SCRITTURA RIBELLE
Nel febbraio 1781, imprigionato a Vincennes, il marchese scrive alla moglie: «Il signor de Sade ha fatto quanto fanno tutti. Le giovani che ha frequentato erano già del tutto depravate o gli venivano fornite da una comare. Perciò non si tratta qui di seduzione alcuna. Tuttavia si punisce e si fa soffrire il signor de Sade come fosse col
pevole dei crimini più atroci [...] Sono colpevole soltanto di puro e semplice libertinaggio, come lo praticano tutti gli uomini in funzione di quanto li muova il loro temperamento o di quanto li spinga l’inclinazione per ciò che hanno potuto ricevere dalla natura. Ciascuno ha i propri difetti [...] Sono un libertino, lo confesso; tutto ciò che è possibile concepire in tal genere di cose, io l’ho concepito, ma non ho certo realizzato
tutto ciò che ho immaginato e non lo realizzerò mai». La studiosa Isabel Brouard, esperta di Justine, ha indicato che il non sentirsi colpevole e la lunga reclusione spinsero Sade a convogliare l’odio e la disperazione in un comportamento di ribellione totale: Justine e altre opere si sarebbero trasformate nell’attacco all’ordine di cose che l’aveva reso una vittima, permettendogli inoltre di liberarsi della propria angoscia. nuovo in carcere e per poco non finì sul patibolo. Solo la morte di Robespierre lo salvò dalla ghigliottina. Nell’ennesima prigionia riprese un manoscritto che aveva cominciato prima della Rivoluzione e che intitolò Justine ovvero le disgrazie della virtù.
Rimesso in libertà, mentre la ghigliottina si abbatteva implacabile sulle teste degli aristocratici francesi, Sade s’impegnava a descrivere le perversioni e le anomalie sessuali della società, istigandone l’individualismo e il pessimismo ed ergendosi a profeta del male e dell’ateismo. In Justine arrivò perfino ad affermare che «il sistema dell’amore per il prossimo è una chimera che dobbiamo al cristianesimo e non certo alla natura». La brutalità che lo circondava confermava ai suoi occhi che l’amore per il prossimo era una mera illusione.
Il 6 marzo 1801 il marchese fu arrestato mentre faceva visita all’editore Nicolas Massé per consegnargli altri testi. Fu rinchiuso a Sainte-Pélagie in quanto «autore dell’infame romanzo di Justine», per poi essere
trasferito a Bicêtre, una specie di lazzaretto che ospitava i malati di mente, i transfughi e i derelitti della rivoluzione. Conosciuto a quei tempi come la“Bastiglia delle canaglie”, accoglieva gli scarti della società, che versavano in condizioni miserabili.
Malato di libertinaggio
Poco tempo dopo fu portato di nuovo a Charenton. All’ingresso nella struttura, dove rimase per oltre tredici anni, fino alla sua morte, a Sade venne diagnosticata una «demenza libertina». Malgrado ciò gli fu data la possibilità di godere di alcuni privilegi: alcuni elementi d’arredo, una stanza confortevole, una piccola biblioteca e la vista sul giardino. Gli fu anche permesso di dirigere qualche spettacolino teatrale, a cui prendevano parte i malati e a cui assisteva un pubblico elegante, felice di recarsi a simili rappresentazioni esclusive ormai alla moda.
Con il tempo riuscì persino a ottenere che l’amante, Marie-Constance Quesnet, occupasse una camera adiacente alla sua. Ma nulla di tutto ciò impediva che periodicamente fosse perquisito dalla polizia, che il 5 giugno 1807 gli sequestrò il manoscritto Les Journées de Florbelle, «dieci volumi di atrocità, blasfemie, bassezze, oltre gli orrori di Justine», secondo quanto riferito in seguito dal prefetto Dubois a Joseph Fouché, il ministro di polizia durante l’era di Napoleone.
Donatien-Alphonse-François de Sade si spense il 2 dicembre 1814 a causa di un edema polmonare, probabilmente la conseguenza di un’insufficienza cardiaca. Aveva settantaquattro anni, era stato recluso in ben undici prigioni e, in totale, aveva trascorso ventinove anni dietro le sbarre.