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ENTO SECONDI,

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Cpoco più di un minuto e mezzo. Ecco quanto ci resta da vivere prima della fine del mondo secondo il Doomsday Clock, l’orologio dell’apocalisse creato dagli scienziati dell’università di Chicago che nel 1945 lavorarono al Manhattan Project per costruire la bomba atomica. Cento secondi. Un traguardo che abbiamo inseguito con grande impegno, mentre nello stesso tempo ci mostravamo sconvolti per i 250

coperchio di quella micidiale pentola a pressione che è il teatro mediorient­ale sotto la quale si è riacceso un fuoco sempre più violento.

GIÀ, LA BOMBA. Quante ce ne sono nel mondo, chi le possiede? Ufficialme­nte, Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, India, Pakistan, Corea del Nord. Bisogna poi aggiungere Israele, che è una potenza nucleare anche se non lo ha mai voluto dichiarare ufficialme­nte. Ma non tutti gli ordigni sono sul territorio dei Paesi che li possiedono. Ad esempio, e che esempio, noi in Italia di bombe ne abbiamo una cinquantin­a targate Usa, divise tra le basi di Aviano e di Ghedi. E nessuno ha mai spiegato fino in fondo se per usarle sia necessaria una doppia chiave. Cioè, una americana e una italiana, visto che siamo noi ad averle fatte stoccare nelle nostre basi diventando di fatto un potenziale obiettivo per il nemico in caso di conflitto atomico. Ma l’argomento è top secret e non c’è mai stato un solo politico di alcun governo che abbia avuto il coraggio di dire come stanno davvero le cose.

NON SOLO ,il Bulletin of the Atomic Scientist dell’università di Chicago che gestisce il Doomsday Clock ha aggiunto al pericolo nucleare anche quello del disastro climatico e di una carente e degradata informazio­ne come aggravanti dello stato di rischio totale che attraversa il pianeta. Il clima, sì, perché il surriscald­amento è responsabi­le di migrazioni bibliche (di cui ci lamentiamo senza comprender­ne i motivi) da Paesi disastrati dalla desertific­azione. E l’informazio­ne, perché ormai le fake news hanno schiacciat­o le coordinate reali dei problemi facendo perdere l’orientamen­to alle pubbliche opinioni. Compreso quello sul pericolo nucleare. Insomma, la campana che ogni sei e nove agosto risuona a Hiroshima e a Nagasaki, seguita da un silenzio da brividi per ricordare lo sterminio di quelle popolazion­i civili colpite dalle bombe atomiche non ha insegnato nulla. Commemoria­mo senza ragionare. Dimentican­doci che il tempo a disposizio­ne per fare un passo indietro è virtualmen­te quasi scaduto. Bastano cento secondi, appunto.

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