PUBBLICA UMILIAZIONE
I colpevoli erano a volte disposti al centro della piazza, con un ceppo che ne immobilizzava le mani, la testa e i piedi cosicché potessero essere vessati dalla gente, come risulta evidente in questa miniatura del 1296. appesantito con le pietre. Al pari del fuoco, si pensava che l’acqua avesse proprietà purificatrici, ragion per cui questo tipo di annegamento era previsto per i crimini contro la morale, soprattutto se a commetterli erano le donne. La Constitutio criminalis Carolina, una compilazione di diritto giudiziario elaborata agli inizi del XVI secolo in Germania per volere dell’imperatore Carlo V, difendeva l’efficacia di tale sistema, ritenuto il migliore per eliminare le donne scellerate. Il codice riporta che le ree venivano infilate in un sacco assieme a un animale – un gatto, una gallina o un serpente –, calate da un ponte e tenute giù, nell’acqua, finché esalavano l’ultimo respiro.
Nella Castiglia medievale del 1312 Ferdinando IV dispose che i fratelli Carvajal, accusati di aver assassinato il suo favorito, fossero lanciati da un dirupo. I fratelli furono scagliati dall’alto di una ripida scarpata della località di Martos, a Jaén, Andalusia. La tradizione vuole che, reputandosi innocenti, prima di morire i fratelli lo convocarono a comparire da lì a un mese davanti a tribunale di Dio. Proviene da qui l’appellativo del monarca, l’Emplazado, ovvero il Convocato.
Tormenti atroci
Lo squartamento era appannaggio dei rei di crimini esecrabili, come per esempio l’infanticidio. In Francia si era soliti legare le quattro estremità dell’imputato ad altrettanti cavalli che venivano spinti a correre in direzioni opposte. Il risultato era appunto lo smembramento. Divenne frequente punire in tal modo anche chi si era macchiato di tradimento, come nel caso dell’eroe degli scozzesi William Wallace, accusato di sedizione. Nel 1305 in Inghilterra Wallace fu prima impiccato ma, a quanto pare, era ancora vivo quando venne sottoposto a svariate torture, l’ultima delle quali fu lo squartamento. Le sue spoglie vennero poi esibite in diverse città nel nord del Paese e in Scozia. Lo scorticamento era una delle pene più disumane,
e la sua applicazione rendeva necessari dei boia che possedessero conoscenze di anatomia. Vi si ricorreva in caso di eresia e di reato di lesa maestà. Agli inizi del XIV secolo Filippo il Bello ordinò di spellare vivi due fratelli incolpati di aver sedotto le nuore del monarca, nell’episodio che la tradizione conosce come lo scandalo della torre di Nesle. Dopo essere stati scuoiati vivi, i due giovani vennero squartati, decapitati e appesi.
Sepolte vive
Simile allo smembramento era il trascinamento, in cui l’imputato veniva legato a un cavallo che lo trasportava in giro per le strade fino alla morte. Nel 1330 il sovrano d’Ungheria punì così un nobile incriminato di aver voluto eliminare lui e la moglie. Come riferisce lo storico Sean McGlynn, l’aristocratico fu ucciso e squartato, mentre «i suoi uomini e i suoi complici furono trascinati a morte per le strade e le piazze, scarnificati fino alle ossa. I loro resti furono fatti a pezzi e gettati a terra perché diventassero pasto dei cani».
Si poteva pure venire condannati a essere sepolti o murati vivi. La Constitutio criminalis Carolina prevedeva questo castigo per le donne infanticide. Sulla base delle ricerche di un altro storico, McGlynn riassume così lo svolgimento della condanna: «Si costringeva la donna colpevole a stendersi in una tomba poco profonda che veniva ricoperta di spine. Dopodiché si chiudeva il sepolcro, dal basso verso l’alto. Arrivati a un certo punto, si conficcava un palo nel cuore della donna». In Francia l’ultima sepoltura in vita è documentata a Parigi, nel 1447. Ma l’inventiva dei carnefici medievali non conosceva limiti, e si sono conservate testimonianze di altri generi di esecuzioni che ai nostri occhi risultano ancor più terrificanti. Ne è un esempio la pratica di versare del metallo fuso sugli occhi, nella bocca e nelle orecchie dei rei, contemplata di solito per coloro che si erano macchiati di lesa maestà, per i traditori o per i falsari. Più comune era il supplizio che prevedeva l’immersione nell’olio bollente.
Miniatura tratta dal manoscritto 3.878 della Bibliothèque Mazarine di Parigi composto verso il 1470.