GLI ASSIRI, PADRONI DELL’EGITTO
Questa stele è attribuita al sovrano assiro Assurbanipal, che espulse Taharqa dall’Egitto e rase al suolo Tebe. British Museum, Londra.
Si trattava di un tumulo di arenaria che presidiava la capitale nubiana e dove si ergeva un pinnacolo unico nel suo genere. Secondo i rilievi del tempio di Mut lì scavato, la singolare guglia rocciosa era interpretata come un gigantesco cobra eretto con un disco solare sulla testa, ovvero le stesse sembianze della divinità chiamata Occhio di Ra.
L’eredità di Taharqa
Analogamente, quaranta giorni prima del solstizio d’inverno, dalla piramide di Taharqa si poteva vedere la discesa del sole dietro la sagoma del pinnacolo. Tutto sembra indicare, insomma, che la scelta di Nuri come necropoli avesse l’obiettivo di collegare Taharqa con i cicli celesti del dio solare, stabilendo al contempo un legame eterno con quegli eventi cosmici associati alla morte e alla rinascita di Osiride, il dio dell’aldilà e della fertilità.
La morte di Taharqa, avvenuta nel 664 a.C., segnò il declino del dominio nubiano sull’Egitto. Di fatto il re kushita aveva già perso il controllo del Basso Egitto a favore del potente sovrano assiro
Assurbanipal pochi anni prima. Il successore di Taharqa, il nipote Tanutamani, riprese brevemente il controllo di Tebe e dell’Alto Egitto prima di essere di nuovo sconfitto da Assurbanipal, che dopo la sua vittoria rase al suolo Tebe e costrinse Tanutamani a tornare in Nubia, dove rimase fino alla morte. Al termine della XXV dinastia emerse in territorio nubiano una nuova entità statale autoctona, il regno di Meroe, la cui capitale era situata vicino alla sesta cateratta. I re e le regine meroitici mantennero viva la fiamma della cultura egizia fino al IV secolo d.C., fondendola al tempo stesso con le tradizioni culturali locali, come testimoniano i templi di Naga e Musawwarat es-Sofra, dove si veneravano divinità autoctone come il dio leone Apedemak.