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ON A CASO parecchi dei 76 artisti invitati (nessun italiano) sono andati a Kochi a realizzare installazioni sitespecific che coinvolgono locali, studenti, giovani, creativi; per esempio Barthélémy Toguo era in Kerala già alla fine di ottobre per preparare la sua opera e impegnarsi in una serie di dialoghi e incontri pubblici. Per il resto, nessuna discriminante di età, generazione o fama; Dube ha scelto chi le piace e condivide le sue posizioni, da figure ampiamente storicizzate e famose nel mondo (come Shirin Neshat, Valie Export o Wiliam Kentridge) a personalità quasi ignote fuori dal contesto locale, come il bengalese Bapi Das. Prevedibilmente, buona parte degli artisti appartiene allo sterminato e affascinante mondo indiano, ancora relativamente poco conosciuto altrove.
L’india contemporanea, infatti, non è più il Paese dei baba e dei fricchettoni ma la più grande democrazia della terra, dove convivono decine di lingue, tradizioni, culture e religioni diverse e dove si stanno giocando alcune fra le sfide di vita e di civiltà più importanti a livello globale, dall’ambiente alla società civile. Interessantissimo, per esempio, il lavoro di Sunil Janah, il più importante fotografo e documentarista dell’indipendenza e del Primo ministro (dal 1947 al 1964) Jawaharlal Nehru; il giovane, straordinario disegnatore Prabhakar Pachpute ritrae invece in immagini intense e sempre sorprendenti il lavoro dei nuovi schiavi ispirandosi alla realtà mineraria della sua città, Chandrapur; Sunil Gupta e Charan Singh propongono fotografie di Delhi e della composita moltitudine che la abita, specie queer e omosessuali (esserlo era reato fino a pochi mesi fa quando un illuminato giudizio della Corte Suprema ha cancellato questa atavica discriminazione); infine Subhash Singh Vyam e Durgabai Vyam hanno trasformato in illustrazioni lo stile originalissimo dei loro avi, il popolo dei Gondi.
Oltre alle opere però, parte significativa delle nove location della Biennale sparpagliate per tutta la città è dedicata all’incontro: «Poniamo domande critiche e chiediamo di farlo anche agli altri, nella speranza di un dialogo» conclude Anita Dube. Per questo, accanto alla mostra è di scena una Biennale degli Studenti, un programma di residenze internazionali, un «laboratorio della conoscenza» (al Pavilion at Cabral Yard) e un intenso calendario di workshop.