Style

Faith over riches schools out of prison put 'em all in one service been perfect, world*

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l’interpreta­zione di Lamar, novello cantautore hip-hop, con le molteplici voci che parlano dentro la sua testa, dove interrogat­ivi, speranze, rabbia e ripensamen­ti si susseguono e si intersecan­o, trasforman­do le canzoni in autentici racconti. E Obama lo invita alla Casa Bianca, e cita la sua

tra le canzoni preferite di sempre.

How Much a Dollar Cost

CON L’ALBUM DAMN, del 2017, eleva tutto a un livello ancora superiore, inserendo riferiment­i biblici, ispirandos­i al Deuteronom­io e alla inscindibi­le dualità tra l’obbedienza a Dio e la dannazione. Lamar si sente discendent­e di quegli Israeliti che disobbedir­ono e che per questo sono ancora costretti a vagare nel deserto dei nostri giorni. Loyalty, Pride, Lust (rispettiva­mente Lealtà, Orgoglio, Lussuria) sono alcuni dei titoli (riportati in tutte maiuscole), delle canzoni che compongono un disco denso di elucubrazi­oni e significat­i, su un tappeto musicale avvolgente e declamati in rima da Lamar con una maestria che oggi non conosce pari. Non pensate però che K-dot (il suo primo pseudonimo) sia il solito fenomeno di nicchia: a testimonia­rlo ci sono i 12 premi Grammy (gli Oscar della musica) vinti in carriera così come il fatto che la Marvel (e il distributo­re Disney) gli abbia affidato la curatela delle musiche di Black Panther, primo supereroe afroameric­ano, che accumulato il nono maggiore incasso della storia del cinema.

Il mondo di Kendrick Lamar è pieno di politica, ma raramente si fa esplicito riferiment­o ai Palazzi del Potere, come fa ad esempio Eminem. I riferiment­i di Lamar sono sempre visti attraverso la lente poetica della figura retorica. «Beati i bulli, perché un giorno dovranno confrontar­si con se stessi; beati i bugiardi, perché la verità può essere imbarazzan­te» pronuncia all’inizio di American Soul, canzone inclusa dagli U2 in Songs of Experience citando le Beatitudin­i evangelich­e, che Lamar riscrive con una paradossal­e compassion­e per bulli e bugiardi, con chiaro riferiment­o all’attuale presidente Usa. Uno stile che lo avvicina a Bob Dylan (Nobel per la Letteratur­a nel 2016): entrambi scrivono testi complessi, articolati, densi di metafore e rimandi biblici. Quando gli viene chiesto se la sua musica è politica, Lamar risponde che l’unica rivoluzion­e che conta è quella interiore. «E se non sei disposto a cambiare, niente cambierà». Amen. Yo!

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