Style

Due rivoluzion­i, un solo genere

Un’occasione che difficilme­nte si ripeterà: vedere Jan van Eyck in Belgio e subito dopo Andy Warhol a Londra. Per capire che 500 anni, tra un ritratto e un altro, non sono poi tanti.

- DI MARTINA CORGNATI

UN UOMO non ancora 40enne, lo sguardo concentrat­o e assorto, gli occhi color castagna, l’abito scuro nascosto e appena visibile oltre il limite del quadro, un anello nella mano destra e un pittoresco copricapo sfrangiato, azzurro lapislazzu­li. Di tre quarti, il suo volto è segnato dalle prime rughe e dalla barba non fatta. Non è un ritratto qualsiasi ma uno dei primi nella storia dell’arte che possa definirsi «moderno», cioè non di profilo, come si usava nel Medioevo, ma di tre quarti, come quello di una persona reale e credibile che si affaccia dal davanzale cui poggia la bellissima mano. Il suo autore, Jan van Eyck, che dipinge questo quadro (Portrait of a man with a blue chaperon) intorno al 1430, è l’inventore di una formula fortunata e imitata per secoli, che richiede il soggetto solo, senza il pretesto di una scena religiosa o storica, inquadrato su sfondo scuro, «tagliato» all’altezza del busto, come una presenza vera.

È una rivoluzion­e di gusto e di stile che forse, nel contempora­neo, è paragonabi­le solo a quella che, più di cinque secoli e migliaia di ritratti dopo, avrebbe realizzato Andy Warhol. Per rendersene conto di persona un’occasione è offerta oggi dalle due retrospett­ive organizzat­e per caso quasi in contempora­nea, in Belgio e in Inghilterr­a, dal Museum voor Schone Kunsten di Gent (Van Eyck. An optical revolution, fino al 30 aprile) e dalla Tate Modern di Londra (Andy Warhol, dal 12 marzo al 6 settembre).

A GENT È RACCOLTA una decina di opere di Van Eyck (fra cui ben cinque ritratti, compreso quello della moglie Margareta, il primo volto di moglie d’artista emerso dall’oscurità del tempo), insieme a un centinaio di altre eseguite da seguaci e contempora­nei: è la mostra più ampia e completa mai dedicata al geniale pittore fiammingo, i cui pezzi conservati in tutto il mondo di sicura attribuzio­ne non sono più di 20.

Ne emerge un’incredibil­e capacità di mostrare effetti di luce e dettagli da parte dell’artista che, formatosi forse come miniatore, diventa pittore di corte prima a La Hague e poi in Borgogna sotto Filippo il Buono. Il gigantesco Altare di Gent è il suo capolavoro ma nella sua produzione sono frequenti anche dipinti di carattere laico, ritratti commemorat­ivi di grandi signori o ricchi esponenti di quella borghesia degli affari che nel XV secolo stava facendo grandi i Paesi Bassi.

In una New York che nel 1975 si scopre meno bigotta, ciascuno è più libero di vivere la sessualità. Succede anche per le

drag queen latine o di colore che bazzicano il Village e che accettano con entusiasmo l’invito di Warhol a farsi ritrarre.

Ne nascono dieci serigrafie, le uniche per cui Warhol abbia scattato personalme­nte trasforman­do i modelli in icone della società del momento.

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Ladies and gentlemen (sopra: Helen/Harry Morales),

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