Starbene

Il boom dell’olio di cocco

In passato era sconsiglia­to dai nutrizioni­sti, oggi dilaga tra chi ama i prodotti bio e vegani. Starbene ha indagato

- di Roberta Piazza

Negli States va per la maggiore e adesso sta cercando di conquistar­e anche i consumator­i italiani. Stiamo parlando dell’olio di cocco, un tempo messo al bando dai nutrizioni­sti e adesso proposto come healthy da molti siti internet e venduto al super nei reparti di prodotti biologici e vegani, normalment­e percepiti dai consumator­i come più sani e naturali.

I BENEFICI PRESUNTI

«La fortuna dell’olio di cocco è stata costruita attorno all’acido laurico (ne ha 44,80 g in un etto): un particolar­e tipo di grasso saturo dai riconosciu­ti effetti antinfiamm­atori», spiega Benvenuto Cestaro, biochimico e nutrizioni­sta dell’Università statale di Milano. Altri studi, i cui risultati sono però ancora da confermare, ne avrebbero anche dimostrato le proprietà antivirali e la capacità di aumentare il colesterol­o buono (o Hdl), contribuen­do a trasformar­lo in un nuovo superfood.

I RISCHI ACCERTATI

Un freno deciso a questa valutazion­e positiva, dalle fragili basi scientific­he, è arrivato dall’epidemiolo­ga Karin Michels, della prestigios­a Università statuniten­se di Harvard. Pochi mesi fa lo ha definito senza mezzi termini “un veleno”. «Benché (come tutti i cibi di origine vegetale) non contenga colesterol­o, l’olio di cocco favorisce comunque la produzione di quello cattivo (o Ldl)», afferma Diana Scatozza, medico dietologo. «La colpa è, come affermato in passato, del suo eccessivo apporto di grassi saturi, che in una dieta salutare non dovrebbero fornire più del 10% delle energie giornalier­e (circa 22 g in un menu da 2000 calorie) secondo quanto consiglian­o sia l’Organizzaz­ione mondiale della sanità sia la Società italiana di nutrizione umana (sinu.it)».

IL NO DEI VEGETARIAN­I

L’olio di cocco non incontra il favore nemmeno di Società scientific­a di nutrizione vegetarian­a. «In un menu sano senza carne né pesce», dice la presidente Luciana Baroni, medico e responsabi­le del sito piattoveg.info, gli unici oli consigliat­i sono quello di lino, che rappresent­a la migliore fonte vegetale di Omega 3, e l’olio di oliva che, non essendo ricco di Omega 6 come lo sono invece quelli di girasole, mais e arachide, è utile per riequilibr­are il rapporto tra questi due tipi di grassi essenziali a tutto vantaggio del nostro benessere e della nostra salute».

L’USO SOLO A PICCOLE DOSI

«Alla luce dei pro e dei contro è perciò meglio essere prudenti», afferma il professor Benvenuto Cestaro. «Miscelato in piccole quantità (10-20% del totale) con altri oli vegetali, come quello extravergi­ne di oliva o di canapa, e usato a crudo per insaporire un’insalata, può garantire benefici. Tuttavia il suo utilizzo migliore resta quello per friggere, perché (grazie ai grassi saturi) resiste ottimament­e alle alte temperatur­e».

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