DECAPITATO IN PUBBLICO
Un’esecuzione pubblica attraeva tutta la popolazione locale. Sopra queste righe, decapitazione del capo dei banditi Aymerigot Marchès, o Marcel. 1470. Cronache, di Jean Froissart. British Library, Londra.
Il condannato veniva introdotto lentamente, a cominciare dai piedi, in un calderone pieno di liquido bollente. In genere perdeva i sensi prima di venire immerso del tutto. La maggior parte delle tipologie di condanna a morte implicava un accanimento sul corpo del prigioniero, prima o dopo il suo decesso. Durante il trasporto al patibolo non era infatti raro che venisse preso a bastonate o che subisse una qualche altra forma di offesa. A volte le mutilazioni andavano a sostituire la pena capitale. Nel XII secolo, per esempio, un cavaliere inglese di nome Thomas of Eldersfield riuscì a scampare all’impiccagione all’ultimo momento ma, in cambio, gli furono strappati gli occhi e fu castrato davanti alla folla.
Castighi sulla pelle altrui
Convinte che osservare il dolore provocato da una punizione assolvesse la funzione di monito e di deterrente, le autorità trasformarono l’esecuzione delle sentenze in veri e propri spettacoli pubblici. Più in generale la giustizia del Medioevo prevedeva l’esposizione dell’imputato, sia che sfociasse in una pena di morte sia in caso contrario. I rei erano costretti a camminare nudi per le strade o venivano lasciati in bella vista incatenati tramite un collare di ferro alla gogna, un muro o un palo posto di solito al centro di una piazza dove rimanevano legati per diversi giorni. In seguito la gogna divenne un
L’adulterio era un delitto che veniva punito con grande severità. Nell’illustrazione è mostrata una coppia colta in flagranza di reato e costretta a sfilare nuda per le strade, esposta al pubblico ludibrio.
sistema di tavole con cerniera in cui venivano inserite la testa e le mani del condannato, che rimaneva inginocchiato per giorni interi. Bambini e adulti avevano in questo modo la facoltà di tirargli addosso ogni specie di rifiuto, di maltrattarli fisicamente e perfino di ammazzarli. Per lo stesso motivo i cadaveri dei giustiziati erano esposti in luoghi ben visibili, e in alcuni casi venne eretto un patibolo speciale, come quello che esisteva nei dintorni di Parigi, il gibet di Montfaucon. Le esecuzioni pubbliche divennero tra gli intrattenimenti più seguiti nelle città medievali. Lo strazio del delinquente era una vendetta della giustizia, e così accadde pure con i capi dei templari francesi, dichiarati colpevoli e arsi vivi agli inizi del XIV secolo senza che avessero neppure preso coscienza di aver commesso qualche delitto.
Ogni pena capitale dava luogo a una messinscena in cui l’imputato era il protagonista, soprattutto se si trattava di personaggi di alto rango. In quel caso perfino la processione verso il patibolo acquistava una notevole solennità. L’anonimo autore di Journal d’un bourgeois de Paris descrisse in tal modo l’esecuzione di Jean de Montaigu, gran maestro del re Carlo VI di Francia, che il rivale, il duca di Borgogna, fece processare e condannare a morte nel 1409: «E il diciassettesimo giorno di ottobre, giovedì, il sopraddetto Gran maestro di sala fu posto su un carro, vestito con la livrea, una pellanda bianca e rossa, un cappuccio rosso e un altro bianco, speroni dorati, mani legate davanti e un crocifisso di legno tra di loro. Seduto in alto sulla carretta, con due trombe davanti a lui fu condotto al mercato. Lì gli tagliarono la testa».