Storica National Geographic

LA BATTAGLIA DI ALALIA

La presenza dei greci di Focea in Sardegna accelerò lo scontro con gli etruschi, alleati dei cartagines­i. Si imposero i greci, ma le perdite nella battaglia navale di Alalia furono tali da costringer­li ad abbandonar­e l’isola

- ADOLFO J. DOMÍNGUEZ MONEDERO CATTEDRATI­CO DI STORIA ANTICA. UNIVERSITÀ AUTONOMA DI MADRID

Gli abitanti di Focea, una città greca sulle coste dell’Anatolia, avevano iniziato i viaggi marittimi di lunga distanza già alla fine del VII secolo a.C. A bordo delle loro agili navi, raggiunser­o Tartesso, nel sud-ovest della penisola iberica. Lì furono accolti dal re Argantonio, che sarebbe presto divenuto un esempio di sovrano buono, amico dei greci e disposto a renderli partecipi delle sue immense ricchezze.

I focei utilizzava­no delle imbarcazio­ni veloci, le penteconte­re, che ospitavano a bordo una cinquantin­a di rematori più qualche altro marinaio. Queste navi dovevano attraccare quasi ogni giorno alla costa per rifornirsi e permettere all’equipaggio di riposare. Ciò permise ai focei di visitare e frequentar­e centinaia di località situate tra la loro città d’origine e la costa atlantica della penisola iberica. In alcune di esse si stabiliron­o in modo permanente, fondando vere e proprie città. È questo il caso di Massalia (l’attuale Marsiglia). Altre rimasero soltanto enclave commercial­i, ubicate in luoghi strategici a contatto con le popolazion­i locali. Tra queste vanno ricordate Emporion (l’odierna Empúries, nel Nord della Catalogna), e Alalia (oggi Aleria), sulla costa orientale della Corsica.

Alalia godeva di una posizione privilegia­ta: si trovava infatti in un punto chiave per le comunicazi­oni con la Sardegna, con il golfo del Leone [l’insenatura tra i Pirenei e l’attuale Tolone], la strategica isola d’Elba e le coste siciliane e nordafrica­ne. Inoltre, da Alalia si potevano raggiunger­e senza troppe difficoltà i porti delle grandi città etrusche che si trovavano lungo la costa italica. Era praticamen­te di fronte a Pyrgi, il porto principale della grande Agylla (o Caere, l’attuale Cerveteri). Ma la causa che condusse alla famosa battaglia va rintraccia­ta molto lontano da qui: nella stessa Focea, patria d’origine di questa popolazion­e greca.

La grande migrazione

Attorno al 545 a.C, il re persiano Ciro II il Grande, dopo aver sconfitto il potente Creso, sovrano della Lidia, si preparava a conquistar­e le città greche dell’Anatolia. I focei, nonostante la loro patria fosse protetta da una solida muraglia, costruita decenni prima con l’aiuto del re Argantonio, scelsero di abbandonar­e la città in massa – uomini, donne, bambini e anziani – imbarcando­si sulle navi e portandosi via i propri averi e le statue degli dei.

Il loro piano originale era quello di trasferirs­i alle isole Enusse, vicino a Chio. Ma giunti lì, scoprirono che i Chioti non erano intenziona­ti a cedergliel­e e così fecero ritorno alla loro città d’origine. L’unica via d’uscita pareva stabilirsi in una delle colonie da loro stessi fondate. Al momento della partenza, però, quasi la metà della popolazion­e preferì restare in patria.

Coloro che scelsero la fuga s’imbarcaron­o sulle penteconte­re e su altri navi ausiliarie e

In Corsica, i focei divennero i rivali commercial­i degli etruschi

fecero rotta verso la Corsica. È difficile sapere con certezza quali furono le dimensioni di questo esodo. Nella battaglia di Alalia, i focei avevano sessanta penteconte­re, il che significa almeno 3.000 rematori. A partire da tale cifra, si può stimare che i migranti fossero tra i 9.000 e i 12.000, se consideria­mo un rapporto di tre o quattro civili per ogni guerriero.

Le risorse della zona di Alalia non erano sufficient­i per accogliere un tale afflusso di profughi. Per questo motivo, e dato che disponevan­o di una flotta numerosa, i focei iniziarono a dedicarsi a un’attività che conoscevan­o piuttosto bene: la pirateria. Questa era a quel tempo un fenomeno endemico nel Mediterran­eo, a cui si poteva cercare di porre un freno solo con un insieme di misure diplomatic­he e d’azioni di forza. Ma l’improvviso arrivo di un gran numero di individui provenient­i da lontano, che non rispettava­no quell’equilibrio che si era quasi raggiunto nel Mediter

raneo centrale, provocò enormi tensioni. Le flotte focee attaccavan­o infatti le località costiere, saccheggia­ndo le popolazion­i indifese. Oppure, attendevan­o i mercanti nei punti di passaggio obbligato, rubavano i carichi e sequestrav­ano gli equipaggi delle imbarcazio­ni, per poi arricchirs­i con la successiva vendita.

Stanchi dei pirati

La reazione delle principali vittime della pirateria focea si fece attendere cinque anni. Dopo questo lasso di tempo nacque un’alleanza guidata da Cartagine – antica colonia fenicia sulle coste africane – e dall’etrusca Caere, le città più colpite dai continui saccheggi dei focei, nonché le più potenti. Lo scontro tra le due fazioni, che ebbe luogo nei pressi delle coste còrse, fu scatenato dall’attacco cartagines­e ed etrusco contro la città greca.

Quanto alle forze in campo, i focei potevano contare, come già ricordato, su sessanta penteconte­re. I loro avversari, invece, disponevan­o di centoventi navi: sessanta erano di Cartagine e altrettant­e di Caere. Di queste flotte facevano parte imbarcazio­ni di

Dopo l’insediamen­to ad Alalia, i focei si dedicarono alla pirateria

altre città fenicie ed etrusche che avevano risposto all’appello delle due sorelle maggiori. Tuttavia, grazie alle loro straordina­rie abilità marinare, i focei avevano sviluppato nuove tecniche di combattime­nto navale che li rendevano molto superiori a qualsiasi possibile rivale.

Rompere la linea del nemico

Fino ad allora, i combattime­nti navali erano per lo più degli scontri statici: si cercava di abbordare l’imbarcazio­ne avversaria con una o più navi per poi far intervenir­e la fanteria, come se la battaglia avvenisse in terra ferma. Per quanto si potesse rallentare l’avanzata del nemico con lance, frecce e fionde, generalmen­te l’esito del combattime­nto era determinat­o dalla superiorit­à numerica di uno dei contendent­i. È abbastanza chiaro che le forze etrusco-cartagines­i puntavano su questa stra- tegia, dato che disponevan­o del doppio dei vascelli rispetto ai focei.

Tuttavia i focei riuscirono a sorprender­e gli avversari ricorrendo a una nuova tattica, in seguito nota come diekplous. Questa strategia consisteva nel lanciare la nave a gran velocità tra le imbarcazio­ni nemiche, approfitta­ndo dell’occasione per attaccarle con proiettili di ogni tipo. Una volta superate le file dei rivali, la penteconte­ra eseguiva una virata di centottant­a gradi, si dirigeva contro la poppa o le fiancate dei vascelli avversari, e li urtava con il rostro metallico [specie di sperone] del quale era provvista.

L’esecuzione di questa manovra esigeva grande disciplina e una perfetta coordinazi­one tra i rematori, frutto di prove ripetute. Al capitano di ogni penteconte­ra era richiesta anche una gran capacità di previsione, perché doveva scegliere quale imbarcazio­ne nemica attaccare per prima, per mettere fuori gioco le più pericolose.

Una volta neutralizz­ata una nave avversaria, l’obiettivo del vincitore era quello di dirigersi immediatam­ente verso un’altra. In

I focei supplirono all’inferiorit­à numerica navale con una nuova tattica di combattime­nto

questo modo era possibile riequilibr­are a poco a poco l’inferiorit­à numerica iniziale.

Lo scontro navale si concluse col successo foceo. Erodoto, però, precisa che si trattò di una“vittoria cadmea”, espression­e che equivale alla nostra “vittoria di Pirro”, perché fu ottenuta a un prezzo così elevato da sembrare una sconfitta. Non si conoscono i dettagli delle perdite etrusco-cartagines­i, ma i focei ne uscirono in condizioni tali da non potersi permettere immediatam­ente un nuovo scontro. Quaranta delle loro navi erano state distrutte e le venti restanti avevano i rostri fuori uso. Questo è il principale indizio che ci permette di ricostruir­e che la battaglia si svolse nel modo descritto.

Il secondo esodo

I focei non potevano assolutame­nte correre il rischio di subire un nuovo attacco. Per questo, decisero di abbandonar­e la Corsica a bordo delle proprie navi. Forse alcuni di loro raggiunser­o località come Marsiglia o la Sicilia. Altri, invece, si diressero verso lo stretto di Messina. Qui vennero a sapere che potevano stabilirsi in un punto della costa italica dove avrebbero fondato Elea, poi denominata Velia in epoca romana.

Tuttavia, non tutti ebbero questa fortuna. I focei caduti prigionier­i vennero spartiti tra gli avversari. Di quelli che finirono a Cartagine non sappiamo nulla, ma conosciamo invece il destino della maggior parte dei focei, che fu condotta a Caere. Nel corso di una cerimonia pubblica di riparazion­e, furono radunati al di fuori [delle mura] della città, dove vennero lapidati a morte. In seguito a questo episodio [sacrilego, secondo quanto riferisce Erodoto] chiunque passasse accanto al luogo dove erano stati uccisi i focei, che fosse uomo o animale, veniva colpito da una malattia che lo lasciava disabile. Gli abitanti di Caere, dopo aver consultato l’oracolo di Delfi, accettaron­o di onorare la memoria dei morti con delle gare di atletica, per mettere fine alla pestilenza.

In ogni caso, la conseguenz­a principale di questo scontro fu l’esclusione, almeno temporanea, dei greci dal controllo delle rotte commercial­i del Mediterran­eo centrale. A ciò si aggiunse il consolidam­ento dell’alleanza tra Cartagine e Caere e l’insediamen­to degli etruschi ad Alalia.

La battaglia accentuò inoltre la tendenza degli stati verso un controllo sempre maggiore delle attività commercial­i. Lungi dal garantire la pace, questo provocò nei decenni successivi nuove guerre tra greci, etruschi e cartagines­i finché, verso il 474 a.C., i greci di Siracusa non spezzarono il potere navale etrusco nella battaglia di Cuma.

 ??  ?? HERVÉ TARDY / GTRES L’ANTICA ALALIA Alalia passò dai greci agli etruschi e quindi ai cartagines­i. Infine, nel III sec. a.C, ai romani, che la ribattezza­rono Aleria (a sinistra).
HERVÉ TARDY / GTRES L’ANTICA ALALIA Alalia passò dai greci agli etruschi e quindi ai cartagines­i. Infine, nel III sec. a.C, ai romani, che la ribattezza­rono Aleria (a sinistra).
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GUERRIERO ETRUSCO. STATUETTA IN BRONZO DEL VII SEC. A.C.
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WHITE IMAGES / SCALA, FIRENZE COLONI DEL MEDITERRAN­EO A sinistra, particolar­e di un affresco che ricostruis­ce l’arrivo dei focei a Marsiglia verso il 600 a.C. Museo di storia di Marsiglia.
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ELMO ETRUSCO DA PARATA DECORATO CON OCCHI. VI-V SEC. A.C.
E NZ RE FI A, AL SC / K BP ELMO ETRUSCO DA PARATA DECORATO CON OCCHI. VI-V SEC. A.C.
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CRATERE DI ARISTONOTH­OS CON BATTAGLIA NAVALE. MUSEI CAPITOLINI, ROMA. VII SECOLO A.C.
DE AG OS TIN I CRATERE DI ARISTONOTH­OS CON BATTAGLIA NAVALE. MUSEI CAPITOLINI, ROMA. VII SECOLO A.C.
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ALLA RICERCA DI UNA NUOVA PATRIA Dopo la sconfitta, i focei di Alalia si insediaron­o a Elea, nella penisola italica, a sud di Posidonia (la Paestum romana, a destra).
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LUISA RICCIARINI / PRISMA IL DESTINO DEI PRIGIONIER­I Gli etruschi di Caere lapidarono i prigionier­i di Alalia. Sacrificio di troiani, affresco della tomba di François di Vulci, proprietà di un nobile etrusco.

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