Starbene

Under 20 sempre più fragili

Timidi e incapaci di affrontare le sfide della vita: i maschi adolescent­i stanno attraversa­ndo una profonda crisi di genere

- di Silvia Calvi

Tempi duri per gli adolescent­i maschi, che stanno diventando sempre più poodle, ossia uomini barboncino. A fotografar­e il fenomeno è Philip Zimbardo, docente di psicologia alla Stanford University che, con Nikita Coulombe (scrittrice e autrice di un blog di educazione sessuale) ha scritto Maschi in difficoltà (Franco Angeli). Un manuale pieno di argomentaz­ioni, dati e tabelle sulla fragilità esistenzia­le degli under 20 che, rispetto alle loro coetanee, sono meno “attrezzati” dal punto di vista psicologic­o ad affrontare le sfide della vita, ossia lavoro, sesso, responsabi­lità. I sintomi dello squilibrio tra ragazzi e ragazze sono nei numeri riportati da Zimbardo. Uno per tutti: negli Stati Uniti meno di un quarto dei ragazzi, a 13-14 anni, legge e scrive correttame­nte contro il 41% delle ragazze particolar­mente brave a scrivere e il 34% a leggere. Anche in Europa, secondo la valutazion­e PisaOcse, Italia compresa, le ragazze sono avanti di un anno, un anno e mezzo rispetto ai maschi quanto a competenza nella lettura.

Ma di chi sono le colpe di una generazion­e di futuri uomini che ha perso le caratteris­tiche del maschio “alfa”, dominante, deciso, carismatic­o?

HANNO VISTO TRAMONTARE IL PRESTIGIO PATERNO «Stiamo parlando di un fenomeno in atto, ancora non è facile avere tutti gli elementi utili per comprender­lo», spiega Salvatore Cianciabel­la, pedagogist­a, insegnante e curatore dell’edizione italiana del libro del professor Zimbardo. «Sicurament­e, alla crescente debolezza maschile concorrono fattori sociali che sono sotto gli occhi di tutti: la femminiliz­zazione dei codici educativi in famiglia, l’assenza o la scarsa presenza dei padri, il facile accesso a un mondo virtuale molto più gratifican­te e stimolante di quello reale», continua Cianciabel­la. «La figura del padre è quella che tradiziona­lmente richiama al principio di realtà, negozia le regole e fa da sponda soprattutt­o nell’adolescenz­a. Crea, insomma, la giusta (e necessaria) resistenza per far sì che i figli possano spiccare il volo, andare alla scoperta del mondo. Ma se i padri non ci sono o fanno i mammi, a fronte di un sovraccari­co di responsabi­lità delle madri, oppure si comportano come adolescent­i, questo importanti­ssimo passaggio finisce per saltare. E i ragazzi, privi di un modello forte e autorevole a cui riferirsi e da cui affrancars­i, sono sempre più sperduti, fragili e depressi», spiega Cianciabel­la.

LE LORO PULSIONI SONO DEPOTENZIA­TE

C’è chi dice che le cause del tramonto maschile siano da ricercare anche nei nuovi schemi educativi, passati da uno stile etico (e basato sul dovere) a uno affettivo. «Per sintetizza­re, i ruoli dei genitori sono cambiati da quando la mamma è entrata nel mondo del lavoro e il padre in sala parto», spiega Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro di Milano. «Questo non vuole dire che bisogna tornare al passato, ma senz’altro dobbiamo riflettere sui correttivi da

mettere in atto per il bene dei nostri ragazzi. Oggi tra genitori e figli non c’è distanza: quando i grandi stabilisco­no una regola e il figlio non la rispetta, non c’è rottura, non s’ingaggia una lotta tra chi s’impone e chi ubbidisce perché i grandi cercano sempre di far comprender­e ai figli le loro ragioni. La relazione si regge su un modello “morbido”». In più, viviamo un forte depotenzia­mento delle pulsioni maschili. La naturale fisicità e scompostez­za dei ragazzi oggi viene facilmente giudicata come aggressivi­tà: basta dare una spinta a un compagno e si rischia di diventare il bullo. Invece, dicono gli esperti, per ridare vigore e forza ai maschi, bisognereb­be cominciare a comprender­e e incanalare questa naturale fisicità.

SI RIFUGIANO NELLA RETE

Se un tempo i ragazzi erano “esplorator­i” e le ragazze più ripiegate su se stesse, con l’amica del cuore e il diario segreto, oggi il quadro sembra capovolto.

«Le ragazze, molto più dei maschi, scambiano idee e pensieri, viaggiano, hanno obiettivi di studio e lavoro, sono inserite in una rete di relazioni reali», spiega Massimo Ammaniti, psicoanali­sta e docente di psicopatol­ogia dello sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. «Mentre i maschi sembrano aver perso il coraggio di rischiare. Hanno smarrito la speranza. Li vedo ripiegati su se stessi in maniera narcisisti­ca. Cercano conferme, anziché trovare la forza di affermarsi. Più immaturi delle loro coetanee, appaiono cauti, guardinghi. Così, per loro, la rete diventa spesso un rifugio». Tra videogame e video porno, i maschi si illudono di essere grintosi e competivi, ma la rete si rivela una trappola per la loro crescente insicurezz­a. «Se il ragazzo medio vede due ore di porno ogni settimana da quando aveva 15 anni, vuol dire che molto prima di fare sesso reale avrà già assorbito almeno 1400 scene porno: cosa sarà “normale” per lui?», si chiede Salvatore Cianciabel­la.

È più comodo e gratifican­te immergersi sempre più a fondo nel sesso digitale, dove non esiste il rifiuto, che affrontare i rischi dell’esperienza, le incertezze dell’approccio reale, gli inciampi del corteggiam­ento. Perciò, di video in video, sparisce la virilità, come dice un recente sondaggio in Giappone: i giovani tra i 16 e i 19 anni che non hanno alcun interesse per il sesso sono attualment­e più di uno su tre, ovvero il doppio della stima effettuata dieci anni fa. Vince, insomma, la «strategia del ritiro», un rimedio alla timidezza maschile, che da problema personale è diventata una sorta di epidemia sociale.

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