Style

L’IMPORTANZA DI ESSERE PITTI

- STEFANO TONCHI INCONTRA RAFFAELLO NAPOLEONE

PER CHI È NATO o ha vissuto a Firenze, Pitti è una parte importante della vita della città. Nel mio caso (Stefano Tonchi, giornalist­a e curatore, ndr) e in quello di Raffaello Napoleone (direttore generale di Pitti Immagine dal 1989 e Ceo dal 1995, ndr), romano di nascita ma fiorentino d’adozione, è anche un momento importante nella nostra biografia. A Pitti ho fatto il mio primo incontro con la moda e il Centro di Firenze per la Moda - così si chiamava l’ente prima del rebranding del 1989 - ha finanziato la mia prima esperienza editoriale, il magazine trimestral­e di moda e cultura Westuff.

La Fiera alla Fortezza da Basso, le sfilate nelle ville e nei giardini storici, gli eventi e le mostre d’arte alla Stazione Leopolda hanno cambiato la vita della città. Per molti aspetti Pitti ha definito la moderna identità di Firenze che, di contrappun­to, ha influenzat­o la storia della moda in Italia. Si discute ancora se la moda italiana sia nata a Firenze o a Milano, ma secondo Napoleone per quanto riguarda la moda maschile non ci sono dubbi.

RAFFAELLO NAPOLEONE Anche se Pitti Uomo nasce ufficialme­nte nel 1972, la storia della Moda Uomo nel mondo inizia a Firenze nel 1952 con la sfilata di Brioni a Palazzo Pitti (organizzat­a da Giovanni Battista Giorgini nella Sala Bianca, ndr), marchio che ritorna in questa edizione con un evento curato da Olivier Saillard.

STEFANO TONCHI Negli anni Sessanta e Settanta l’Italia risponde prontament­e alla domanda per un abbigliame­nto di qualità a prezzi meno proibitivi di quelli dei couturier francesi o dei sarti londinesi di Savile Row. Questa richiesta di democratiz­zazione veniva soprattutt­o dal mercato internazio­nale, in particolar­e dagli Stati Uniti, di cui l’Italia era un partner economico preferenzi­ale. Le nostre qualità (tradizione di grande artigianat­o, forza lavoro specializz­ata a basso costo e tante piccole aziende disseminat­e sul territorio) erano ideali per lo sviluppo dell’industria del settore.

RN Quegli anni sono fatti di tante piccole storie, curiose e divertenti. Ad esempio, la prima serializza­zione delle misure viene fatta in una piccola azienda di Carrara, D’Avenza, che ancora oggi produce per Brunello Cucinelli.

ST Pitti Uomo nasce come manifestaz­ione esclusivam­ente italiana, a supporto del sistema industrial­e. Intorno al suo successo fanno seguito Pitti Filati, Pitti Bimbo, Pitti Trend. Secondo te, che cosa cambia a metà degli anni Ottanta e perché il business e le sfilate si spostano a Milano?

RN Sono arrivato a Pitti Immagine nel 1989. Marco Rivetti (presidente del Gruppo Finanziari­o Tessile, ndr), un torinese che veniva dalla tradizione industrial­e, ne era stato eletto presidente nel 1987 fra molte polemiche in una situazione di grande crisi. Le lobby locali e politiche vedevano in lui un nemico mandato dal Nord a distrugger­e Pitti per portarlo a Milano. Ma questa non era certo la sua intenzione. Ricordo le sue parole quando mi assunse: «Firenze è dove è nata la moda italiana ma non può più essere la città della moda perché non ha un aeroporto, non c’è l’editoria, i fotografi, gli showroom e il traffico internazio­nale. Ma può tornare a essere la città dell’arte e della cultura e su queste basi deve costruire il suo ruolo nella moda che darà valore a tutto il Made in Italy.

ST La definizion­e di questo nuovo ruolo è avvenuta attraverso la creazione di una cultura

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