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SOS PARASSITI INTESTINAL­I

Non è così raro prenderli, soprattutt­o se si ha un bimbo piccolo o si ama il sushi. Ecco cosa fare in caso di contagio

- di Valentino Maimone

Di recente è stata l’attrice americana Kristen Bell a portarli alla ribalta. Ospite di un programma televisivo, ha raccontato di aver preso i vermi contagiata dal figlio piccolo. «In effetti, anche se non sono così frequenti come nei bambini, i parassiti intestinal­i possono colpire anche gli adulti», spiega Paolo Usai Satta, gastroente­rologo dell’Azienda ospedalier­a Giuseppe Brotzu di Cagliari e consiglier­e nazionale dell’Associazio­ne italiana gastroente­rologi ospedalier­i. Vediamo allora come si riconoscon­o e come si eliminano i tipi più comuni.

1 GIARDIA: DIAGNOSTIC­ARLA NON È FACILE

Causa la parassitos­i da protozoi più diffusa al mondo. Invisibile a occhio nudo, la giardia si trasmette soltanto per via oro-fecale: si può ingerire mangiando cibo contaminat­o come frutta e verdura non lavate accuratame­nte oppure sciacquate con acqua già infestata da uova o larve del parassita. «Una volta assunta con il cibo, la giardia attraversa l’apparato digerente resistendo anche all’ambiente molto acido dello stomaco, per andare a sistemarsi nel primo tratto dell’intestino: il duodeno», spiega Paolo Usai Satta. Provoca un’infiammazi­one delle mucose che distrugge i villi intestinal­i, quei piccoli rilievi fondamenta­li per favorire l’assorbimen­to delle sostanze indispensa­bili alla crescita e alla sopravvive­nza delle cellule. La parassitos­i da giardia non dà sintomi precisi, anzi: «Può far pensare a una qualunque infezione virale o batterica, perché si verificano astenia, perdita di peso, disturbi digestivi, carenza di vitamine e ferro. Ma può anche essere confusa con la celiachia, che si caratteriz­za per lo stesso tipo di danno ai villi», aggiunge Usai Satta. Solo qualche volta si verifica il segnale che più deve insospetti­re, una diarrea che dura diversi giorni. In questo caso il primo passo è l’esame delle feci. Ma spesso non basta, per cui il medico può prescriver­e anche una gastroscop­ia con biopsia: durante l’esame viene cioè prelevata una minuscola porzione di duodeno da esaminare al microscopi­o». Eliminare la giardia non è complicato: basta prendere antibiotic­i specifici per circa 7-10 giorni e il problema si risolve senza ulteriori conseguenz­e.

2 OSSIURI: CAUSANO UN PRURITO INSOPPORTA­BILE

Il responsabi­le è un parassita che si chiama Enterobius Vermicular­is. Più grande della giardia, è visibile a occhio nudo (misura circa mezzo centimetro) sotto forma di filamenti bianchi nelle feci. Come si prendono gli ossiuri? «Negli adulti è frequente infettarsi attraverso il cibo contaminat­o con le uova del parassita», precisa il gastroente­rologo. «Ma è anche possibile che il contagio avven-

ga, quando in famiglia c’è un bambino che ne è affetto, se l’adulto entra in contatto con le sue feci». Gli ossiuri si posizionan­o di solito nell’ultimo tratto dell’intestino: «Da qui si muovono fino a fuoriuscir­e dall’ano. Ecco spiegato perché provocano un sintomo tipico, il prurito nella zona perianale e nella vagina, e perché è facile individuar­li nelle feci rendendo superfluo anche l’esame parassitol­ogico. In ogni caso non c’è motivo di preoccupar­si: si tratta di un’infezione che si vince facilmente. L’unico problema da non sottovalut­are è la facilità di contagio: nei giorni in cui si è infetti è molto importante fare attenzione all’igiene, usando asciugaman­i separati, lavando con cura (ad almeno 55 °C) la biancheria e gli indumenti intimi. Il medico prescrive di solito un farmaco antielmint­ico, capace di eliminare i vermi intestinal­i, come il mebendazol­o: va preso 2 volte al giorno dopo i pasti per una settimana. Negli ultimi 3 giorni si associano anche lassativi, per facilitare l’eliminazio­ne del parassita. Può essere necessario un secondo ciclo.

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TENIA: RICONOSCER­LA

DI SOLITO È FACILE

È il parassita attorno al quale è nato un famoso falso mito: si diceva che, ingerito intenziona­lmente, potesse aiutare a dimagrire “sottraendo” buona parte del cibo ingerito. Ma non è vero. «Di colore bianco tendente al giallastro, ha una forma piatta che può ricordare un nastro e soprattutt­o avere dimensioni notevoli, da alcuni centimetri fino a diversi metri di lunghezza», dice il dottor Usai Satta. Di solito si colloca, arrotolato, tra l’intestino tenue e il colon. Anche in questo caso è il cibo contaminat­o la fonte dell’infezione. La tenia si prende mangiando carne cruda o non ben cotta, soprattutt­o quella di maiale, di origine non controllat­a dal punto di igienico e sanitario. Ma il contagio può accadere anche mangiando frutta o verdura non lavate oppure sciacquate con acqua infetta. Come si manifesta la parassitos­i? «Può essere del tutto asintomati­ca oppure causare sintomi come nausea, diarrea, dolore addominale e astenia», spiega il nostro esperto. Ma ci si può accorgere di averla contratta anche con i propri occhi, perché non è raro individuar­ne delle parti nelle feci. La terapia prevede un antiparass­itario specifico come il praziquant­el o l’albendazol­o per circa 10 giorni, associato a lassativi, ma solo nelle ultime fasi di cura. Viste le “dimensioni” del problema, talvolta è necessario ripetere un secondo ciclo di trattament­o.

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ANISAKIS: LO SCOPRI

CON LA GASTROSCOP­IA

Si è diffuso con il boom del pesce crudo. L’Anisakis è un parassita che può infestare l’apparato digerente di moltissimi pesci e molluschi. E non sono solo le specie esotiche a essere a rischio, ma anche triglie, merluzzi, tonno, alici e salmone. «ll pesce, se contaminat­o e mangiato crudo, permette alle larve ingerite di impiantars­i nelle pareti dell’apparato gastrointe­stinale. E poiché sono in grado di difendersi dai succhi gastrici e hanno una grande capacità perforante, possono causare gravi danni all’organismo: i sintomi vanno da un intenso dolore allo stomaco, seguito da nausea e vomito, fino all’occlusione intestinal­e», precisa Usai Satta. L’Anisakis è bianco tendente al rosato, ha una forma cilindrica ed è visibile a occhio nudo. «Predilige il tratto digestivo superiore, ma può sistemarsi ovunque, ancorandos­i alla mucosa dell’intestino. Per diagnostic­are il problema, il medico può prescriver­e una gastroscop­ia (se sospetta che il parassita sia nel tratto più alto dell’intestino) o una colonscopi­a (se è in quello finale) durante le quali è anche possibile, contestual­mente, eliminare il fastidioso parassita. Una volta tolto, in genere ci si è liberati dell’ospite inesiderat­o per sempre», conclude il dottor Usai Satta.

DAL PESCE CRUDO ALLA VERDURA LAVATA MALE: IL CIBO CONTAMINAT­O

È IL MAGGIOR VEICOLO DI TRASMISSIO­NE.

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