Lo stile dell’a.i.
Con l’artificial intelligence tra qualche anno, forse, scienza e design saranno un’unica disciplina.
SI CHIAMA SCRIBIT. Grazie a uno speciale inchiostro termosensibile scrive, cancella e riscrive all’infinito testi e disegni su muri e vetrate. Per farlo funzionare bastano due chiodini, una presa elettrica e una connessione internet. A premiare l’ultima invenzione firmata da un team interdisciplinare guidato da Carlo Ratti, direttore del Mit Senseable City Lab al Massachusetts Institute of Technology di Boston, è il record ottenuto dalla campagna di crowdfunding su Kickstarter. Lanciata quest’estate ha raccolto in pochi giorni oltre un milione e 300 mila euro per trasformare il prototipo in prodotto. La sfida? Creare un’interfaccia tra mondo fisico e digitale, affidando a un mini robot l’esecuzione di quello che Ratti definisce «un atto primordiale compiuto dall’umanità fin dai primi graffiti sulle grotte».
E questo è solo uno dei nuovi progetti che mettono in dialogo progettazione e ricerca tecnologica ricorrendo a un utilizzo di hardware e software a gradienti diversi, perché non tutto ciò che è innovazione porta necessariamente con sé complessità ingegneristiche. A volte è lo sguardo
del designer che rende un’impresa possibile, partendo da un approccio a misura di homo faber. Un esempio è il lavoro di ricerca dell’olandese Olivier van Herpt, tra i più applauditi a Design Miami/basel 2018, dove ha presentato una collezione di ceramiche in stampa 3D ispirate alla tradizione Delftware dei Paesi Bassi. Racconta: «Quando ho iniziato a studiare le potenzialità della stampa 3D per la ceramica, le stampanti formato desktop non erano ancora in grado di produrre oggetti di qualità, quelle industriali garantivano sicurezza nella produzione di manufatti per uso alimentare ma la loro produzione era ancora troppo costosa. Ho speso due anni a lavorare su una nuova stampante: partendo dall’argilla ho gradualmente risolto problemi importanti, come il crollo degli oggetti. All’inizio vasi e ciotole sembravano ruvidi, con strati fin troppo visibili. Affinando la tecnologia ora sono in grado di realizzare ceramiche alte fino a 80 centimetri e in pezzi unici, esattamente come fanno gli artigiani».
ANCHE LA GALLERY ALL, con sede a Los Angeles e Pechino, ha presentato un altro progetto interessante: Endless Form. A firmarlo è il designer cinese Zhang Zhoujie: una collezione di sedute, una diversa dall’altra, disegnata grazie a un software collegato a sensori in grado di registrare i punti di pressione del corpo umano. «Il computer dovrebbe svolgere un ruolo molto più importante nel design» afferma Zhang Zhoujie. «È eccitante vedere che cosa può progettare L’A.I. (artificial intelligence). In futuro, possiamo persino immaginare che la macchina possa riuscire a progettare qualcosa a cui le persone non hanno mai pensato». E il mondo corre in avanti.
A Londra, Benjamin Hubert, talento internazionale dell’industrial design, fondatore dello studio Layer, ha lanciato quest’anno Trove, un dispositivo indossabile per l’archiviazione e la gestione dei Bitcoin. Dal Giappone agli Stati Uniti, aziende hi-tech e designer si misurano nel campo della robotica, lasciandoci già immaginare che cosa potrebbe significare vivere accanto a un pet artificiale. Mentre Ikea e la Nasa hanno firmato un progetto piuttosto ambizioso dando vita a una collezione ispirata alla vita nello spazio: «Vogliamo imparare da scenari estremi e ricollegarli alla terra, concentrandoci sull’urbanizzazione e sul vivere in spazi ristretti» afferma Siri Skillgate, uno dei cinque protagonisti coinvolti nel progetto che vedrà la luce nel 2020, quando design e scienza (forse) saranno la stessa cosa.
L’ARTIFICIO è COMBINARE TECNOLOGIA PNEUMATICA ED ELETTRICA PER LA PRODUZIONE DI UN SISTEMA DINAMICO. ED è SOLO UN ESEMPIO