Non sarà solo un’avventura
UN VOLUME, COLORATISSIMO E POP, PER (RI)SCOPRIRE ELIO FIORUCCI E, SOPRATTUTTO, LA SUA RIVOLUZIONE CULTURALE.
«LA FIORUCCI È SEMPRE STATA una ditta divertente, diversa dalle altre», così scrive Isabella Sasso: suo il sedere che nel 1974 diede la forma a Buffalo, il modello di jeans Fiorucci più venduto nel mondo («mi misero seduta su uno sgabello... come se stessi montando una motocicletta perché Elio voleva che i pantaloni cadessero sul corpo con l’effetto moto, cioè con il sedere in fuori»)... Una delle tante storie di Caro Elio. Un viaggio fantastico nel mondo di Fiorucci (a cura di Franco Marabelli, Rizzoli).
NEGOZI OVUNQUE ma la storia inizia da Milano, piazza San Babila, dove ci si dava appuntamento per entrare da Fiorucci a chiedere gli adesivi e a respirare quell’aria di novità (chi c’era sa che era impossibile trovarla altrove) tra vestiti colorati, jeans, bigiotteria e neon (un altro simbolo mai visto prima: figure fluo di ballerini, camion, astronavi, coppe di gelato...). Pochi anni dopo apriva il concept store (e già la parola sapeva di nuovo) in via Torino: al primo piano si vendevano libri e si trovava il ristorante aperto fino alle due di notte, un’innovazione per la città. Fiorucci era comunque sempre sinonimo di avanguardia: gli stivali in plastica dorata, gli shorts, le shopping bag in alluminio stampato, le figurine Panini con le iconiche immagini delle pin up (150 milioni di pezzi: un trionfo anche in termini di marketing), le tute e i giubbini in Tivek (il tessuto DuPont