«HO IL GENE CHE FAVORISCE IL TUMORE AL SENO»
Carla, giornalista, ha “un errore di battitura” nel suo Dna e si è già ammalata una volta. Ma, scrivendo, riesce a esorcizzare la paura
HO DECISO DI NON FARE LA MASTECTOMIA PREVENTIVA E I MEDICI HANNO CONDIVISO LA MIA DECISIONE.
C’è un errore di battitura nel mio Dna. L’ho scoperto quando anch’ io mi sono ammalata al seno, come altre donne della mia famiglia: il centro di consulenza genetica cui si appoggiava l’ospedale Valdese di Torino mi ha informato che forse non si trattava di una coincidenza ma di un fattore ereditario. E quando succede di avere una familiarità importante pare sia consigliabile farsi esaminare il Dna per predisporre una strategia per il futuro.
Per capire esattamente cosa avrebbe significato e come questo avrebbe influito su tutta la mia vita mi sono fatta accompagnare da mia sorella perché temevo di perdere qualche dettaglio. La spiegazione, poi, poteva interessare anche Nicoletta: pure lei si era già ammalata. Ci hanno spiegato che avrebbero dovuto farmi un prelievo di sangue, lavorarci sopra per alcuni mesi per analizzare tutta la mia mappa genetica e poi darmi una risposta in seguito alla quale avrei dovuto prendere decisioni importanti. Per darmi un’idea della portata di questa analisi mi hanno detto che sarebbe stato come leggere un’enciclopedia intera per verificare se ci fosse un errore di battitura. C’era. Anzi, c’è. Si chiama Brca2 ed è il gene di cui porto la mutazione: significa che corro un rischio molto più alto delle altre donne di ammalarmi di cancro alla mammella o all’ovaio.
MI SONO FATTA ASPORTARE LE OVAIE
Il giorno in cui sono andata a ritirare l’esito mia sorella, che aveva deciso invece di non sottoporsi al test, non c’era, ma è stata la prima persona a cui ho telefonato appena salita in macchina, sotto il sole implacabile di un luglio soffocante. Nonostante la mia ferma volontà di sapere tutto sulla mia salute, ora quel foglio mi sembrava una sentenza inappellabile, pesantissima. Avrebbe aperto la strada a notti insonni, domande, dubbi, visite, consulti. Paura. Ma anche a una girandola emotiva in cui alternavo (e continuo a farlo) momenti di lucidità ad altri di confusione. All’indomani di lunghe cure per sconfiggere il mio cancro, sentirsi dire che potresti essere quasi una predestinata ad ammalarti di nuovo è una notizia pesante. Perciò, ho deciso di accettare il supporto psicologico che l’ospedale mi metteva a disposizione, parallelamente a quello medico specialistico. Il primo passo importante è stata l’asportazione immediata delle ovaie, a rischio di tumore per la mutazione. Si chiama annessiectomia ed è considerata una menomazione, tanto che non si può decidere di farla se non ci sono ragioni più che valide. Sebbene mi facesse un certo effetto pensare che stavo perdendo una delle caratteristiche dell’essere donna, ho superato l’intervento senza grossi problemi. Forse perché non avevo scelta, mentre (per fortuna) ho potuto decidere di non fare la mastectomia. Secondo quanto mi avevano detto i medici, con quest’operazione non avrei azzerato il pericolo di un altro tumore al seno. Certo le paure continuano. La più grande è quella del rischio che aumenta con il tempo e con gli anni.
HO SUPERATO I LIMITI DEL MIO CORPO Viaggiare mi distrae, mi proietta in realtà alternative, mi impone di pensare e comunicare in modo diverso, mi incuriosisce, mi insegna, mi distrae. Appena ho potuto ho ripreso in mano la valigia. Anche con la testa ancora calva, il corpo gonfio, i dolori articolari e la stanchezza. Mi sono imposta di superare i limiti del mio aspetto fisico e il timore che potesse urtare la sensibilità delle persone e sono tornata in giro per il mondo per
scrivere di luoghi e per accompagnare viaggiatori come me.
Per molti mesi interventi e terapie mi avevano obbligato a una sosta forzata. Durante quel periodo che mi sembrava infinito, sentivo l’esigenza di continuare a esplorare, forse perché non sapevo quando e se avrei potuto ricominciare in prima persona. Volevo che la mente non smettesse di viaggiare come era costretto a fare il corpo. L’idea mi venne dall’istituto nei pressi di Cambridge che aveva sostenuto i due autori della scoperta del gene Brca2, quello della mia mutazione. Invece di lasciarlo soltanto in laboratorio, l’istituto lo aveva trasformato in una pista ciclabile dipinta con le 10.257 strisce colorate che costituiscono i quattro nucleotidi del gene. Quante altre cose potevano diventare spunti per muoversi e diventare attivi? Così ho cominciato a concentrarmi sui contenuti di un viaggio, disegnando itinerari diversi e sviluppando un nuovo progetto che oggi è diventato parte della mia vita professionale.
ANCHE LA MALATTIA HA UN VALORE “Carla, puoi darci una mano scrivendo un articolo?”. L’ospedale Valdese di Torino e la sua senologia stavano per essere smantellati.
Così è cominciato un altro tipo viaggio, quello nell’impegno che da allora continua ad accompagnarmi. Insieme a un manipolo di medici, alcune donne e tre amici fotografi è nata la campagna “Mettiamoci le Tette”, un fiume di immagini anonime di seni feriti o integri scattate alle centinaia di volontari che hanno risposto al nostro appello. Ne sono seguiti incontri, fiaccolate, manifestazioni, articoli, raccolte fondi e anche un ricorso al Tar. Per tanto tempo mi ero chiesta quale fosse il senso di tutto quello che mi era capitato. Investire tempo ed energie per difendere il diritto delle donne ad avere a disposizione centri di prevenzione e cura mi dava l’occasione di esorcizzare la malattia, di darle finalmente un valore e di trasformarla in qualcosa di utile.
Sfogli la rivista, trovi un tuo articolo, lo scorri e all’improvviso ti imbatti nell’errore. Figlio di una svista, nonostante le riletture, o di un taglio della redazione, dove lo spazio è sempre tiranno. Una virgola rimasta appesa per sbaglio invece di sparire insieme all’inciso soppresso, un apostrofo dimenticato cambiando un genere, una vocale che altera il senso. Minuscoli frammenti invisibili nel mare della narrazione cambiandone il ritmo. Ecco, esattamente come succede alla vita, quando ti rendi conto che quell’errore si trova iscritto nel tuo codice genetico.