Style

VILLABANKS, CHE FA 20 ANNI NEL 2020

Nella mente di un rapper rampante, e orgogliosa­mente indipenden­te: «Non firmare contratti, autopubbli­carmi, far uscire musica quando dico io. Piangere, divertirmi, sparire: viva la libertà di dire e fare quel che voglio, sbagliare da solo, scegliere chi e

- DI PIER ANDREA CANEI FOTO DI MATTIA ZOPPELLARO - STYLING DI ANGELICA PIANAROSA

CCHI VUOL VEDERE esordire dal vivo a Milano un possibile nuovo fenomeno del rap come il 19enne Villabanks? Fuori le agendine: «Il 7 marzo, allo Space 25, zona Rogoredo: momento importanti­ssimo, sarà il mio primo concerto vero. Un evento con oltre dieci pezzi fatti bene: io col Dj MS. E con Linch, il mio miglior amico, e quello che mi fa i beat». Ah: all’inizio di quasi tutti i tuoi pezzi butti lì un «bella Linch». Lui? «Ecco, sì. L’ho conosciuto perché voleva menarmi». Prego? «È venuto a cercarmi per via di una ragazza, una con cui avevo avuto una storia; poi non ne volevo più sapere e non l’ho più chiamata, l’ho bloccata sui social anzi. Allora lei s’è presa davvero male, e voleva mandare qualcuno a menarmi. Così mi contatta questo Linch per spiegazion­i, e io gli dico: “Niente, non mi interessav­a più e l’ho bloccata, non penso sia reato, no? A proposito, vedo che fai musica, mandami qualcosa”. E lui: “Ah, ma tu fai rap, anche in francese vedo” (son cresciuto ad Annecy, Alpi francesi, ho iniziato a parlare bene italiano solo a sette anni). Allora siamo diventati amici, abbiamo fatto tanta musica. E intanto a 16 anni ho fatto la maturità, prima degli altri, ne vogliamo parlare?»

AI TAVOLI DEL BAR MAGENTA di Milano, il sedicente «rapper di Cadorna» si rilassa, e lascia intraveder­e qualcosa di Vieri Igor Traxler: «È il mio vero nome, un’esclusiva che avete voi», concede; «Villabanks è il personaggi­o di scena. Io sono il producer di me stesso. Sono conteso dalle case discografi­che ma pubblico album e pezzi da solo, per evitare le fregature: i tipici contratti con cui si impossessa­no del tuo repertorio, e poi si prendono tutto in cambio di un anticipo altisonant­e; molti giovani si lasciano abbagliare, ma non è cosa. Qui ti giochi la libertà in due firme». Come funziona una carriera da publisher di se stessi? «Non ho manager, non ho un entourage.

Faccio la cosa mia, pubblico canzoni e testi sulle principali piattaform­e, e me la cavo bene. Con un po’ di pezzi come Candy e Pego, guarda qui (scrolla tra finestre dello smartphone, ndr): un milione di stream su Spotify, che solo da lì mi entra più di uno stipendio (grosso modo due mila euro, ndr) senza contare i clic da YouTube e dalle altre piattaform­e. Vado forte, mi stanno inserendo in playlist e in pagine dove altri pagano per essere citati. E mi capita di essere circondato da ragazzini che vogliono farsi la foto con me: quasi m’imbarazzo». O crede che vogliano «menarlo», ride Villabanks: e si pregusta i prossimi milioni di stream derivanti dal nuovo album Quanto manca.

«CINTA GUCCI, vivo la bella vita /Baby ho la fortuna come scopamica»: versi dal pezzo Candy, a oggi il più ascoltato su YouTube (oltre tre milioni di visualizza­zioni). Quanta fortuna ha avuto Villabanks? «La canzone che devi ascoltare è Nove mesi, nata quando sono stato preso per un furtarello, a pochi giorni dai 18 anni». E cosa avevi rubato? «Un paio di Nike Air Max 95, una colorazion­e limitata che non si trovava da nessuna parte (sorride).

M’è andata bene: poche ore in caserma, da minorenne. Ma mi sono fatto l’esame di coscienza e ho messo giù tutte le mie massime, le regole da seguire». Tipo? «Mai fidarsi. L’onestà non ha prezzo. Prova a essere un buon figlio…» (della famiglia, cui è molto legato, parla poco: «Mio padre è sempre in giro per lavoro, è un vero mitteleuro­peo .... Ultimament­e con questa cosa della musica, arte che appassiona molto anche lui, ho ricomincia­to a sentirlo più spesso»).

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