La leggerezza del baby I
DI FIORENZA BARIATTI - FOTO DI FEDERICO MILETTO - STYLING DI GIOVANNI DE RUVO
L BABY CASHMERE è un tessuto raro, un filato dalla leggerezza unica. «Viene realizzato nella Mongolia interna, ancora oggi con tecniche arcaiche, pettinando i capretti, che solo a sei mesi d’età producono la lana necessaria a ottenere una fibra più morbida e fine del cashmere adulto» così da Pal Zileri comincia il racconto su questa fibra tanto rara quanto rinomata. Come se si sfogliassero le pagine di un libro illustrato, si scopre che laggiù, nella terra che fu di Gengis Khan e dove oggi si registra la densità di popolazione più bassa del mondo (non si arriva neppure a due abitanti per chilometro quadrato), «i pastori seguono gli animali che vivono liberi in accordo con i ritmi della natura, adottando un metodo di lavoro tradizionale e rivoluzionario, che produce il bello in rispetto dell’ambiente, rendendolo buono secondo l’ideale classico».
Una volta raggiunta l’italia, il Baby Cashmere «cade» nelle mani di chi le lane le tratta, le lavora e ne fa tagli per abiti, cappotti, maglie... incontrando infine la matita e le idee sofisticate di Rocco Iannone, direttore creativo della griffe vicentina, l’uomo che qui ha ridefinito la tradizione sartoriale maschile. Il suo guardaroba «rompe l’ortodossia del dogma borghese evitando stridori e compiacimenti. Usa il colore, vigoroso e vibrante, per esprimere carattere e personalità pacata ma ribelle, scegliendo con poetica esattezza le palette che meglio si adattano». E quando la sua creatività tocca la morbidezza del Baby Cashmere diventa una capsule collection: una triade di capispalla (cappotto, blouson e giacca) declinati in sei toni di colore le cui definizioni già definiscono un’altezzosità propria della materia preziosa di cui sono fatti. Grigio antracite, blu navy, cioccolato, ottanio, ruggine e oliva: «Il colore, presente e vibrante, è esaltato dal tatto, dalla grana eccellente della stoffa. E i sensi sono stimolati all’unisono». Non a caso nel défilé dell’autunno-inverno soprabiti e paltò avevano nel taschino una piuma: simbolo di leggerezza e morbidezza.