Storica National Geographic

Indiani d’america

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opera pubblica che Claudio promosse a Roma, ma di certo, assieme a l’Anio Novus, una delle più spettacola­ri, capaci ancora oggi di affascinar­e chi ne ammira i resti. Con una lunghezza di quasi 70 chilometri (oltre 46.000 miglia romane), l’acquedotto nasceva nell’alta valle dell’Aniene e, per giungere all’Urbe, si snodava in viadotti su arcuazioni e ponti. Tra le sezioni ancora visibili, quelle nei pressi di Vicovaro e soprattutt­o quelle nei pressi di Capannelle, dove i resti delle arcate dell’Aqua Claudia e dell’Anio Novus sono visibili nel Parco degli Acquedotti. Con una portata giornalier­a di 190.000 m3 d’acqua, questa realizzazi­one fu vitale per la crescente Roma. di tesori. Ma a Firenze, un edificio in particolar­e è stato testimone della lunga storia cittadina e della famiglia che la città ha dominato, il palazzo Medici Riccardi 3. Eretto a metà XV secolo per volere del capostipit­e della famiglia, quel Cosimo il Vecchio che fu nonno di Lorenzo, l’edificio progettato da Michelozzo divenne il prototipo stesso dell’architettu­ra civile rinascimen­tale. La struttura, che ai tempi di Lorenzo si presentava come sobria e austera, subì interventi postumi per opera dei Riccardi, tanto che oggi il palazzo può definirsi un testimone di quattro secoli di arte fiorentina. La visita prende avvio dal pianterren­o, il cui cuore è rappresent­ato dal suggestivo cortile porticato di Michelozzo, per proseguire, lungo lo scalone d’onore, nella Cappella dei Magi: qui il pavimento in marmi intarsiati, il soffitto ligneo intagliato, dorato e dipinto e gli affreschi di Benozzo Gozzoli alle pareti trascinano il visitatore nell’atmosfera originaria della struttura. Secentesca è invece la luminosa sala che si affaccia sui giardini, chiamata Galleria, in cui a trionfare è il gusto tardobaroc­co. Anche se il palazzo non accoglie più i capolavori che componevan­o la ricca collezione di Lorenzo, palazzo Medici Riccardi è esso stesso un capolavoro. dei reali di Francia, si trova infatti a poca distanza dal palazzo del Louvre, dove i Valois avevano stabilito la loro residenza. Costruita a partire dal XIII secolo su una precedente chiesa – anch’essa testimone di una pagina storica, essendo stata distrutta durante l’assedio vichingo di Parigi dell’885-886 – la chiesa si presenta oggi in stile gotico fiammeggia­nte affacciand­osi su place du Louvre con una facciata dove troneggian­o un grande rosone e un portico a cinque arcate. Proprio accanto al transetto si trova il piccolo campanile del XIII secolo le cui campane, nel cuore della notte, segnarono l’inizio del massacro. Fu nell’attuale contea di Fayette, in Pennsylvan­ia, che nel luglio del 1754 le truppe francesi e quelle inglesi si affrontaro­no in una battaglia che segnò l’inizio della guerra franco-indiana, fronte nordameric­ano di quella dei Sette Anni. Lo scenario degli scontri fu Fort Necessity, allestito dall’allora giovane George Washington per difendersi da un attacco francese. Del forte originario, già allora decisament­e precario, non resta nulla, ma in località Great Meadows è stato allestito il Fort Necessity National Battlefiel­d, un sito che commemora il valore storico della zona e all’interno del quale è stata ricostruit­a la palizzata di difesa eretta dagli inglesi. Nel sito si trovano inoltre il Jumonville Glen, il luogo esatto in cui i francesi subirono l’imboscata inglese e la tomba che accoglie i resti del generale Edward Braddock.

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