«La fibromialgia mi ha insegnato a rallentare»
Senso di sfinimento, dolori in tutto il corpo... Simona ha imparato a convivere con una patologia troppo spesso incompresa
Era la fine di aprile del 2011, avevo 46 anni e con la mia famiglia stavo per trascorrere una vacanza al mare. Ero serena perché avevo appena intrapreso il percorso che desideravo: diventare un’esperta di riflessologia facciale. Un lavoro impegnativo anche dal punto di vista fisico. Ma la fatica non mi spaventava, ero così gratificata dal mio nuovo ruolo professionale che raramente l’avvertivo. Per questo rimasi perplessa quando, poco prima della partenza, cominciai a sentirmi esausta, priva di forze. Ricordo la fatica nel preparare le valigie e a compiere certi movimenti. Non avevo mai provato una stanchezza simile!
UNA VACANZA PARTITA MALE
Il viaggio in auto fu molto stressante: avevo dolori ovunque, le gambe erano rigide e temevo un rialzo febbrile. Arrivati a destinazione, sistemai gli abiti e il resto del bagaglio. Con mia grande sopresa, una volta infilata nel letto, il disagio fisico aumentò invece di diminuire: non riuscivo a muovermi, avevo mal di testa, un insolito fastidio allo stomaco e perfino chiacchierare era diventato faticoso. Per non parlare degli occhi, che non riuscivo a tenere aperti, tanto era il mio senso di sfinimento. In alcuni momenti mi sembrava addirittura di avere la mente annebbiata. Dopo tre giorni senza alcun miglioramento, decisi di chiamare il mio medico di base, che mi suggerì un po’ di paracetamolo. Al ritorno, però, avrei dovuto fare una risonanza magnetica alla testa. Manco a dirlo, l’antinfiammatorio non mi fece alcun effetto, e io iniziai a preoccuparmi sul serio: che diavolo avevo preso per stare così male? Il quinto giorno di vacanza, ebbi un attimo di sollievo e cominciai a godermi il sole sulla spiaggia, insieme a mio figlio e mio marito. Stavo già dimenticando il malessere quando di nuovo, dopo due giorni, si ripresentò più forte di prima.
GLI ESAMI? TUTTI NEGATIVI
Rientrata a Milano, feci gli esami del sangue e la risonanza magnetica che non rivelarono nulla di anomalo. Nel frattempo il disagio e la dolenzìa muscolare erano di nuovo scomparsi. Ripresi il lavoro e a poco a poco la preoccupazione sparì del tutto, fino a dimenticarmi dell’accaduto. Ma dopo qualche settimana ricomiciai a stare male. Le “crisi” comparivano e sparivano in modo intermittente, alcune duravano poco, altre diversi giorni. Il medico di base non sapeva più cosa dirmi. Così sopportavo tutto con rassegnata pazienza. Imparai ad accettare i disturbi, che a volte si ripresentavano dopo mesi di tregua. “Sentivo” e riconoscevo ogni mio muscolo contratto, raggiungendo una consapevolezza del mio corpo incredibile. Certo, il disagio c’era e non potevo far finta di niente. La totale mancanza di energie non mi concedeva un riposo realmente ristoratore, non riuscivo a concentrarmi per leggere un libro, in alcuni momenti mi sembrava di vedere doppio e spesso faticavo a seguire i discorsi. La tachicardia era una compagnia assidua, e alzarsi al mattino un’impresa titanica. Nei periodi più neri, inoltre, il dolore mi assaliva ovunque: alle giunture, alla schiena, persino ai denti, al naso e agli occhi. Sudavo tantissimo e le gambe, diventate rigide come dentro a un gesso, non mi reggevano più.
L’INCONTRO CON LA REUMATOLOGA Nella primavera del 2017 gli attacchi diventarono sempre più ravvicinati e devastanti e io ho dovetti rinunciare al mio lavoro. Non solo: niente più vita
«NON ESISTONO ESAMI SPECIFICI PER DIAGNOSTICARE LA MALATTIA, CHE HA ORIGINI ANCORA SCONOSCIUTE».
sociale, nemmeno un cinema con mio marito. Finalmente, a giugno, andai dal mio ginecologo per il check-up annuale, gli parlai del mio malessere ancora senza nome e lui mi prescrisse degli ulteriori esami del sangue. L’esito era ancora negativo, e mi consigliò di rivolgermi a una sua collega reumatologa. Dopo aver passato in rassegna montagne di esami e avermi ascoltato a lungo, lei mi guardò negli occhi e mi disse: «Probabilmente è affetta da fibromialgia». Pensai: bene, finalmente una diagnosi, posso sperare in una terapia. La dottoressa mi spiegò che non esistono test clinici che possano confermare la malattia, e che la diagnosi viene spesso fatta per esclusione. Scoprii che questa sindrome, che comporta dolore e rigidità ai muscoli, ai tendini e ai legamenti e che è accompagnata da una profonda astenia, ha un’origine sconosciuta. Può essere scatenata da un evento stressante o un trauma fisico ma ci sono ancora degli interrogativi irrisolti. Molti esperti dicono che alla base c’è uno stato d’ansia o di depressione. Ma è ovvio che chi vive in queste condizioni non sprizzi di gioia e si trovi in una situazione di instabilità psicologica costante.
IL CONFORTO DELL’ASSOCIAZIONE
La fibromialgia è una patologia incompresa ed è quindi fondamentale non sentirsi soli. Per questa ragione la reumatologa mi suggerì di contattare l’Aisf, l’Associazione italiana sindrome fibromialgica. Grazie a loro ho trovato anche il medico che mi sta curando. Oggi assumo antidolorifici e un farmaco teso a migliorare la qualità del sonno, faccio 30 minuti di stretching al giorno e adotto delle tecniche di rilassamento che mi aiutano a sciogliere la tensione muscolare. Anche l’aspetto psicologico è importante, e per questo mi sono affidata allo psicologo comportamentale dell’Associazione. A poco a poco ho ripreso in mano la mia attività lavorativa e ho ricominciato a vivere con serenità. Ho anche adottato delle regole di vita: per esempio, non strafare ma imparare a dosare la fatica, non voler arrivare a tutto ma fare delle scelte che, con un pizzico di sano egoismo, vadano bene innanziutto a me. Insomma, ho trasformato la fibromialgia in una sorta di amica che mi avvisa quando sto esagerando. Allora mi fermo e mi metto ad ascoltare il mio corpo.