UN GIOCO PER l’AlDIlÀ
Tra i tesori rinvenuti da Howard Carter nella tomba di Tutankhamon si trova questo senet, un popolare gioco da tavolo egizio le cui regole sono tuttora sconosciute.
Nei decenni successivi all’ultimo testo geroglifico datato che sia giunto fino a noi (ovvero il 24 agosto del 394 d.C, nel tempio di Iside dell’isola di File), la civiltà egizia sembrò essersi zittita per sempre. Scomparsi gli ultimi sacerdoti e gli scribi, il mondo dei faraoni tacque, limitandosi a comunicare solo tramite i suoi impressionanti monumenti. Le grandi piramidi di Giza e di Saqqara, templi come quello di Karnak e di Medinet Habu, o le tombe della Valle dei Re e di Beni Hassan continuarono a trasmettere con muta eloquenza una grandezza indecifrabile come la stessa scrittura geroglifica. Da quel momento l’antico Egitto restò a lungo avvolto nel mistero, dando origine a speculazioni di ogni tipo sulla sua saggezza perduta.
Anche se era già da almeno un secolo che i viaggiatori occidentali guardavano con curiosità ai monumenti dell’antica civiltà faraonica, solo la spedizione di Napoleone Bonaparte del 1798 risvegliò definitivamente l’interesse europeo per la cultura egizia. In quell’epoca avvenne il ritrovamento della stele di Rosetta, che permise di decifrare la scrittura geroglifica. L’equipe di studiosi al seguito del conquistatore còrso pubblicò un’opera monumentale, la Description de l’Égypte (“Descrizione dell’Egitto”), dove vennero catalogati tutti i monumenti e le opere di arte faraonica conosciuti fino a quel momento. Iniziò allora una caccia ai tesori egizi destinati a ingrandire