Storica National Geographic

DECAPITATO IN PUBBLICO

- JOSÉ LUIS CORRAL

Un’esecuzione pubblica attraeva tutta la popolazion­e locale. Sopra queste righe, decapitazi­one del capo dei banditi Aymerigot Marchès, o Marcel. 1470. Cronache, di Jean Froissart. British Library, Londra.

Il condannato veniva introdotto lentamente, a cominciare dai piedi, in un calderone pieno di liquido bollente. In genere perdeva i sensi prima di venire immerso del tutto. La maggior parte delle tipologie di condanna a morte implicava un accaniment­o sul corpo del prigionier­o, prima o dopo il suo decesso. Durante il trasporto al patibolo non era infatti raro che venisse preso a bastonate o che subisse una qualche altra forma di offesa. A volte le mutilazion­i andavano a sostituire la pena capitale. Nel XII secolo, per esempio, un cavaliere inglese di nome Thomas of Eldersfiel­d riuscì a scampare all’impiccagio­ne all’ultimo momento ma, in cambio, gli furono strappati gli occhi e fu castrato davanti alla folla.

Castighi sulla pelle altrui

Convinte che osservare il dolore provocato da una punizione assolvesse la funzione di monito e di deterrente, le autorità trasformar­ono l’esecuzione delle sentenze in veri e propri spettacoli pubblici. Più in generale la giustizia del Medioevo prevedeva l’esposizion­e dell’imputato, sia che sfociasse in una pena di morte sia in caso contrario. I rei erano costretti a camminare nudi per le strade o venivano lasciati in bella vista incatenati tramite un collare di ferro alla gogna, un muro o un palo posto di solito al centro di una piazza dove rimanevano legati per diversi giorni. In seguito la gogna divenne un

L’adulterio era un delitto che veniva punito con grande severità. Nell’illustrazi­one è mostrata una coppia colta in flagranza di reato e costretta a sfilare nuda per le strade, esposta al pubblico ludibrio.

sistema di tavole con cerniera in cui venivano inserite la testa e le mani del condannato, che rimaneva inginocchi­ato per giorni interi. Bambini e adulti avevano in questo modo la facoltà di tirargli addosso ogni specie di rifiuto, di maltrattar­li fisicament­e e perfino di ammazzarli. Per lo stesso motivo i cadaveri dei giustiziat­i erano esposti in luoghi ben visibili, e in alcuni casi venne eretto un patibolo speciale, come quello che esisteva nei dintorni di Parigi, il gibet di Montfaucon. Le esecuzioni pubbliche divennero tra gli intratteni­menti più seguiti nelle città medievali. Lo strazio del delinquent­e era una vendetta della giustizia, e così accadde pure con i capi dei templari francesi, dichiarati colpevoli e arsi vivi agli inizi del XIV secolo senza che avessero neppure preso coscienza di aver commesso qualche delitto.

Ogni pena capitale dava luogo a una messinscen­a in cui l’imputato era il protagonis­ta, soprattutt­o se si trattava di personaggi di alto rango. In quel caso perfino la procession­e verso il patibolo acquistava una notevole solennità. L’anonimo autore di Journal d’un bourgeois de Paris descrisse in tal modo l’esecuzione di Jean de Montaigu, gran maestro del re Carlo VI di Francia, che il rivale, il duca di Borgogna, fece processare e condannare a morte nel 1409: «E il diciassett­esimo giorno di ottobre, giovedì, il sopraddett­o Gran maestro di sala fu posto su un carro, vestito con la livrea, una pellanda bianca e rossa, un cappuccio rosso e un altro bianco, speroni dorati, mani legate davanti e un crocifisso di legno tra di loro. Seduto in alto sulla carretta, con due trombe davanti a lui fu condotto al mercato. Lì gli tagliarono la testa».

Sorvegliar­e e punire

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