EVOLUZIONE DI UN GIOVANE AMBIZIOSO
Rankin, il provocatore culturale che fotografa la moda senza essere un fotografo di moda.
EERA DAL 1996 CHE RANKIN NON ESPONEVA IN ITALIA. Per tornare a farlo ha scelto una mostra articolata in fasi, in modo da proporre, nell’arco di quattro mesi, fino al 24 febbraio, immagini diverse in sintonia con il calendario di alcuni appuntamenti milanesi come la Fashion Week. «Amo molto l’Italia. Se decidessi di comprare una seconda casa sceglierei la Toscana. E poi, dal momento che la maggioranza dei collezionisti delle mie immagini è composta da francesi, tedeschi, olandesi, è ormai arrivato il momento di aprire al mercato italiano» spiega il fotografo inglese. Lo spazio della mostra è quello della 29 Arts in Progress Gallery; le immagini coprono un arco temporale di 20 anni, dal 1999 al 2019. «Se si guardano i miei libri ci si accorge subito che le mie prime foto non si discostano così tanto dalle ultime, è solo la tecnica che, spero, sia migliorata» spiega Rankin. «Ho smesso da tempo di seguire un metodo nel realizzare i ritratti, parlo con le persone perché sono curioso di natura, ma non è questo che mi aiuta. Il ritratto va costruito come un dramma teatrale, nel quale la luce è fondamentale. Tutto il mio lavoro sta nel costruire la foto facendola apparire assolutamente naturale. È una questione di istinto, a volte di complicità con un team, con il make up artist in particolare, anche se il 90 per cento delle volte sono io l’unico capitano della nave».
Nel 1991 Rankin aveva fondato con Jefferson Hack la rivista di moda Dazed & Confused, seguita poi da AnOther, AnOther Man e il semestrale Hunger. «Avevo 23, 24 anni quando ho fondato il primo magazine, non conoscevo niente di diverso: avevo studiato al college come fare una rivista, c’era la recessione, ero ambizioso e non volevo aspettare chissà quanto per veder circolare i miei lavori, e poi c’era l’esplosione del Brit Pop a fare da traino.