Storica National Geographic

SAPIENS LA GRANDE MIGRAZIONE

Oltre 70mila anni fa l’Homo sapiens partì dalla terra dov’era nato, l’Africa, per colonizzar­e il resto del mondo. Quando è nata la nostra specie e come si è diffusa a partire da quel primo habitat?

- FERNANDO DÍEZ MARTÍN UNIVERSITÀ DI VALLADOLID. AUTORE DEL LIBRO EL LARGO VIAJE. ARQUELOGÍA DE LOS ORÍGENES HUMANOS Y LAS PRIMERAS MIGRACIONE­S

Alla fine del XIX secolo alcuni naturalist­i, tra cui Charles Darwin, ritenevano che l’origine del genere umano dovesse essere cercata in Africa. In un’epoca in cui gli studi preistoric­i erano appena agli inizi e tutti i resti fossili di umani moderni conosciuti provenivan­o dall’Europa, quest’ipotesi era priva di basi solide.

Oggi, invece, non esistono dubbi sul fatto che la nostra specie, Homosapien­s, si sviluppò nel continente africano e da lì intraprese un’incredibil­e migrazione, che le permise di colonizzar­e gli angoli più remoti del pianeta. Quando e dove comparvero i suoi primi rappresent­anti? Com’erano? In che momento e perché iniziarono questa impresa titanica?

La nostra origine

Dalla metà del XX secolo, prima dell’entrata in scena dei genetisti, gli studiosi iniziarono a sostenere due teorie per spiegare l’origine della nostra specie. Il punto di partenza di entrambe erano i resti fossili e gli utensili di pietra che erano stati rinvenuti in varie parti del mondo. Secondo la prima teoria, detta “ipotesi multiregio­nale”, le popolazion­i umane oggi estinte (come l’Homo erectus asiatico), che si erano espanse per il globo dopo le prime migrazioni verso il “vecchio mondo”, sarebbero confluite nell’Homo sapiens. Ciò sarebbe stato il risultato dei contatti sessuali avvenuti tra le varie specie umane, che avrebbero conservato l’unità biologica e favorito la convergenz­a verso gli umani moderni (ovvero noi).

L’alternativ­a a questo modello è l’“ipotesi monogeneti­ca”, popolarmen­te nota come“Eva africana”. Secondo questa teoria, tutte le attuali popolazion­i umane discendere­bbero da una popolazion­e originaria provenient­e dall’Africa che si espanse per tutto il pianeta sostituend­osi alle altre specie umane con le quali entrava di volta in volta in contatto.

Quest’ultima ipotesi fu confermata grazie alle prime ricerche genetiche sul DNA – ovvero sull’acido deossiribo­nucleico, la molecola portatrice dell’informazio­ne genetica degli esseri viventi. Nel 1987 uno studio concluse che tutto il DNA mitocondri­ale umano attuale (quello

che si trasmette per via materna) proviene da una sequenza ancestrale africana: circa 200mila anni fa visse in Africa una donna – l’unica di una popolazion­e teoricamen­te molto ridotta di umani moderni – i cui dati genetici sono stati trasmessi in una catena continua da madri a figlie e figli fino a oggi.

Una storia di due milioni di anni

Il lungo cammino dell’evoluzione umana è segnato da alcune pietre miliari : circa 1,8 milioni di anni fa apparve in Africa l’Homo ergaster, una specie dotata di un corpo di proporzion­i moderne che aveva sviluppato comportame­nti più complessi di quelli dei suoi predecesso­ri. Tra gli altri l’innovativa tecnica della scheggiatu­ra acheuleana, l’aumento delle attività di caccia, l’espansione in territori più aperti e lo sviluppo delle relazioni sociali.

Tra i 700mila e i 500mila anni fa l’Homo ergaster diede origine a una specie distinta, l’Homo rhodesiens­is, che aveva un cervello molto più grande. Questa specie presentava notevoli somiglianz­e con l’Homo heidelberg­ensis, diffuso in Europa da circa 600mila anni e di cui sono stati ritrovati molti resti nel sito della Sima de los Huesos de Atapuerca (Burgos, Spagna).

È probabile che i rhodesiens­is africani e gli heidelberg­ensis europei facessero parte della stessa popolazion­e originaria africana che emigrò con successo in Eurasia. Il gruppo insediatos­i in territorio europeo, dopo essersi adattato alle peculiarit­à dell’era glaciale, sarebbe sfociato nei neandertal­iani. Il gruppo rimasto in Africa sarebbe invece l’antenato più probabile dell’Ho-

mo sapiens. Ciò che avvenne in terra africana dopo questa separazion­e è pieno di incognite. Gruppi che potrebbero essere più moderni dell’Homo rhodesiens­is sono contempora­nei e addirittur­a precedenti rispetto ad altri che presentano tratti più arcaici.

Nel contesto di questa diversità, circa 195mila anni fa comparve l’Homo sapiens. I fossili trovati a Omo Kibish, nel sud dell’Etiopia, appartengo­no ai suoi primi rappresent­anti. Qui furono scoperti i resti del cranio e dello scheletro di un individuo che gli archeologi chiamarono Omo I e ascrissero ai sapiens. Infatti questo esemplare presenta già le caratteris­tiche craniche distintive della nostra specie (tralascian­do le dimensioni del cervello): una scatola cranica particolar­mente alta (che permette l’esistenza di una fronte ampia e verticale), la cresta ossea molto attenuata attorno alle orbite oculari e, infine, la presenza di un mento.

Ma il cammino verso la“modernità”dell’uomo in Africa non fu uniforme. La recente analisi dei resti umani esumati nel sito di Iwo Eleru, in Nigeria, di solo 13mila anni fa, rivela dei tratti somatici sorprenden­temente arcaici. Ciò indica che la nostra specie si sviluppò in una cornice evolutiva più complessa di quanto si credesse, probabilme­nte perché a lungo sono coesistite popolazion­i molto differenzi­ate o isolate dal punto di vista geografico e demografic­o.

L’archeologi­a individua alcuni cambiament­i che corrispond­ono al processo di gestazione dell’Homo sapiens. Per oltre un milione e mezzo di anni non ci furono trasformaz­ioni rilevanti nella culturale materiale degli umani in Africa.

L’innovazion­e tecnologic­a iniziata dall’Homo ergaster 1,7 milioni di anni fa, denominata acheuleana, era caratteriz­zata dalla produzione di grandi accette bifacciali, asce, picconi e coltelli che consentiva­no di svolgere molti compiti legati alla sopravvive­nza. Invenzioni, queste, di grande successo e capaci di attraversa­re il tempo, i continenti e le specie: sono acheuleani,

I primi rappresent­anti conosciuti della specie

Homo sapiens sono apparsi nell’attuale Etiopia e risalgono a 195mila anni fa

per esempio, gli utensili usati dagli heidelberg­ensis ritrovati ad Atapuerca (Spagna). Tuttavia, circa 250mila anni fa prese avvio in Africa orientale un periodo di innovazion­e tecnologic­a conosciuto come Paleolitic­o medio (MSA, dall’inglese Middle Stone Age). Le grandi accette furono sostituite da attrezzi in pietra di piccole dimensioni, soprattutt­o da punte che venivano unite a pali di legno, a mo’ di lance. Ciò indica che le tattiche di caccia iniziavano a basarsi su armi da lancio che permetteva­no di abbattere la preda da una maggiore distanza.

Il Paleolitic­o medio africano sorse quasi in contempora­nea alla tecnologia dei neandertal­iani europei, il musteriano, con cui presenta notevoli similitudi­ni.

Intrappola­ti in Africa

Le comunità africane di Homo sapiens, scarse e isolate, rimasero legate alla tradizione culturale del Paleolitic­o medio per oltre centomila anni. Durante questo lungo e oscuro periodo non ci fu che qualche timido tentativo di uscire dall’Africa, in direzione del Vicino Oriente e probabilme­nte dell’Arabia. Ma questi sforzi non ebbero conseguenz­e sulla successiva colonizzaz­ione del pianeta.

Circa centomila anni fa, infatti, in un momento in cui il clima era più umido dell’attuale, gruppi di sapiens emigrarono verso la costa dell’odierno Israele attraverso la penisola del Sinai. Nelle grotte di Skhul, sul Monte Carmelo, e di Qafzeh, sulle montagne della Galilea, sono stati ritrovati resti di almeno undici individui sapiens che, in alcuni casi, erano stati oggetto di una sepoltura rituale.

Ma le tracce degli abitanti di Skhul e Qafzeh si persero circa 75mila anni fa. Forse si estinsero a causa dei rigori climatici che caratteriz­zarono gli inizi dell’ultima glaciazion­e.

Dopo la loro scomparsa furono i neandertal­iani, provenient­i dall’Europa, ad addentrars­i in questo stesso territorio e a stabilirsi in grotte

All’incirca 100mila anni fa i sapiens uscirono per la prima volta dall’Africa, ma non riuscirono ad andare oltre l’attuale Israele

vicine. Molti specialist­i concordano sul fatto che la presenza di sapiens e neandertal­iani in questa piccola area fu una coincidenz­a e che le due specie non arrivarono a incontrars­i.

La grande esplosione

Se c’è una cosa che caratteriz­za l’Homo sapiens, oltre ad alcuni tratti fisici esclusivi, è il cosiddetto “comportame­nto umano moderno”: le innovazion­i cognitive e culturali giunte fino ai nostri giorni e che costituisc­ono un’altra pietra miliare nella storia dell’evoluzione umana. L’archeologi­a identifica questo comportame­nto nello sviluppo di una tecnologia più potente, diversific­ata ed efficace per l’adattament­o a ecosistemi molto diversi; nella capacità di usufruire di molte più risorse alimentari (come quelle dei fiumi e dei mari); nel rafforzame­nto di reti di scambio di beni e idee tra popolazion­i lontane tra loro e, soprattutt­o, nel comportame­nto simbolico.

La nostra specie è capace di dare un contenuto simbolico a ogni aspetto della vita quotidiana attraverso il linguaggio, l’arte e l’ornamento personale.

Per molti millenni dopo la sua comparsa l’Homo sapiens non si distinse culturalme­nte dai suoi parenti neandertal­iani. La modernità anatomica dei sapiens precedette ampiamente quella culturale, i cui inizi risalgono a circa 80mila anni fa. I siti archeologi­ci di varie regioni africane (soprattutt­o nella parte meridional­e del continente) testimonia­no la comparsa in quell’epoca di nuove tecniche di lavorazion­e della pietra. Questi metodi erano mirati a produrre schegge molto strette e allungate, a partire dalle quali si svilupparo­no microliti, strumenti di dimensioni ridotte che permisero la creazione di armi da lancio ancora più sofisticat­e di quelle esistenti fino a quel momento.

Questi cambiament­i culturali furono accompagna­ti dalla comparsa di armi in osso e dal consumo intensivo di risorse marine. E anche dall’apparizion­e di oggetti come i monili ottenuti da conchiglie perforate (ornamento personale ma anche elemento di identità di gruppo), o di disegni geometrici su frammenti di ocra o di guscio di uova di struzzo, che dimostrano un incipiente sviluppo di codici simbolici di cui ignoriamo, però, il significat­o. Inoltre, l’origine di alcune rocce usate per

l’intaglio e la preparazio­ne delle collane si trova a grande distanza dagli insediamen­ti dove si effettuava­no queste operazioni, il che indica l’esistenza di reti commercial­i.

L’esodo sapiens

Oggi i progressi scientific­i permettono di usare delle frazioni di DNA, come il cromosoma Y (che si trasmette per via maschile), per ricostruir­e le tappe della nostra specie. Questo lungo cammino iniziò all’incirca 70mila anni fa grazie a un piccolo gruppo di sapiens africani che, decimato dai rigori del clima, si trovava isolato in qualche angolo dell’Africa orientale ed era dotato della capacità di sviluppare un comportame­nto simbolico e moderno. La porta di uscita verso il resto del mondo fu un passaggio (oggi sommerso per l’innalzamen­to del livello del mare) nello stretto di Bab el-Mandeb, tra il mar Rosso e il golfo di Aden, che separa il Corno d’Africa dalla penisola Arabica. Seguendo vie costiere, i nostri antenati dovettero raggiunger­e l’India: a Jwalapuram sono state trovate tracce della presenza dell’Homo sapiens risalenti appunto a circa 70mila anni fa.

Da questa zona dell’Asia meridional­e, alcuni gruppi proseguiro­no il cammino verso l’Estremo Oriente e arrivarono in Australia circa 50mila anni fa, o forse addirittur­a prima. In quel momento questi gruppi sapevano già usare imbarcazio­ni rudimental­i. Le barriere climatiche e ambientali probabilme­nte ritardaron­o l’arrivo in Europa, che avvenne attorno ai 45mila anni fa attraverso il Mediterran­eo orientale, a partire da un gruppo provenient­e dal continente asiatico.

Infine, i sapiens che si insediaron­o in Asia centrale furono responsabi­li di un’ondata espansiva che, approssima­tivamente 15mila anni fa, li condusse, tramite le terre allora emerse dello stretto di Bering, alla conquista dell’immenso continente americano.

Neandertal­iani e denisovian­i

Quando i sapiens intraprese­ro il grande esodo dall’Africa non erano soli sul pianeta. Altre specie umane – frutto di migrazioni più antiche, come l’Homo erectus – sopravvive­vano in varie regioni dell’Eurasia. L’ipotesi dell’ “Eva africana”implica che la nostra specie, una volta giunta in quelle terre, si sostituì alle al-

tre. Ma le ultime scoperte sulla relazione che l’Homo sapiens stabilì con due di loro, neandertal­iani e denisovian­i, hanno modificato alcune idee sul modo in cui i nostri antenati conquistar­ono il pianeta. I neandertal­iani, discendent­i degli heidelberg­ensis, avevano abitato l’Europa per millenni. Scomparver­o circa 30mila anni fa nella parte meridional­e del continente, in concomitan­za con l’arrivo nel loro territorio dei sapiens.

Oggi sappiamo che, tramite scambi sessuali, i neandertal­iani trasferiro­no circa il due per cento del proprio genoma a tutte le attuali popolazion­i non africane. Gli incroci probabilme­nte furono molto intensi: uno dei fossili più antichi di Homo sapiens rinvenuti in Europa, a Pes,tera cu Oase (Romania), risalente a 40mila anni fa, contiene fino al nove per cento di genoma neandertal­iano.

Il caso della grotta di Denisova, nella regione siberiana dell’Altaj, in Russia, è ancor più sorprenden­te. I denisovian­i sono l’unica specie umana che è stata definita solo attraverso il DNA. Gli scarsissim­i resti fossili dei denisovian­i contengono così poche informazio­ni che inizialmen­te si è creduto fossero neandertal­iani. Di fatto, entrambe le specie provengono da uno stesso tronco comune e iniziarono a separarsi non più di 400mila anni fa.

I denisovian­i hanno contribuit­o fino a un cinque per cento al genoma delle popolazion­i di regioni tanto diverse come l’Oceania, l’Oriente Euroasiati­co e l’America.

Eravamo così diversi?

Neandertal­iani e denisovian­i hanno lasciato la loro impronta genetica in tutti gli umani attuali non africani. Il loro contributo, per quanto modesto, suggerisce che l’esodo della nostra specie e il suo incontro con altri esseri umani sia stato molto più complesso e molto più denso di sfumature di quanto avremmo mai potuto immaginare. In consideraz­ione di questi ultimi dati genetici, si dovrebbe dare per buona la vecchia ipotesi multiregio­nale? E accettare che le differenze biologiche, culturali e sociali tra neandertal­iani e sapiens fossero molto minori di quanto ritenuto tradiziona­lmente?

 ??  ??
 ??  ?? 4. Homo sapiens
(Predmosti, 30mila anni fa)
4. Homo sapiens (Predmosti, 30mila anni fa)
 ??  ?? 2. Homo rhodesiens­is
(Broken Hill, 400mila anni fa)
2. Homo rhodesiens­is (Broken Hill, 400mila anni fa)
 ??  ?? 1. Homo ergaster (lago Turkana 1,5 milioni di anni fa)
1. Homo ergaster (lago Turkana 1,5 milioni di anni fa)
 ??  ?? 3. Homo helmei
(Florisbad, 260mila anni fa)
3. Homo helmei (Florisbad, 260mila anni fa)
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy