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EGITTO, come altri Paesi arabi del Mediterraneo, è una realtà in continuo movimento e trasformazione, caratterizzata da processi sorprendenti per la loro velocità anche nel cambiamento. Un cantiere aperto, che deve ripartire dalle esperienze del passato.
L’hip hop, da parte sua, ha evidenziato che i rapper locali sanno guardare avanti. Non sono dei cloni dell’omologa scena statunitense: non usano mai il turpiloquio, parlano raramente di sesso, sono rispettosi nei confronti delle donne e non fanno dell’ostentazione della ricchezza (collane d’oro e macchine di lusso) un must irrinunciabile. Musicalmente si fanno notare per l’utilizzo di strumenti tradizionali come l’oud o il flauto egiziano che intrecciano spesso con beat medio-orientali. In comune con la scena afroamericana il rap arabo conferma però di essere un modo nuovo per esprimersi, vicino alla strada e in grado di convogliarne gli umori e le frustrazioni.
Il rap usa uno stile oratorio e i rapper raccontano in una maniera diretta che decapita i sotterfugi politici. Rappando si può simulare un comizio o un’invettiva, convenzioni retoriche che sono generalmente inaccessibili alla gioventù marginale che forma la base di questo movimento. In Egitto, come negli altri Paesi del Maghreb, i rapper sono diventati quasi dei rappresentanti politici, e i giovani si fidano della loro voce anche perché non sono entrati direttamente nell’arena dei politici di professione. In compenso si fanno sentire ovunque: il rap sbuca in modo virale da ogni social media, dalle suonerie dei telefonini, dagli mp3 e dai mixtape. La musica è diffusa direttamente via internet, principalmente su Youtube, Facebook e Twitter.
I MUSICISTI SONO SBUCATI dal nulla. Si sono goduti l’improvvisa libertà di produrre musica in proprio e metterla poi nei media internazionali. Il successo, in alcune realtà, ha consentito addirittura la nascita di etichette specializzate, come la Revolution Records di Alessandria, la prima label egiziana dedicata alla scena musicale underground, per cui oggi incidono Ahmed Rock, Rooney Hoodstar e Amr C-zar. Musicalmente la scena è in movimento e anche qui è sbarcata la trap, che ha i suoi mentori in Marwan Pablo (ottima la recentissima El 8olaf x Ozoris) e Lege-cy, apostolo di un mix di trap e R&B. Accanto all’hip hop si sono sviluppate espressioni culturali collaterali come le crew di parkour e di skateboard, e sono numerosi gli artisti legati alla street art.
Dal 2011 i muri del Cairo raccontano la storia di un Paese alla ricerca di se stesso, fra passato e presente. In questo quadro gli artisti e designer Don Karl e Basma Hamdy hanno raccolto in un volume chiamato Walls of freedom le testimonianze, lasciate sui muri delle città egiziane, del coraggio e della resistenza, della speranza finalmente accarezzata, ma anche dei drammi e dei nuovi incubi. Numerosi i graffiti che hanno reso omaggio a Giulio Regeni, tra questi gli stencil dello street artist iahmed. Ritraggono il volto sorridente di Giulio, incorniciato da un cammeo di parole d’amore rubate al poeta siriano Nizar Qabbani. L’hip hop e il suo popolo non si è arreso...