I TEMIBILI ELEFANTI
rona; fu probabilmente in questa fase convulsa del regno che, per ottenere il supporto dei maggiorenti epiroti, prospettò ai sostenitori una stagione di conquiste.
Dalla Macedonia all’Italia
Il suo margine d’azione si rivelò tuttavia modesto. A metà degli anni Novanta del III secolo a.C. Pirro tentò di intervenire nella contesa dinastica sulla Macedonia: il suo brillante supporto militare a uno dei due fratelli contendenti, Alessandro, venne frustrato dallo schierarsi di Lisimaco a favore dell’altro, Antipatro; gli orizzonti di guerra fecero propendere tutti per una soluzione diplomatica. Il quadro venne scompaginato nel 294 a.C. da Demetrio Poliorcete, che assassinò Alessandro proclamandosi re: due anni più tardi l’esercito epirota tornò a marciare sulla Macedonia, ma l’epica vittoria di Pirro nella regione dell’Etolia non fu risolutiva. Il conflitto ebbe termine solo nel 288 a.C., quando Demetrio optò per la fuga, permettendo all’epirota, che grazie al proprio carisma aveva legato a sé anche le truppe macedoni, di ottenere la corona di Macedonia. Un Piatto etrusco che raffigura un elefante da guerra, con il controllore collocato davanti a una torretta che accoglieva gli arcieri. altro risultato effimero: pur avendo accolto le richieste di spartizione del regno avanzate da Lisimaco, Pirro fu in breve attaccato da questi, e decise di ripiegare in Epiro evitando lo scontro.
Fu sullo sfondo di questi orizzonti costretti che, sullo scorcio degli anni Ottanta del II secolo a.C., ricevette una richiesta di aiuto da parte di Taranto. La più ricca città greca d’Italia era alle prese con una minaccia barbara sempre più difficile da contenere: Roma.
La guerra fra Taranto e Roma era divampata nel 282 a.C. In quell’anno la città di Turi – greca anch’essa – si era rivolta a Roma, e non come di consueto a Taranto, per rintuzzare la minaccia incombente dei Lucani: aveva così ottenuto il supporto di una guarnigione e di una piccola flotta, la quale però aveva finito per gettare l’ancora proprio nelle acque di Taranto. L’accaduto era stato interpretato dai tarantini come il provocatorio stralcio di un trattato che impegnava le navi romane a non superare Capo Lacinio: la città aggredì dunque la flotta, per poi marciare su Turi e cacciarne la guarnigione romana. Respinti i tentativi di Roma di raggiungere una conciliazione pacifica, Taranto si