Scienza - Il paradosso di Salomone
SEMBRA CHE CHI POSSIEDE UN QI PIù ALTO SOFFRA MAGGIORMENTE DI ANTI RAZIONALITà.
IL MONDO va male perché è in mano ai mediocri, oppure è colpa degli errori di valutazione fatti dagli «intelligenti»? Per spiegare scelte sbagliate in campo politico (come la Brexit o alcuni recenti risultati elettorali) o ambientalista, molti hanno invocato il cosiddetto effetto Dunning-Kruger, secondo il quale le persone scarsamente preparate (in particolare uomini e di ceto superiore) tendono a sovrastimare la propria competenza e votano di conseguenza. Contribuendo, di fatto, all’affermazione della mediocrazia: il governo dei mediocri. Secondo gli esperimenti di psicologia sociale di David Dunning e Justin Kruger, condotti al volgere del millennio, le persone mediocri non dispongono delle doti di metacognizione necessaria a valutare obiettivamente le proprie capacità, mentre le persone competenti tendono a considerare facili per chiunque nozioni che padroneggiano abitualmente, quando è vero il contrario e quindi sottostimano la propria intelligenza. Come da antico detto (riportato da William Shakespeare in Come vi piace): «Lo stolto si crede saggio, ma il saggio sa di essere stolto». Ai mediocri mancherebbe la capacità di autocritica, mentre gli intelligenti, maggiormente assaliti dal dubbio, avrebbero meno coscienza delle proprie qualità. Ma la cosa non finisce qui: la storia è anche costellata di persone molto smart che hanno compiuto scelte disastrose.
IL FENOMENO è chiamato il paradosso di Salomone, il mitologico re tanto saggio nella vita pubblica quanto dissennato (per appetiti sessuali e generale inclinazione alla dissolutezza) nella vita privata. Recentemente infatti gli scienziati della cognizione hanno studiato il fatto che le persone più intelligenti della media spesso compiono decisioni disastrose riguardanti la propria esistenza (il manager che scappa con la babysitter e perde tutto, il biologo che accetta all’aeroporto una valigia piena di cocaina da una donna conosciuta in vacanza e viene arrestato, e così via), molto più che non le persone comuni. È l’affascinante tema di un libro uscito quest’anno in Inghilterra, The intelligence trap: why smart people do stupid things and how to make wiser decisions (La trappola dell’intelligenza. Perché le persone brillanti fanno cose stupide e come prendere decisioni più sagge), scritto dal giornalista della Bbc David Robson. Per esempio all’università di Leeds hanno creato una scala di competenza nelle decisioni che compiono gli adulti e hanno visto che gli individui con quoziente intellettivo più alto tendono a soffrire maggiormente di questa forma di «antirazionalità» decisionale.
LO PSICOLOGO sperimentale canadese Keith Stanovich ha osservato che gli studenti più brillanti tendono a sottostimare la propria esposizione a pregiudizi e inconsistenze logiche, un tratto universale della mente umana, come ci insegnano le ricerche di psicologia comportamentale del premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman (siamo animali poco razionali, checché ne pensino gli economisti). Al contrario, le persone che professano maggior umiltà intellettuale si rivelano più esperte nel valutare eventi incerti e le risposte da dare in merito. Ma anche qui viene fuori che siamo tutti più bravi a valutare il nostro livello di cultura generale che non la preparazione nella materia in cui siamo specializzati. Insomma, non siamo certo i migliori giudici della nostra stessa razionalità e intelligenza. Chiosa Uberto Zuccardi Merli, psicanalista milanese: «Le decisioni e valutazioni peggiori vengono prese quando il soggetto agisce troppo sotto la spinta delle sue pulsioni o quando indugia troppo nel pensiero. Si decide e si agisce male se si trascura il pensiero a favore dell’impulso. O se si usa il pensiero per non agire».
«Lo stolto si crede saggio ma il saggio sa bene di essere stolto» (William Shakespeare)