Daniel Lozakovich
«Ammiro i grandi conduttori, ma adoro Bach e la boxe»
MIA MADRE SOGNAVA che « diventassi un tennista, e siccome amavo cantare mi mandò in una scuola di musica, con ottimi impianti sportivi: tu iscriviti a pianoforte, mi diceva, e poi fai più tennis che puoi. Quando sono entrato, per la prima volta in vita mia ho preso in mano un violino. E non l’ho mai più abbandonato». Lozakovich, a 17 anni è oggi uno dei più richiesti, e ammirati, solisti in circolazione. Considerato un fenomeno, ha appena pubblicato il primo album solista con la Deutsche Grammophon. Il timbro delle sue esecuzioni da Bach è di impressionante maturità; ma quando parla (se l’attentissima mamma di cui sopra dà il via libera) la voce è ancora quella di un fanciullo. Ma dalle idee assai chiare.
«Ho sette radici diverse, e una cittadinanza svedese: da mia madre, nata nel Kirghizistan, ho sangue uzbeko, tartaro, ebreo di Bukhara; da mio padre, un mix russo, bielorusso, ucraino. Sono un cittadino del mondo, molto cocciuto».
«Diventare un vero musicista è un lavoro infinito: i miei miti sono conduttori come Carlos Kleiber, Bruno Walter, Wilhelm Furtwängler».
L’ibrahimovic del violino? «Il mio maestro a Ginevra mi chiama “Loza”, come fossi “Ibra”, e mi fa ridere. Però se devo ispirarmi a grandi atleti, scelgo pugili come Gennady Golovkin e Vasily Lomachenko. Pratico la boxe, sport ideale per un violinista: spalle e cervello, coordinamento e reattività. Come il grande solista russo Vladimir Spivakov, un maestro della disciplina. Una volta mi è servito anche a difendermi da un idiota...».