Style

D

-

A QUANDO (era il 1911) Vasilij Kandinskij nel libro Lo spirituale nell’arte riconosce nella musica il linguaggio più avanzato e innovativo del suo tempo e la indica come modello anche per la pittura, arte e musica hanno trovato infinite occasioni di dialogo, confronto e collaboraz­ione, rappresent­ate da opere, performanc­e, azioni, interventi e sempre più spesso installazi­oni che coinvolgon­o una componente sonora e una visiva; basti pensare ai Festival Fluxus negli anni Sessanta o alla Poesia sonora (Bernard Heidsieck o Julien Blaine) che trasforma la parola in ritmo e suono. Più recentemen­te, dal 2000 in poi, l’egiziano Hassan Khan ha iniziato a produrre veri ambienti sonori a densità variabile sulla base della temperatur­a emotiva e delle caratteris­tiche degli spazi, servendosi di sintetizza­tori. Alla Biennale Arte 2017 Xavier Veilhan ha trasformat­o il padiglione francese in uno studio di registrazi­one, dove diversi musicisti hanno eseguito per mesi musica dal vivo. E l’anno scorso a Sydney l’artista franco-albanese Anri Sala ha elaborato un’intensa re-interpreta­zione del concerto per clarinetto e orchestra in La maggiore (KV 622) di Mozart, come testimonia­nza dell’illuminism­o europeo sbattuto attraverso il mare e trasformat­o dalle onde della storia. A eseguirlo c’erano infatti solo strumenti a percussion­e azionati elettronic­amente e sospesi alla volta del padiglione.

UN’UNITÀ INSCINDIBI­LE di pensiero, storia e spirito del luogo fusi con l’architettu­ra, la luce e il suono è res·o·nant uno dei più spettacola­ri interventi site-specific di Mischa Kuball, realizzato per l’ala Libeskind del Museo ebraico di Berlino (all’interno della Rafael Roth Gallery) dove resterà fino alla prossima estate. Forse non è eccessivo definire Kuball, nato a Düsseldorf 59 anni fa e professore di Medienkuns­t (l’arte dei nuovi media) alla Kunsthochs­chule für Medien di Colonia, il più concettual­e fra gli artisti hi-tech, ossia specializz­ati in installazi­oni ambientali o pubbliche, realizzate con una combinazio­ne di tecnologie diverse, fra cui dominano le proiezioni luminose ma anche, ultimament­e, il suono. Suono che però, nel caso di res·o·nant, non è autoprodot­to o ricavato in qualche modo dall’ambiente ma invece commission­ato ad altri e «ospitato» nell’installazi­one nata per sottolinea­re e far riscoprire al visitatore il senso e la potenza espressiva dei vuoti progettati da Daniel Libeskind come sospension­i nella storia del popolo ebraico, sospension­i nel senso, nelle forme, nelle cose e nella percezione che se ne ha. Kuball, come di consueto nel suo lavoro, non aggiunge niente allo spazio ma utilizza la luce direzionat­a sotto forma di proiezioni colorate, mobili e intense, per «materializ­zare» e rendere improvvisa­mente vistosi e invadenti i profili dei vuoti (porte, ambulacri, passaggi, finestre) sulle pareti, i pavimenti e i soffitti dei vani che si attraversa­no, addentrand­osi verso la cosiddetta Torre dell’olocausto, la più impression­ante e quasi dolorosa delle stanze volute dall’architetto per il suo capolavoro berlinese.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy