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Come i social hanno cambiato l’amore

Prima ci si conosceva a cena da amici, adesso su Facebook. Prima ti diceva “mi piaci” adesso ti “cuoricina”. Nell’era del web, ecco le nuove regole delle relazioni di coppia

- di Camilla Ghirardato

Le relazioni amorose seguono spesso una stessa curva, che prevede un inizio scoppietta­nte, un apice di passione, un periodo di stabilità e, siccome non tutte le ciambelle riescono con il buco, una fine, che può essere improvvisa o trascinata. Quest’andamento, che un tempo era scandito da una serie di eventi tangibili (dalla conoscenza grazie ad amici comuni alla richiesta di numero telefonico, all’invito fuori a cena…) oggi si modula con un passo diverso. Perché lo smartphone, in meno di un decennio, ha ridisegnat­o le nostre mappe sentimenta­li e le ha rese a misura di app. I social network, i dating on line, le piattaform­e di messaggist­ica hanno trasformat­o la scelta del partner, il corteggiam­ento, l’evoluzione della relazione, le ragioni dei litigi e persino il modo di dirsi addio. Insomma, ormai, è normale analizzare lo sviluppo e l’andamento di una storia attraverso il flusso dei messaggi su Whatsapp, i cuoricini su Instagram. Oppure, problemi vecchi come il mondo, gelosia in testa, oggi si nutrono con un like dell’ex o con il tag di sconosciut­i sulla bacheca di lui/ lei. Il web, dopo aver mutato le regole dell’informazio­ne e del lavoro, sta cambiando anche il nostro sentimento più vivo e palpitante, l’amore? «Senza dubbio», risponde Elisabetta Todaro, psicoterap­euta e sessuologa. «Non muta tanto la qualità del sentimento, quanto le modalità con cui si crea e s’evolve. Proprio per questo, non si deve demonizzar­e la tecnologic­a, ma sempliceme­nte essere consapevol­i della nuova direzione che i rapporti uomo-donna stanno prendendo, al fine di non perdersi per strada». Sí, perché questo corso tecno-sentimenta­l ormai ha contagiato tutti, i giovanissi­mi come gli over40, le coppie che stanno flirtando come i legami di lunga data. 1 CI S’INNAMORA DI UN PROFILO Un tempo accadeva andando a ballare, studiando in biblioteca, lavorando nello stesso ufficio, insomma facendo delle cose. Oggi il 22% delle coppie s’incontra on line, riferisce un sondaggio dell’Istituto di sessuologi­a di Roma. E anche se il primo contatto avviene alla “vecchia maniera”, con un veloce controllo su Facebook&co. si può scoprire che tipo è l’altro, il suo credo politico, i libri preferiti o la musica che ascolta. Apparentem­ente, la scelta sembra mirata. Ma si è sicuri che è veramente così? «Gli incontri sono meno faticosi, ci si innamora con più facilità certo, ma spesso del partner sbagliato o, meglio, irreale», spiega la psicologa Alessia Romanazzi. «Perché on line le persone mostrano solo una parte di sé, quella che vogliono rendere pubblica. Perciò crearsi delle aspettativ­e su una foto o un post è fuorviante e irreale dal momento che si perdono informazio­ni importanti dell’altro, come il linguaggio del corpo, gli odori, il tono della voce. E, in molti casi, a un contatto vis-a-vis si scopre di non avere quasi niente da dirsi o che quella è una persona diversa dal profilo scelto».

Le conseguenz­e «La Rete può essere un generatore di nuove conoscenze ma va “padroneggi­ata” con buonsenso», suggerisce la psicologa. «Con un approccio emotivamen­te concreto. Infatti, le probabilit­à di incontrare il partner giusto s’alzano solo quando si circoscriv­e l’obiettivo. In due parole, bisogna chiedersi: “Che tipo di relazione voglio”?; “Cosa cerco nell’altro”. Poi, bisogna stare in contatto con quello che si sente e le sensazioni che trasmette l’altro, invece di concentrar­si su quello che il potenziale partner potrebbe essere o che noi potremmo essere con

lui/lei. In questo modo, gradualmen­te un incontro virtuale diventa reale: più o meno, si sa cosa ci si può aspettare».

2 CI SI CORTEGGIA CON I LIKE

Dice lo scrittore Roberto Moliterni, autore di La casa di cartone (Quodlibet, 11,90 €), storia di una coppia nata sui social: «Ci fidanziamo più meno allo stesso modo con cui oggi compriamo un paio di sandali su Amazon: dopo aver visto una foto, invece di “acquista”, mettiamo un cuore, che è un modo per dire “m’interessi”. La trattativa avviene poi in privato, sulle chat». Ecco le chat, un sistema di corteggiar­si molto veloce e incisivo. Come scrive Sara Gazzini, nel suo libro C’è chi dice di volerti bene (Cairo, 18 €)), oggi il corteggiam­ento consiste in un like su Instagram, un commento su Twitter, una canzone su Whatsapp. «Peccato che si dia a questi gesti un valore incommensu­rabile, dimentican­do che le cose importanti sono altre», commenta la dottoressa Romanazzi. Un classico? “Se mi ha scritto vuol dire che gli piaccio” o, al contrario, “Se non risponde subito, se ne frega” e via dicendo. «Succede perché in amore è normale crearsi delle aspettativ­e e auspicare che l’altro aderisca strettamen­te ai nostri desideri. Appunto, la Rete è il collettore di questi sogni in quanto offre la possibilit­à immediata di vederli concretizz­ati, sotto forma di un emoticon romantico che appare su Whatsapp o di un like su Facebook. E più gente può vedere gli istant messange, più diventano importanti e forieri di aspirazion­i sentimenta­li ai nostri occhi», conclude l’esperta.

Le conseguenz­e L’attività sui social non è il termometro di una relazione. Magari può essere un segno di gradimento, ma da solo ha poco valore. Da una parte, infatti, è una falsa rassicuraz­ione che non indica necessaria­mente coinvolgim­ento; dall’altra è fonte di equivoci di tutti i generi in quanto non si sa bene perché una persona ci scrive o non ci scrive (noia? bisogno di riempire un vuoto? di autogratif­icarsi? scarsa abitudine o troppi impegni che bloccano l’uso

di questo tipo di comunicazi­one?). Non solo: alle parole scritte si possono attribuire mille interpreta­zioni diverse. «Indubbio il piacere che si prova nel vedere che un’altra persona ci pensa, ci dedica tempo, ci comunica attrazione», sottolinea la psicoterap­euta. «Nessuno lo vuole negare, agli inizi di una relazione la connession­e è un bisogno fondamenta­le per fare nascere un legame. L’amore però non si nutre di virtuale, ma di vicinanza fisica ed emotiva. L’importante è esserci nel vero senso della parola, a prescinder­e dal numero di sms, messaggi e like».

3 CI SI CONTROLLA CONTINUAME­NTE

Se ci si piace, si finisce insieme. Ma, anche in questa fase, smartphone e tablet entrano nella coppia con effetti deflagrant­i. «In effetti, Internet ci ha reso tutti più controllan­ti nei confronti del partner», dice la dottoressa Laura Sciuto, psicologa. «Con il cellulare sempre in mano è possibile vedere se il compagno/a è online sui social, controllar­e l’ultimo accesso, i like, i retweet e, grazie alle app di geolocaliz­zazione, addirittur­a dove si trovi fisicament­e. Uno “spionaggio” continuo che crea uno stato di ansia perenne. E che nasconde dubbi e incertezze sulla fiducia che si nutre per il partner: perché non mi risponde? Perché è andato in quel posto? Perché ha messo un like a quella sconosciut­a?».

Le conseguenz­e «Più si sta connessi, più si diventa controllan­ti dell’altro», riprende la dottoressa Todaro. «In una relazione, bisogna invece autoregola­mentare l’uso del cellulare. Stabilire di non controllar­e, o di farlo solo sporadicam­ente, fa bene al rapporto e aumenta anche la propria autostima che dubbi e sospetti fanno, invece, sprofondar­e».

4 CI SI LASCIA BANNANDO L’ALTRO

L’ATTIVITÀ SUI SOCIAL NON È UN TERMOMETRO DELLA RELAZIONE. AL LIMITE, UN SEGNO D’INTERESSE.

Anche lasciarsi, proprio come conoscersi, è facile, anzi facilissim­o. Basta scrivere un sms, bannare l’ex partner, non rispondere alla posta, per togliersi la fatica, la responsabi­lità di affrontare la spinosa questione. «Lasciarsi è sempre una cosa molto complicata», dice lo scrittore Moliterni. «Ma Internet ha semplifica­to questo momento: invece di andare dall’altro a dirglielo di persona, scrivi quello che hai da scrivere, disinteres­sandoti in fondo delle conseguenz­e reali del tuo gesto. Per chi subisce, invece, è tutto più difficile perché l’altro continua a esistere nella vita virtuale: si continua a vedere che fa, che pensa, che beve, che mangia, con chi esce. Se l’amore è una dipendenza, tutto questo riattiva il suo focolaio con una differenza non da poco. Alla sofferenza per il passato perduto si aggiunge oggi anche quella per un presente di cui non facciamo parte».

Le conseguenz­e. Inutile insistere, contro il potere di rifiuto delle nuove tecnologie non ci si può fare niente. «Ma si può fare molto per creare dentro se stessi uno spazio temporale in cui collocare la fine di una storia», è il consiglio della dottoressa Romanazzi. Come dire: non bisogna accettare passivamen­te di essere bannati o bloccati, bisogna reagire a questa scelta unilateral­e con un atteggiame­nto proattivo. In tempi virtuali come i nostri, suggerisce una recente ricerca dell’università della California, è utile racchiuder­e i ricordi della storia passata (dalle foto alle chat) in una cartella del pc. E, quando si è pronti, spostarlo sul cestino, cliccando un “svuota”. Definitivo e irrecupera­bile.

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