Andy, Patti, N.Y. City C C
Formidabili Seventies... CRUDA E SUPER COOL, FATISCENTE E AL TOP DELLA CREATIVITÀ, MANHATTAN 40 ANNI FA ERA UNICA. NUOVI BESTSELLER E MEMORIE
ERTI MOMENTI NELLA VITA di una città diventano tali solo nel ricordo. Spesso è solo a distanza di molto tempo che acquisiscono una forma omogenea. New York verso la fine degli anni ’70 è quel genere di momento. Un’esplosione a catena di talenti in pittura, scrittura, scultura, poesia, punk rock e teatro. A Soho, nell’east Village, nel Lower East Side: gli stessi quartieri in cui i signori del mondo dell’arte e della cultura newyorkese – signorotti medioborghesi di pelle bianca, residenti nei quartieri bene – non avrebbero mai messo piede. Un irripetibile laboratorio di sperimentazione. E, allo stesso tempo, un postaccio da incubo, una gabbia di matti degna di novelli Hieronymus Bosch. Visioni e ricordi di chi c’era (e
non di rado anche di chi non c’era) tradiscono nostalgia e affetto: New York è una città aperta, e porta le sue cicatrici con un orgoglio evidente. Ma la verità è che a quell’epoca la città era un postaccio. Maledettamente diverso dalla città divertente, formato famiglia e molto addomesticata di oggi: ballava sull’orlo della bancarotta. La polizia latitava, la delinquenza spadroneggiava e interi quartieri erano praticamente inabitabili per mancanza di servizi. L’immondizia si accumulava per le strade. Secondo leggende metropolitane, i ratti raggiungevano dimensioni mostruose abbuffandosi della sozzura sparsa ovunque. «Sessanta centimetri dal naso alla coda!» mi disse, quasi con orgoglio, un residente dell’epoca. Probabilmente fu il periodo peggiore. Ma così come un adulto esagera nel rievocare i leggendari tre metri di neve della sua gioventù che probabilmen-
Romanzo Americano. Le loro storie si dipanano sullo sfondo della decadenza urbana. La New York del 1975 è infatti così prossima al crack che erano già pronti autoveicoli della polizia per notificare la bancarotta alle banche, i principali creditori. Solo un’ultima strenua impresa – convincere i sindacati a impegnare i fondi pensione dei loro membri contro prestiti per salvare la città – la scampa dal crollo finale. Ma i guai non sono finiti. Il 13 luglio del 1977, un micidiale cocktail di recessione economica, insopportabile e violentissimo temporale, infligge a New York la sua notte più buia. Letteralmente: la rete elettrica della città, sottofinanziata, male in arnese e peggio mantenuta, non regge la defaillance quasi simultanea di diverse centrali, provocata dai fulmini. Risultato: l’intera città, dal Bronx a Coney Island, piomba in un blackout di 25 ore, cui rapidamente rubano la scena le fiamme di oltre 1.600 incendi dolosi appiccati nei cinque distretti. Dilagano i saccheggi. In quella storica notte buia e tempestosa si svolge il climax del romanzo di Hallberg, un crescendo di violenza e distruzione. Se si pensa che è nato un anno dopo gli eventi da lui narrati, A lo scrittore rende il distopico caos con un’esattezza inquietante. DIFFERENZA DELL’IMBERBE SCRITTORE, in quegli anni la sacerdotessa regnante della new wave americana, Patti Smith, si trovava lì, al centro dell’effervescente ambiente artistico downtown. La sua nuova biografia, M Train (edizione italiana a maggio per Bompiani, ndr) è un percorso attraverso la sua città, ispirato a diversi suoi viaggi prima e dopo quel periodo, con molti momenti immortalati nelle