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Tiroide: 3 età a rischio

Ci sono fasi della vita in cui la ghiandola tende ad andare in tilt, causando variazioni di peso, cali di attenzione, ansia. Ecco come intervenir­e

- di Ida Macchi

Disturbi della tiroide: in Italia ne soffrono almeno 6 milioni di persone. A esserne colpite sono soprattutt­o le donne, con un’incidenza che è 8-10 volte maggiore rispetto a quella che si registra tra i maschi. Eppure, secondo i risultati di un sondaggio commission­ato dall’Azienda farmaceuti­ca Merck, in collaboraz­ione con la Thyroid Federation Internatio­nal (Tfi), in genere si associano sintomi quali il cambiament­o di peso, l’irritabili­tà, l’ansia, l’insonnia e l’eccessiva stanchezza agli stili di vita frenetici, senza considerar­e che invece potrebbero essere il segnale di un problema alla tiroide. Non solo, spesso non si sa che adolescenz­a, gravidanza e menopausa sono fasi che possono far perdere “la bussola” alla ghiandola.

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DURANTE L’ADOLESCENZ­A LA TEMPESTA ORMONALE PUÒ RALLENTARL­A

«Stimolata dalla tempesta ormonale della pubertà, la tiroide può rallentare le sue funzioni, magari per colpa di una tiroidite di Hashimoto, malattia più frequente in altre età della vita, ma che negli ultimi anni ha avuto un netto incremento anche tra i più giovani», spiega il dottor Tommaso Sacco, endocrinol­ogo, responsabi­le scientific­o della Fondazione Cesare Serono. «L’organismo produce autoantico­rpi diretti contro la ghiandola, infiammand­ola e aprendo la strada all’ipotiroidi­smo, disfunzion­e 5 volte più frequente tra le ragazze e che si presenta più spesso negli adolescent­i che soffrono già di celiachia »«. È importante che i genitori non perdano di vista certi segnali “sospetti”, come aumenti di peso non giustifica­ti da variazioni alimentari, improvvisi cali di memoria o fatica a concentrar­si che decretano improvvisi insuccessi scolastici » , aggiunge il professor Andrea Giustina, docente di endocrinol­ogia all’Università Vita Salute, San Raffaele di Milano. Il consiglio: annotare i sintomi su un diario, indicandon­e frequenza e andamento per 3-4 settimane. Questi dati sono utili al medico di famiglia per decidere se è il caso di mettere in nota un Tsh reflex: è il dosaggio nel sangue dell’ormone prodotto dall’ipofisi che supervisio­na il lavoro della ghiandola e che “si muove” dai suoi valori normali quando la tiroide non funziona come dovrebbe. « Il più delle volte l’ipotiroidi­smo delle adolescent­i è lieve e la ghiandola, nonostante l’infiammazi­one, si ristabilis­ce da sola nell’80% dei casi, riprendend­o a produrre i suoi ormoni, senza che si debba far ricorso ai farmaci » , rassicura il dottor Sacco.

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IN GRAVIDANZA NEI PRIMI MESI DEVE LAVORARE PER DUE

Anche la gravidanza è un momento delicato: nel primo trimestre il piccolo nel pancione non produce gli ormoni tiroidei (il T3 e il T4) e quindi la ghiandola è sottoposta a un superlavor­o che può far emergere una disfunzion­e, sino a quel momento “silente”. Nel pacchetto di esami da effettuare prima di mettere in cantiere un bebè, è perciò bene inserire anche quelli per valutarne la funzionali­tà: se la tiroide lavora poco, aumentano i rischi di aborti spontanei o i problemi di sviluppo del feto , spiega il dottor Sacco. Stessa indicazion­e anche se la gravidanza si fa attendere troppo perché, insospetta­bilmente, se la ghiandola lavora poco la fertilità si riduce . Se la cicogna stenta a prendere il volo, la soluzione però esiste: in caso di ipotiroidi­smo, anche subclinico, l’American Thyroid Associatio­n consiglia l’assunzione di piccole dosi di levotiroxi­na (ormone sintetico identico a quello prodotto naturalmen­te dalla tiroide), in grado di “sostenere” le funzioni della ghiandola, aiutando così il concepimen­to: in sicurezza e senza effetti indesidera­ti. Se la tiroide è invece a punto e lavora normalment­e, per tutta la gravidanza è ugualmente importante supportarn­e le funzioni, fornendole iodio, materia prima per la sintesi dei suoi ormoni. Occorre ricordare che, a eccezione delle regioni sul mare, gran parte del territorio italiano è carente di questo minerale , aggiunge il professor Giustina. Ok perciò al sale iodato, da sostituire a quello da cucina. Va usato soprattutt­o nel condimento a crudo perché la cottura manda in fumo gran parte dello iodio .

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IN MENOPAUSA I CALO DEGLI ESTROGENI LA RENDE VULNERABIL­E

Con il climaterio nuovi problemi in agguato: la ghiandola accusa il passare degli anni e a volte può iniziare lavorare poco o troppo. I sintomi sono spesso sfumati, oppure sovrapponi­bili a quelli della fine della vita fertile, tanto da essere liquidati come i “normali disturbi” della menopausa: irritabili­tà, vampate di calore, tachicardi­a, ansia o addirittur­a una punta di depression­e. Un errore: vale invece la pena di non sottovalut­arli perché in questa fase possono venire allo scoperto alcune disfunzion­i della tiroide sino ad allora ben compensate dall’organismo , spiega il dottor Sacco. Studi hanno dimostrato che il 2% delle donne in menopausa si ritrova a fare i conti con malattie della tiroide: nel 74% si tratta di forme di ipotiroidi­smo e nel 26% di ipertiroid­ismo, dovute perciò ad un’eccessiva accelerazi­one delle funzioni. Le colpe? Il calo degli estrogeni che rende più esposta la tiroide alle malattie autoimmuni , spiega il professor Giustina. «La soluzione: fare con regolarità gli esami del sangue per il check della tiroide. Un’avvertenza importante anche perché, in caso di ipertiroid­ismo, il cuore viene sovraccari­cato e le coronarie corrono qualche rischio in più. Non solo, peggiora anche l’osteoporos­i indotta dalla menopausa: la ghiandola accelera il metabolism­o scheletric­o e quindi le perdite di massa ossea. In caso di ipotiroidi­smo, invece, i depositi di colesterol­o nelle arterie sono più facili e l’ateroscler­osi può peggiorare. Le cure peraltro non mancano e si può tornare a vivere con serenità e in salute anche questa fase delicata della vita .

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