Fuori contesto
PETER LINDBERGH, OVVERO LA FOTOGRAFIA DI MODA DOVE LA MODA NON È AL CENTRO.
DICEVA CHE «la moda e la fotografia di moda sono due cose molto diverse». Di fatto, Peter Lindbergh (1944-2017), uno dei fotografi contemporanei più influenti, in questa storia c’è entrato eccome, pur avendo affermato: «Non fotografo vestiti, faccio ritratti».
Sì ma lo ha fatto «riducendo al minimo ogni trucco, sovrastruttura e artificio, affidandosi a uno styling minimale e mettendo al centro modelle ritratte in modo intimo, naturale» come ha scritto Vogue Italia. Basta pensare alle prime immagini che lo hanno reso famoso: sulla spiaggia di Malibù quando riprese sei modelle allora sconosciute con addosso camicie bianche e risate sui visi; tempo dopo erano in cinque per strada vestite con canotte e jeans ma sempre con espressioni divertite; e poi Kate Moss, la sua musa, in salopette con solo assi in legno sullo sfondo.
La «filosofia» di Lindbergh si potrebbe riassumere in alcune affermazioni, magari riduttive e banali ma senz’altro forti dichiarazioni d’intenti: «Voglio liberare le donne dal terrore della perfezione», «l’erotismo non c’entra con l’esposizione di pelle nuda», «la bellezza sta nell’essere se stessi».
è raccolta nella mostra Untold Stories che farà tappa (da marzo) al Madre di Napoli, un’antologica curata dallo stesso Lindbergh che raccoglie immagini commissionate da riviste come Vogue, Harper’s Bazaar, Interview, Rolling Stone, W Magazine e Wall Street Journal. Che cosa aspettarsi dalla visita lo ha raccontato l’artista stesso: «La prima volta che ho visto le mie fotografie sulle pareti della mostra sono rimasto sorpreso, ma in modo positivo. È stato travolgente trovarsi a così stretto contatto con chi sono io». Il plus? La video-installazione Testament (2014): girato attraverso uno specchio a senso unico, il filmato mostra lo scambio silenzioso tra la macchina fotografica di Lindbergh e un detenuto del braccio della morte in Florida mentre guarda, per 30 minuti, il suo riflesso senza far trasparire emozioni.