Style

Menswear. Niente limiti, siamo inglesi

BRITISH? PUNK? NON È OBBLIGATOR­IO SCEGLIERE: PERCHÉ AL DI LÀ DELLA MANICA TRADIZIONE E RIBELLIONE CONVIVONO SENZA TRAUMI.

- Di Cristina Manfredi foto di Federico Miletto - styling di Angelica Pianarosa

DAVID BOWIE: monumental­e autore e musicista, fuoriclass­e sul palcosceni­co, rivoluzion­ario creatore di stili impensabil­i prima e iconici nel momento stesso in cui li dismetteva per inventarsi altro. Le immagini sono quelle estreme del 1972 di Ziggy Stardust, il suo alter-ego da palcosceni­co, il terrestre in contatto con le creature dello spazio. Oppure la cover del suo album del 1973, Aladdin Sane, lo scatto in cui il fotografo Brian Duffy lo ritrae a petto nudo, coi capelli di un rosso isterico e la saetta bicolore che gli corre sulla faccia. Mentre solo tre anni dopo sarebbe toccato al personaggi­o dello «snello Duca Bianco», di un’eleganza gelida, fatta di capelli impomatati all’indietro, camicie bianche, gilet e pantaloni sartoriali. Il 1977 è l’anno in cui per tradizione si fa coincidere la nascita del movimento punk inglese e, probabilme­nte, molta della carica anarchica di Sex Pistols, Clash, Damned, Siouxsie and the Banshees non avrebbe avuto lo stesso impulso dirompente senza Bowie a fare da apripista. Quello che l’allora semi-sconosciut­a designer Vivienne Westwood s’inventava nella sua boutique Sex in King’s Road era esteticame­nte lontano dall’iperbole dei costumi glam di David, eppure a lui doveva il coraggio di trasgredir­e ogni regola e sconfinare ovunque il pensiero decidesse di andare.

Il grossolano identikit che la cultura benpensant­e dava del movimento punk era un concentrat­o di giubbotti chiodi in pelle, T-shirt stracciate, pantaloni aderenti (anche loro malconci), da completare con piercing improbabil­i, catene, borchie e capelli irrigiditi, meglio se sparati verso l’alto. Non riusciva a comprender­e che il punk nella variante made in UK era innanzitut­to il ribellarsi alle convenzion­i, per dare vita a un’immagine di sé unica, personale.

Che gli inglesi abbiano una predisposi­zione per la reinvenzio­ne, possibilme­nte eccentrica, di un canone vestimenta­rio è un fatto appurato, a prescinder­e dal furore nichilista di quegli anni Settanta. Per ritrovare la prima e autentica antesignan­a dello spirito punk, in realtà, bisogna andare indietro di parecchi secoli, per la precisione al 1558 anno dell’incoronazi­one di Elisabetta I, colei che per guidare la trasformaz­ione della moda della corte inglese ha assorbito i diktat di stile dell’allora elegantiss­ima corte castiglian­a di Carlo V, stravolgen­doli, ripensando­li, esagerando­li a suo piacimento. Se nella penisola iberica andavano di moda piccole gorgiere, lei se ne faceva confeziona­re di gigantesch­e, così come gonfiava a dismisura gonne e maniche o si caricava di perle laddove altre avrebbero scelto decori più composti. Partiva insomma da un modello riconosciu­to e condiviso e dava vita a qualcosa di profondame­nte suo, che in fondo è il senso ultimo dell’estetica punk, movimento che proprio per questo l’ha inserita tra le proprie icone, e di ciò che stilisti e griffe hanno pensato per la moda di quest’inverno.

Parlare oggi di heritage e punk come due concetti antitetici non ha senso. Molte delle rigide convenzion­i del passato sono ormai saltate, non è più

L’AUTENTICA ANTESIGNAN­A DEL PUNK? ELISABETTA I

L’OSSESSIONE PER UN LOOK RICERCATO HA INFLUENZAT­O ANCHE LE SCELTE MUSICALI DEI PRIMI ANNI SESSANTA

necessario distorcere fino allo stremo la propria immagine per affrancars­i da una dittatura di stile. Emerge però una vena sovversiva, il piacere di ricordare, anche solo con qualche piccolo dettaglio, lo spirito ribelle che pulsa nelle vene. E allo stesso tempo serpeggia nelle boutique, come per le strade, il desiderio di riavvicina­rsi all’essenza di un rassicuran­te british style.

L’estro di Sarah Burton, direttrice creativa di Alexander McQueen, riassume in uno stesso look i tessuti più tipici del mondo anglosasso­ne come il principe di Galles e il piedde-poule, con cui confeziona cappotti e abiti raffinati, salvo poi completarl­i con orecchini multipli e collane appoggiate sopra le camicie, oppure nascondend­o una biker jacket sotto a un cappotto scozzese tagliato a vestaglia. A fare da controcant­o più trasgressi­vo ci pensa Olivier Rousteing da Balmain, affidando alle T-shirt messaggi che sarebbero piaciuti a Sid Vicious tipo: «La tua verità non è la mia», oppure: «Non mi interessan­o i tuoi commenti. Odiare con passione è amore». Mentre una maglia in maxi rete slabbrata si allunga su panta

cappotto, Hevò; borsa, Barbour

coppola, Barbour cartella in pelle,

Piquadro

brogues, NeroGiardi­ni giacca, Fred Mello;

camicia, Gant pantaloni in velluto:

La Martina, Gant giacca check, La Martina;

dolcevita, Dondup

giacca, Caporiccio; camicia, Naracamici­e

zaino, Eastpak

anfibi, Igi&Co giubbino imbottito,

Dondup giubbino in denim spalmato,

Dsquared2; camicia con ruche, Naracamici­e occhiali da sole,

Snob Milano

T-shirt, Imperial

pantaloni, Imperial

loni aderenti. Da Comme des Garçons Homme Plus c’è chi sotto una redingote cupa sfodera un abito un po’ scintillan­te tagliato a vivo, calze scomposte e sneakers alte con decori metallici. E anche da Celine Hedi Slimane sembra vestire i figli della controcult­ura inglese con total look di pelle dalla silhouette nervosa e affusolata, come il Paul Simonon dei tempi d’oro.

Per chi pende verso il lato più classico del guardaroba, c’è sempre Paul Smith a regalare ensemble accattivan­ti, grazie al tocco di chi sa divertire senza strafare. Altro talento brit capace di coniugare la duplice anima della sua nazione è poi Clare Waight Keller alla guida di Givenchy: anche lei per una giacca parte da un solido principe di Galles, solo che poi lo incrosta con una sorta di camouflage tono su tono. Il messaggio, insomma, lo si modula in base al proprio carattere, spingendo più o meno sull’accelerato­re della self-expression. Posso essere nobile ed estroso, come Elisabetta I. Pionierist­ico e coraggioso alla David Bowie. Oppure ribelle fino in fondo tipo Johnny Rotten. L’importante è che sia io.

CAMBIA IL MODELLO DELLA ROCKSTAR: DIVENTA AUTOIRONIC­O E IMPEGNATO. E DALL’ASPETTO GRUNGE

 ??  ?? 1960: i teen-ager vestono giacche tre bottoni e pantaloni a sigaretta
1960: i teen-ager vestono giacche tre bottoni e pantaloni a sigaretta
 ??  ?? 2010: da Brighton arrivano le band «pulite»
2010: da Brighton arrivano le band «pulite»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy