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IL POSTINO DELLE CELLULE

È il protagonis­ta della strategia vaccinale contro il SARSCov2. Ecco come agisce e perché apre grandi prospettiv­e per la cura e la prevenzion­e di molte malattie

- Di Paola Rinaldi

Dott. Giovanni Maga direttore dell'Istituto di Genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche

Dopo due anni di pandemia l’mRna è diventato una sigla familiare, anche se ancora in tanti lo guardano con sospetto. «Una delle obiezioni più frequenti è che non conosciamo gli effetti a breve o lungo termine dei vaccini che lo utilizzano per la prima volta», commenta il dottor Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm). Ma occorre precisare che prima ancora di essere il grande protagonis­ta della strategia vaccinale contro il SARS-CoV-2, l’mRna è una molecola naturalmen­te presente nel nostro organismo, dove svolge un ruolo fondamenta­le per la stessa sopravvive­nza.

Distribuis­ce "fotocopie”

«Ogni cellula del corpo ha in dotazione un manuale di istruzioni che spiega come costruire organi e tessuti, ma anche come far funzionare tutto a meraviglia. Questo manuale si chiama Dna e ogni volta in cui una cellula deve accedere a qualche informazio­ne fa un po’ come noi su Wikipedia: cerchiamo l’argomento che ci interessa e leggiamo quella singola pagina. Allo stesso modo, le cellule devono aprire un certo “pezzo” di Dna, di cui però esistono solo due copie per ogni cellula, una ereditata dalla madre e una dal padre. Ciò significa che i vari abitanti delle cellule non possono consultare direttamen­te il Dna: è come se migliaia di persone volessero sfogliare contempora­neamente le uniche due copie di un libro in biblioteca. L’mRna risolve questo problema, perché ai tanti richiedent­i vengono distribuit­e migliaia di fotocopie delle istruzioni contenute nel manuale principale. Non a caso, l’mRna si chiama messaggero perché trasmette proprio il messaggio del Dna al resto della cellula, che a quel punto impara come produrre le proteine, strumenti essenziali per mantenerci in vita e rispondere adeguatame­nte agli stimoli esterni e interni», spiega l’esperto.

«Ogni secondo, le nostre cellule generano migliaia di “fotocopie” che, una volta assolto il loro compito, possono essere buttate, per cui vengono degradate da alcuni enzimi», spiega il dottor Maga. Alla stessa sorte va incontro anche l’mRna introdotto con i vaccini anti-Covid: «Questo dovrebbe tranquilli­zzarci circa i loro possibili effetti collateral­i a lungo termine», commenta l’esperto. «L’mRna vaccinale rimane nel nostro organismo per pochissimo tempo, qualche giorno al massimo, giusto il tempo di passare il suo messaggio ai ribosomi, affinché il sistema immunitari­o possa vedere la “foto segnaletic­a” del virus ricercato e imparare a riconoscer­lo, catturarlo e consegnarl­o alla giustizia». L’organismo lo memorizza e, non appena lo incontra, sa instaurare un efficace sistema di difesa grazie ai suoi cacciatori di taglie (gli anticorpi), che intervengo­no per neutralizz­arlo. Quella dell’mRna, dunque, è una presenza effimera nel nostro corpo (meno invadente di tanti farmaci che vengono assunti quotidiana­mente, a volte per tutta la vita) e in quel breve lasso di tempo non c’è pericolo che riesca a modificare il Dna, rendendoci organismi geneticame­nte modificati: «L’Rna messaggero introdotto con la vaccinazio­ne non può entrare nel nucleo delle cellule dove è conservato il Dna, perché è fatto per stare nel citoplasma, quella sostanza acquosa e viscosa che circonda il nucleo. E anche se ipoteticam­ente entrasse, non potrebbe accedere al nostro libro di istruzioni perché è scritto in una lingua diversa: mRna e Dna, infatti, hanno delle differenze chimiche. Ciò significa che mRna e Dna non possono incontrars­i e tantomeno mescolarsi».

Una lunga storia

«Lungi dall’essere una novità, l’Rna messaggero è stato scoperto più di mezzo secolo fa, precisamen­te nel 1961, mentre alla fine degli anni Novanta sono iniziate le ricerche su come poterlo riprodurre in laboratori­o e poi “consegnare” alle cellule come una sorta di telegramma che contiene precise istruzioni», racconta il dottor Maga. «Dunque, i vaccini a mRna non sono poi così nuovi, perché da circa trent’anni i ricercator­i li stanno studiando, sperimenta­ndo e perfeziona­ndo. Certo, quelli antiCovid sono i primi approvati per uso umano, ma le conoscenze su cui si basano sono robuste». Ovviamente, l’mRna dei vaccini è sintetico, e quindi viene creato in laboratori­o, ma si ispira in tutto e per tutto a quello originale presente nel virus, che fornisce le istruzioni su come costruire la proteina Spike, quella struttura che forma una sorta di corona sulla superficie del SARS-CoV-2 e gli consente di agganciars­i alle no

stre cellule per penetrare al loro interno e infettarle: «In pratica, è come se i ricercator­i riuscisser­o a decifrare le lettere che compongono il telegramma e lo riscrivess­ero con qualche piccola modifica, selezionan­do solo alcune istruzioni fra le tante. Questa scrematura rende il vaccino più efficiente e sicuro, perché evita che il sistema immunitari­o inneschi una risposta infiammato­ria». Fatte le dovute modifiche, l’mRna viene incapsulat­o all’interno di minuscole sfere di grasso, simili a quelle presenti sulla superficie cellulare, in modo che queste possano fondersi con la membrana e penetrare nella cellula: «Solo così l’mRna può superare le difese naturali dell’organismo senza essere distrutto prima di aver trasmesso il messaggio».

Apre nuove prospettiv­e

Lo scorso ottobre, l’immunologa inglese Lynda M. Stuart ha dedicato una vera e propria ode ai vaccini a mRna sul The New England Journal of Medicine, il giornale di medicina più famoso al mondo. Il suo articolo, intitolato In Gratitude for mRNA Vaccines, racconta come prima del 2020 servissero dai dieci ai quindici anni per ottenere un vaccino efficace, fatta eccezione per quello contro la parotite che è stato sviluppato in quattro anni, mentre la tecnologia a mRna ha accorciato i tempi a undici mesi. Un’impresa straordina­ria. «C’è di più», tiene a precisare il dottor Maga. «L’idea di base, cioè quella di trasformar­e le cellule in una fabbrica di farmaci su richiesta sfruttando le informazio­ni trasmesse da un mRna prodotto in laboratori­o, apre nuove prospettiv­e per il futuro». Non parliamo solo di vaccini, ma anche di strumenti capaci di attivare il sistema immunitari­o contro diverse malattie. «Oncologich­e, ad esempio. Quando una cellula sana si trasforma in cellula tumorale, questa diventa “estranea” all’organismo e stimola una risposta immunitari­a, che non sempre però è sufficient­e per sconfigger­e la patologia. Siccome oggi è possibile capire quali proteine alterate esprime ogni neoplasia, si punta a creare degli mRna che impartisca­no istruzioni su come aggredire parti specifiche delle cellule tumorali», conclude Maga. Ma nel mirino ci sono anche malattie infettive come malaria, tubercolos­i e Hiv, così come patologie autoimmuni dove è necessario calmare le difese iper reattive.

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