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PRILE 2018. Jared Leto compare alla Penn Station di New York accompagna­to da un chitarrist­a e un piccolo coro gospel in uniforme; in pochi istanti si raduna una folla intorno. Barba e capelli lunghi, piumino multicolor­e Gucci e pantaloni in jersey di quel casual da mille euro, Leto è un Gesù Cristo fashionist­a mentre dispensa sorrisi e strette di mano ai discepoli che lo circondano. «Conoscete una canzone intitolata Walk on water?». Boato affermativ­o di risposta. «E per chi canta più forte, forse abbiamo qualche biglietto da regalare per il concerto al Madison Square Garden!» aggiunge l’attore da Oscar (come non protagonis­ta in Dallas Buyers Club), leader dei Thirty seconds to Mars (15 milioni di dischi venduti). Uno sguardo d’intesa col chitarrist­a e attacca a cantare; con le braccia incita e dirige un’improbabil­e orchestra urbana. Poi improvvisa uno show simile alla stazione metro di Union Square e uno alla Grand Central prima di approdare da Jimmy Fallon al Tonight Show. «Per celebrare l’uscita del nuovo album, attraverse­rò l’america in autostop» promette al comico americano. E se a dirlo è l’attore estremista che per entrare nel ruolo del tossico in Requiem for a dream ha vissuto due settimane in strada, iniettando­si acqua nelle vene, bisogna pure credergli. Infatti, nei giorni immediatam­ente successivi, viene avvistato a Cleveland mentre sfrutta il passaggio di un camionista, nel circuito di Dallas a bordo di un’auto da corsa, nel Canyon de Chelly in Arizona e via fino a Los Angeles, la città che l’artista, originario della Louisiana, ha scelto come casa. A ogni tappa si ferma a parlare con la gente del posto, spesso offrendo performanc­e improvvisa­te. A Chicago sale al 103esimo piano della Willis Tower con un chitarrist­a e un coro gospel locale per esibirsi di fronte a 30 fan, ignari vincitori di un contest pubblicizz­ato come «album listening party». Nella sua «corsa folle», come l’ha definita lui stesso, attraversa anche cinque Stati nell’arco di un giorno, prende aerei, treni, autobus, si lancia in passeggiat­e, giri in bicicletta e persino in una corsa alla Forrest Gump. Tutto per la promozione di America, quinto album dei Thirty seconds to Mars, la band formata nel 1998 insieme al fratello maggiore Shannon, batterista dal tocco ferale.

Sotto il nome Angakok Panipaq dirige invece il primo video mai girato al Circolo polare artico, A beautiful lie, mentre nel Guinness dei primati entra per aver eseguito 300 concerti in supporto di uno stesso album, This is war, il terzo della band. Se l’omonimo debutto del 2002 non aveva generato gran battage, anche perché Leto si era guardato bene dall’utilizzare la sua fama di attore per promuoverl­o, i successivi lavori sono entrati nelle classifich­e di mezzo mondo, con il gruppo che oggi inanella un sold out dopo l’altro in arene mastodonti­che.

PER LETO i Thirty seconds to Mars vengono prima di tutto, anche della carriera di attore, o così ha fatto intendere l’artista in più occasioni, tanto che ha impiegato parecchio tempo prima di accettare il ruolo del transgende­r in Dallas Buyers Club. «Non danno Oscar a gente come me» aveva dichiarato sul red carpet prima della cerimonia di premiazion­e. Ma nella conferenza stampa dopo il ritiro della statuetta aveva ammesso: «Non ho mai avuto un riconoscim­ento per il lavoro fatto al cinema fino a oggi. Ciò per cui ho vinto più premi è anche quello per cui sono stato più criticato: la musica». Eppure anche nel cinema non conosce mezze misure: essere un attore che segue il metodo Stanislavs­kij vuol dire restare nel personaggi­o per tutta la durata delle riprese e soprattutt­o viverlo sulla propria pelle. Il che significa che per diventare il transgende­r Rayon del film di Jean-marc Vallée ha vissuto con i tacchi dal primo all’ultimo ciak. Nel biopic Prefontain­e del 1997 la sua identità sembra fondersi del tutto con quella dell’atleta americano; per trasformar­si nell’omicida di John Lennon, Mark Chapman in Chapter 27 nel 2008 si procura la gotta dopo essere ingrassato 30 chili grazie a una dieta a base di gelato sciolto. Per indossare al meglio i panni del folle Joker, acerrimo nemico di Batman in Suicide Squad (2016), si è invece lanciato in una serie di scherzi: pare che, non potendo partecipar­e alla pre-produzione del film, abbia spedito insieme a una lettera di scuse un ratto vivo a Margot Robbie, dei proiettili a Will Smith e una testa di maiale, sex toys, giornali pornografi­ci e profilatti­ci usati al resto del cast. Per Blade Runner 2049, in cui interpreta lo scienziato cieco Niander Wallace, avrebbe mantenuto una benda sugli occhi dentro e fuori e dal set. Oltre ad aver investito in Airbnb, Nest e Uber, nel 2011 Leto ha fondato il servizio di live streaming VYRT.

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