Il boom dell’olio di cocco
In passato era sconsigliato dai nutrizionisti, oggi dilaga tra chi ama i prodotti bio e vegani. Starbene ha indagato
Negli States va per la maggiore e adesso sta cercando di conquistare anche i consumatori italiani. Stiamo parlando dell’olio di cocco, un tempo messo al bando dai nutrizionisti e adesso proposto come healthy da molti siti internet e venduto al super nei reparti di prodotti biologici e vegani, normalmente percepiti dai consumatori come più sani e naturali.
I BENEFICI PRESUNTI
«La fortuna dell’olio di cocco è stata costruita attorno all’acido laurico (ne ha 44,80 g in un etto): un particolare tipo di grasso saturo dai riconosciuti effetti antinfiammatori», spiega Benvenuto Cestaro, biochimico e nutrizionista dell’Università statale di Milano. Altri studi, i cui risultati sono però ancora da confermare, ne avrebbero anche dimostrato le proprietà antivirali e la capacità di aumentare il colesterolo buono (o Hdl), contribuendo a trasformarlo in un nuovo superfood.
I RISCHI ACCERTATI
Un freno deciso a questa valutazione positiva, dalle fragili basi scientifiche, è arrivato dall’epidemiologa Karin Michels, della prestigiosa Università statunitense di Harvard. Pochi mesi fa lo ha definito senza mezzi termini “un veleno”. «Benché (come tutti i cibi di origine vegetale) non contenga colesterolo, l’olio di cocco favorisce comunque la produzione di quello cattivo (o Ldl)», afferma Diana Scatozza, medico dietologo. «La colpa è, come affermato in passato, del suo eccessivo apporto di grassi saturi, che in una dieta salutare non dovrebbero fornire più del 10% delle energie giornaliere (circa 22 g in un menu da 2000 calorie) secondo quanto consigliano sia l’Organizzazione mondiale della sanità sia la Società italiana di nutrizione umana (sinu.it)».
IL NO DEI VEGETARIANI
L’olio di cocco non incontra il favore nemmeno di Società scientifica di nutrizione vegetariana. «In un menu sano senza carne né pesce», dice la presidente Luciana Baroni, medico e responsabile del sito piattoveg.info, gli unici oli consigliati sono quello di lino, che rappresenta la migliore fonte vegetale di Omega 3, e l’olio di oliva che, non essendo ricco di Omega 6 come lo sono invece quelli di girasole, mais e arachide, è utile per riequilibrare il rapporto tra questi due tipi di grassi essenziali a tutto vantaggio del nostro benessere e della nostra salute».
L’USO SOLO A PICCOLE DOSI
«Alla luce dei pro e dei contro è perciò meglio essere prudenti», afferma il professor Benvenuto Cestaro. «Miscelato in piccole quantità (10-20% del totale) con altri oli vegetali, come quello extravergine di oliva o di canapa, e usato a crudo per insaporire un’insalata, può garantire benefici. Tuttavia il suo utilizzo migliore resta quello per friggere, perché (grazie ai grassi saturi) resiste ottimamente alle alte temperature».