LA GIOIA DI PERDERSI QUALCOSA
Autostrada del Sole, in viaggio verso le vacanze. Nell’area di servizio, a sorpresa spunta una cabina telefonica. Quasi a ricordarci che c’era un tempo in cui potevamo fare a meno dei cellulari. Un tempo in cui le vacanze ci permettevano di staccare completamente. Di sparire. Per pochi giorni o qualche settimana. Oggi no. Siamo sempre connessi: con chi è rimasto a casa, che riceve aggiornamenti del nostro viaggio in tempo reale grazie a WhatsApp; con gli amici che seguono i nostri dettagliati reportage via Instagram o Facebook, mentre noi seguiamo i loro; con i colleghi che ci inviano mail cui ci sentiamo in dovere di rispondere anche sotto l’ombrellone; con il resto del mondo che continuiamo a scrutare via Twitter per essere aggiornati su tutto, perché farsi sfuggire qualcosa di ciò che accade ci appare imperdonabile. Un bene da un lato, ma anche un male, soprattutto quando l’iperconnessione toglie tempo al riposo, alla vacanza. Gli psicologi la chiamano Fomo, acronimo di Fear of missing out, paura di perdersi qualcosa quando non si è connessi, appunto. E ne siamo un po’ vittima tutti quanti. Senza arrivare a rimpiangere i tempi delle cabine telefoniche, proprio quest’estate mi sono resa conto che devo fare un passo indietro. Devo regalarmi spazi di disconnessione. Per far riposare la mente con momenti di evasione vera. Per fortuna si sta facendo largo un approccio alla tecnologia che vuole soppiantare la Fomo. Si chiama Jomo, Joy of missing
out, ovvero la gioia di perdersi qualcosa. Leggete l’articolo di pagina 14. I primi a promuovere uno stile di vita anti-tecnostress sono proprio i colossi del mondo digitale che hanno messo a punto app per aiutarci a staccare dallo smartphone, monitorando come e quanto lo usiamo. E poi ci sono le iniziative dei singoli. Vedi i ristoratori che chiedono ai clienti di chiudere il cellulare in apposite scatole. Pronti per passare dalla paura alla gioia di perdere qualcosa? Io ci proverò.