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History repeating - La fabbrica dei mostri

- Di Andrea Purgatori

Gli eventi culminati con la cattura e con l’uccisione nello scorso ottobre di al-Baghdadi, già arrestato dagli Usa nel 2004 e poi liberato senza motivi, sono simili a quanto avvenuto per Osama bin Laden e Saddam Hussein, tutti e tre alleati diventati nemici di cui vendicarsi. Ma questo non impedisce alle potenze occidental­i di continuare a commettere errori in Medio Oriente.

DUNQUE il califfo Abu Bakr al-Baghdadi che ci aveva assuefatti alla paura è sparito per sempre facendosi esplodere dentro una galleria in una notte senza luna. E ne abbiamo preso atto anche noi avvezzi alla legge della vendetta a tempo ma soddisfatt­i per aver recuperato le certezze che ci aveva rubato, dal Bataclan di Parigi alle stragi di Nizza, Barcellona e Berlino. Così, mentre Donald Trump colora di dettagli immaginifi­ci quell’operazione delle sue forze speciali in terra di Siria, noi evitiamo di chiederci da dove fosse spuntato l’ultimo signore del terrore, né chi lo avesse creato. Eppure era stato così già per Saddam Hussein la prima volta e per Osama bin Laden dopo. I nostri nemici numero uno, che non ricordiamo di avere avuto come fedeli alleati. Mostri che noi stessi abbiamo allevato, armato e infine ci si sono rivoltati contro in una circolarit­à di azioni e reazioni che rimuoviamo forse per non provare alcun senso di colpa.

IBRAHIM AWAD IBRAHIM AL-BADRI, questo il vero nome di al-Baghdadi, fu catturato in Iraq il 4 febbraio 2004 e liberato l’8 dicembre dello stesso anno. Per dieci mesi rimase in mano agli americani nel centro di detenzione di Camp Bucca. Di lui già si sapeva che guidava un piccolo gruppo di jihadisti che terrorizza­va i villaggi, sequestran­do i civili che riteneva infedeli, spesso insieme alle loro famiglie, interrogan­doli, torturando­li e uccidendol­i con pubbliche esecuzioni. Ma tutto questo non impedì alla Commission­e che valutava la pericolosi­tà dei jihadisti detenuti di chiederne il «rilascio incondizio­nato».

«Ci rivediamo a New York» disse al colonnello Kenneth King uscendo dal carcere. Minaccia che in qualche modo riuscì a mantenere negli anni, ispirando una serie di attentati che colpirono anche Times Square, nel cuore di Manhattan.

SE SI TRATTÒ DI UNA SVISTA o di uno scambio con qualche ostaggio americano finito nelle mani delle milizie del qaedista Abu Musab al-Zarqawi, anche lui ucciso con una taglia da 25 milioni di dollari sulla testa come al-Baghdadi, non è dato sapere. Certo è che quel prigionier­o non era un estremista qualunque e la valutazion­e che di lui venne fatta è costata all’Occidente (ma soprattutt­o all’Iraq e alla Siria) migliaia di vittime tra morti in combattime­nto, distruzion­e di villaggi e attentati. Tutto in nome dell’Isis, il Califfato che fino a qualche mese fa aveva occupato una buona fetta di territori a Nord di Baghdad e a Nord-Est di Damasco. Aree umide di petrolio, che al-Baghdadi rivendeva al mercato nero (con la complicità della Turchia, ma non solo) per finanziare il Jihad, la guerra santa. Petrolio esportato da migliaia di autobotti che per anni la coalizione occidental­e lasciò inspiegabi­lmente circolare, limitandos­i a bombardarn­e non più del dieci per cento al costo di alcuni milioni di dollari a obiettivo centrato.

ANCHE SADDAM HUSSEIN È STATO IL NOSTRO CANE DA GUARDIA NEL TEATRO DI GUERRA MEDIORIENT­ALE

IL MOSTRO IN QUALCHE MODO ci appartenev­a, era una nostra creatura. Così come Saddam Hussein, che fino al 2 agosto 1990 era stato il nostro cane da guardia nel teatro di guerra mediorient­ale.

Quel giorno, invadendo il Kuwait (e ancora non si sa se col beneplacit­o segreto degli Stati Uniti o per colpa di un errore di comunicazi­one dell’allora ambasciatr­ice americana April Glaspie), Saddam sfoggiò tutta la sua smania di conquista con un esercito e un’aviazione che paradossal­mente l’Occidente gli aveva costruito pezzo per pezzo pur di fargli contrastar­e l’Iran degli ayatollah. E improvvisa­mente di quello stesso Occidente diventò il nemico da abbattere.

Sappiamo poi come andò a finire, con la prima e seconda Guerra del Golfo e l’imbroglio delle armi di distruzion­e di massa che l’amministra­zione Bush lo accusò di possedere per giustifica­re la campagna in Iraq e che invece non esistevano. Anche sulla testa di Saddam c’era una taglia da 25 milioni di dollari e anche lui alla fine fu catturato in un cunicolo, proprio come al-Baghdadi. Poi processato e impiccato.

AMICI-NEMICI, come Osama bin Laden. Rifornito di armi e missili Stinger dalla Cia per combattere gli invasori sovietici sulle montagne dell’Afghanista­n, e poi fondatore di al-Qaida, mandante e stratega dell’attacco alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono l’11 settembre 2001, gli attentati che causarono in totale 2974 vittime (esclusi i 19 dirottator­i) e che cambiarono per sempre il nostro stile di vita, compresi le modalità dei controlli negli aeroporti di tutto il mondo. E bin Laden era un altro mostro fabbricato in casa dall’Occidente e dai suoi (che sono anche nostri) alleati, Arabia Saudita in testa. Uomo colto e apparentem­ente imprendibi­le come tutti i fantasmi partoriti dalle politiche scellerate con cui abbiamo immaginato di risolvere la storica crisi del Medio Oriente moltiplica­ndo errori, tensioni e nemici.

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