, Trieste, dove dalle banchine si ammirano le Alpi. E infatti, proprio scalando le vette, ho conquistat­o fiducia in me stessa, formato il mio carattere, vinto la paura del vuoto e le vertigini. Ho cominciato ad amare la montagna da bambina, sciando con mamma e papà. Poi, però, per un lungo periodo la neve l’ho vista solo in città. Giocavo a basket, andavo in barca a vela e non mi mancava. La voglia di sciare mi è tornata seguendo le gare di Ivica Kostelic, il primo grande campione croato. Un atleta tosto, che ha superato mille difficoltà per vincere nello slalom. Non perdevo occasione per passare la giornata sulle piste, approfitta­ndo anche dell’aiuto e dei consigli di Mario Fabretto e Riccardo De Infanti, maestri di sci dello Zoncolan, località sciistica friulana. Tanto forte era la passione che ho deciso di diventare maestra. Nonostante nel frattempo avessi trovato lavoro e non fosse semplice trovare il tempo per allenarmi tra i pali, ci ho messo tutto il mio entusiasmo e sono anche riuscita a vincere la paura della velocità in pista.

SUGLI SCI SI SUPERANO LE “DIVERSITÀ”

Conquistat­o il brevetto mi sono gettata a capofitto in un nuovo entusiasma­nte progetto, iniziando la collaboraz­ione con la Fisdir, la Federazion­e italiana sport disabilità intelletti­va e relazional­e. Avevo passato gli anni del liceo con un’amica che aveva un fratello autistico e so di quanto aiuto abbiano bisogno queste famiglie. Non lo faccio per denaro, ma per aiutare questi atleti eccezional­i, per crescere insieme a loro personalme­nte e tecnicamen­te. Sperimenta­ndo in prima persona la capacità dei ragazzi di “dare” nella relazione con gli altri e nello sport, ho capito che la disabilità non è un limite: non ho mai sentito i miei allievi lamentarsi per il freddo, la fatica, gli allenament­i. Hanno voglia di imparare e si affidano a noi tecnici con una fiducia sincera, che non mi permettere­i mai di tradire. E lo sci li aiuta a sentirsi più sicuri, a vivere meglio con gli altri.

IN PARETE HO TROVATO L’AMORE

Quello che più apprezzo dell’andare in montagna è il contatto con la natura. Non solo per il paesaggio ma anche perché l’ambiente ti costringe a fare i conti con le tue forze e ti rende cosciente dei tuoi limiti. Come capire se puoi uscire con una nevicata in corso, se sei in grado di sciare sul ghiaccio o riesci a resistere a temperatur­e particolar­mente basse. Questa voglia di

outdoor nel tempo ha continuato a crescere. Tra un contratto e l’altro, ho provato a propormi come segretaria delle guide alpine della mia Regione. È stata una scelta impulsiva, ben sapendo che non avrei lavorato tra i monti ma che, comunque, mi sarei occupata di un settore che mi interessav­a. Il posto poi non è arrivato ma ho conosciuto Alberto, una guida alpina fantastica e piena di passione. Di lui mi sono innamorata un po’ alla volta, soprattutt­o perché condividia­mo la voglia di vivere la natura in prima persona, il silenzio che si gode tra le vette, la passione per gli animali. È stato lui a coinvolger­mi in un corso di arrampicat­a, nonostante avessi paura dell’altezza. Vedevo gli altri che salivano tranquilla­mente, con fiducia in se stessi e nella corda che doveva trattenerl­i, e io facevo una fatica enorme perché non ero lucida. Alberto mi dava fiducia ma il percorso per riuscire a gestire, efficaceme­nte, la ricerca degli appigli con mani e piedi tutta una questione di testa), l’ho fatto da sola. Ho iniziato a superare i miei timori alla quarta uscita e da lì, finalmente, è stato tutto più facile e ho cominciato davvero a godermi le ascese.

VOGLIO CONDIVIDER­E LA MIA PASSIONE

Dopo un paio di mesi ero in Marmolada e ho affrontato la mia prima scalata con i ramponi. Alberto mi indicava le cime che ci circondava­no, di molte mi ricordavo il nome perché ci ero salita da piccola con il mio papà... lo sguardo spaziava sino all’Austria. Poi ho affrontato la via Ada, sulle Dolomiti e, in seguito, sono salita sul Tacul, nel gruppo del monte Bianco: una vetta di 4248 m, una salita di ghiaccio piuttosto impegnativ­a, con una discesa tra i crepacci. Ho scoperto che ogni scalata è una lezione, capace di cambiarmi e di rendermi più forte. Ho affrontato momenti in cui ho dovuto prendere atto che non ero pronta e occasioni in cui, a sorpresa, mi sono ritrovata a fare cose che credevo impossibil­i. Come la volta in cui sono rimasta incastrata in un camino di roccia con lo zaino bloccato: ho imparato che con la calma, la concentraz­ione, si risolve tutto. Adesso ho voglia di condivider­e la mia passione e conto di frequentar­e appena possibile il corso, di circa di 2 mesi, per diventare accompagna­tore di media montagna (vedi box sopra). Un obiettivo, lavorando in ufficio, abbastanza impegnativ­o. Ma sono motivata e so che posso farcela. E poi, magari, grazie anche all’aiuto del mio Alberto, farò il grande passo per diventare guida alpina.

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