Anche tu sei... apocalittico?
parte?”. Un errore comune è guardare il futuro con gli occhi del presente. Guardare dove si deve arrivare e angosciarsi perché “sono ancora qui”. Il fatto è che il futuro va guardato con gli occhi del futuro. Va guardato, cioè, come qualcosa che ha da venire o, in termini più pratici, con le risorse, le possibilità e le capacità che avremo in futuro, non con quelle che abbiamo adesso. Invece di guardare al burrone e immaginare un impossibile salto di centinaia di metri, è meglio aspettare e continuare, nel presente, a costruire il ponte. Insomma, se oggi non hai qualcosa, non vuol dire che non ce l’avrai domani. E se ieri avevi un problema, oggi puoi lavorare affinché domani quel problema non ti causi più disagio. Questo tipo di mentalità permette di essere più centrato nel presente, di imbrigliare l’angoscia e di vedere con una prospettiva corretta il tempo e le proprie risorse». Ecco come si costruisce il futuro: un passo per volta.
I 3 STEP PER NON FARTI PARALIZZARE
Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta che ha appena pubblicato Sette argomenti essenziali per conoscere l’uomo (Ponte alle Grazie), propone “strategie d’attacco” per vincere la paura di ciò che ci aspetta. «Bisogna innanzitutto distinguere l’ansia del futuro dall’angoscia del futuro: l’ansia è un’allerta sana dell’organismo che è stimolato a reagire. L’angoscia, invece, fa sentire “condannati”: qualsiasi tentativo si possa fare andrà comunque male. Hanno anche differenti manifestazioni: l’ansia provoca tachicardia, agitazione, bisogno di dover fare qualcosa; l’angoscia un peso opprimente sul petto, una mancanza di fiato, una tendenza più depressiva e, perciò, passiva».
L’ansia verso il futuro può essere usata in modo costruttivo: «Si può guardare il domani immaginando tutte le peggiori fantasie possibili», spiega il dottor Nardone. «Si crea un effetto paradosso: più penso al peggio, più la mente mi mette nella condizione di vederlo con distacco e di recupe-
Tratto da di Lucia Giovannini (Sperling & Kupfer editore) rare il controllo dell’agitazione, tenendo così a bada l’ansia».
Il secondo step consiste nel farci una domanda: «Come posso fare andar male io, volontariamente, le cose? Si passa quindi a valutare quali sarebbero le azioni o i pensieri che causerebbero una disfatta. Serve a costruire strategie, ovvero a correggere subito i comportamenti che porterebbero al fallimento. Inoltre, automaticamente vengono nuove idee, perché si aprono scenari creativi nella mente, con la possibilità di trovare soluzioni alternative». Se la paura del futuro è sconfinata nell’angoscia, la strategia che propone l’esperto è diversa: «Se l’idea fissa è che qualsiasi cosa farò andrà storta, è bene prendere carta e penna e scrivere tutte le previsioni più catastrofiche e descrivere la propria rabbia o il proprio vittimismo, “piangersi addosso per iscritto” insomma. Dopo qualche giorno di questo esercizio quotidiano, l’esigenza di descrivere il proprio malessere si esaurisce, recuperando la sensazione di essere tornati attivi avendo fatto defluire l’angoscia».