IL MATRIMONIO DELLA REGINA
Kent era morto prima che sua figlia compisse otto mesi), sembrava destinata a essere poco più di un giocattolo nelle mani di sua madre, Vittoria di Sassonia-Coburgo-Saalfeld, e del suo presunto amante, sir John Conroy. Per sua fortuna, la giovane Vittoria inaugurò fin da subito quella che sarebbe diventata una feconda abitudine della sua vita: trovarsi un complice, un sostegno umano di assoluta fedeltà, sia nella politica che negli affari di cuore. Il primo grande aiuto lo ricevette da adolescente dalla sua governante, Louise Lehzen. A lei avrebbe dedicato – diversamente da quanto fece con sua madre – le parole più delicate del suo diario. Il secondo aiuto, appena salita al trono, a diciotto anni, fu una vera e propria formazione in socialità e vita mondana: con il primo ministro, lord Melbourne, del Partito whig (liberale), Vittoria completò la sua educazione e si impratichì nelle arti di governo.
A differenza della sua trisnipote, l’attuale regina Elisabetta II, che aveva già marito il giorno dell’incoronazione, Vittoria dovette attendere due anni prima di sposarsi. Lo fece L’unione tra Vittoria e Alberto si celebrò nella cappella reale del St James’s Palace di Londra, il 10 gennaio 1840. Lo strascico dell’abito della sposa era lungo 5,5 m. L’olio, di G. Hayter, risale a quell’anno. con Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, e quella decisione non fu solo la più importante della sua vita, ma anche la più felice. Fin dal loro primo incontro, quando Vittoria cedette all’“affascinante” bellezza del suo principe tedesco, vissero una delle storie d’amore più appassionanti dell’aristocrazia di ogni epoca. A prima vista il successo del loro matrimonio si può spiegare solo grazie all’armonia degli opposti: lei era drammatica; lui, poetico; lei era una donna autoritaria; lui, un uomo ossessivo e puritano. Ma insieme resero possibile ciò che il maggior teorico vittoriano della monarchia, Walter Bagehot, ha espresso in questi termini: il loro modello di vita familiare divenne un esempio morale per il popolo, portando così «l’orgoglio per la corona nella vita di tutti i giorni». Si è detto, a ragione, che la celebre rigidità vittoriana si deve più ad Alberto che a Vittoria. E il consorte è stato criticato anche per il suo atteggiamento da “ficcanaso” negli affari di governo, con il suo stillicidio di appunti e lettere all’esecutivo britannico. Ma, in quei vent’anni accanto a