IL FUTURO DELLA FIERA
Tradizione o innovazione? Con Raffaello Napoleone, Ceo di Pitti Immagine, parliamo delle ipotesi possibili della trasformazione del Fashion System. E intanto fa una promessa: «Pitti Uomo sarà la piattaforma e la rappresentazione più evidente per far capir
OCCORRE l’ottimismo. Ingrediente necessario per progettare un futuro che oggi appare ancora essere in fondo a un tunnel e ha una luce a forma di punto interrogativo. E l’immaginazione, elemento essenziale in tempi normali, figuriamoci nelle emergenze. Scommettere sulla fiducia oggi è decisivo per disegnare «quello che sarà» sia pure se si è prigionieri dell’incertezza assoluta in un periodo in cui quello che si decide oggi domani può essere messo in discussione e ritornare a diventare plausibile subito dopo. In questo tempo ad elastico, un nuovo metro di misura spaziotemporale, vanno prese decisioni che incideranno su sistemi e organizzazioni, sull’economia e sulla cultura. E, di conseguenza, anche sulla sostenibilità del sistema moda con i tempi cambiati che ci ritroveremo alla fine di tutto. All’interno di esso, le fiere, bloccate dai decreti del presidente del Consiglio dei ministri già dal primo periodo di lockdown (a onor del vero in Italia come nel resto del mondo), assumono oggi un ruolo di spia e di cartina di tornasole non solo dell’attitudine alla resilienza ma soprattutto della capacità di rinnovamento di tutto l’intero Fashion System.
Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, è uno degli attori di questo sistema e a lui tocca progettare il futuro del suo ente che, è bene ribadire, organizza l’unica manifestazione internazionale di moda maschile. Arrivato all’ente fiorentino nel 1989 come direttore generale, dal 1995 è il Ceo che, scavallando il millennio, ha lavorato per portare una fiera storica di settore a diventare l’appuntamento internazionale che conosciamo.
Pandemia e confinamenti sono iniziati esattamente un anno fa, a marzo 2020. Qualche mese dopo, a giugno, è saltato l’appuntamento tradizionale con Pitti Uomo, prima rimandato a settembre poi impossibilitato a svolgersi. E l’edizione di gennaio 2021, inizialmente riprogrammata a febbraio è stata infine annullata. Ci ha salvato il digitale? I dati dell’edizione di Pitti Connect sono straordinari: a gennaio solo con le presentazioni di Cucinelli, Herno e Kiton abbiamo avuto 286 mila pagine viste. E l’elemento nuovo è che gli espositori ci chiedono di anticipare le loro collezioni sulla nostra piattaforma. Questo non vuol dire che le edi
zioni fisiche abbiano perso valore. In uno studio che abbiamo condotto con Nomisma intervistando migliaia di espositori la sospensione degli eventi fieristici figura al quarto posto tra le conseguenze negative della pandemia, dopo lo stop alle attività produttive, la chiusura dei negozi e il cambiamento delle esigenze dei consumatori ma prima del blocco dei mercati esteri.
Ipotizzando un ritorno alla normalità in tempo per organizzare l’edizione di Pitti Uomo a giugno 2021, pensa che la formula della manifestazione sarà la stessa degli anni passati? A giugno si riparte, certo! Abbiamo già oggi le richieste di adesione. Il che dimostra la centralità della formula della fiera: gli espositori sostengono che un giorno di manifestazione fisica vale una settimana di digitale. I mesi della pandemia ci hanno portato a riflettere sia sui contenuti sia sugli spazi: ovviamente l’edizione prossima sarà diversa da quelle passate. Come? Stiamo studiando le modalità. Già il protocollo Safer with Pitti obbligherà a una geografia diversa, ma anche le varie merceologie saranno dislocate diversamente. E non solo, perché nella selezione entrerà il criterio dell’attenzione all’ambiente, alla sostenibilità, all’upcycling.
Un’edizione che si potrà definire più vicina alla tradizione o più orientata all’innovazione? L’innovazione sarà provocata in primo luogo dalla sicurezza, la ricerca delle nuove merceologie arriva direttamente anche da quella che stanno svolgendo le aziende che producono tessuti innovativi.
La conseguenza sarà il cambiamento radicale di tutto il Fashion System? Sicuramente il fenomeno di digitalizzazione che la pandemia ha accelerato cambierà per sempre il modo di relazionarsi tra le persone, anche se la parte fisica riacquisterà il suo ruolo centrale. Stiamo studiando una formula che abbia una visione marcata e seria dell’innovazione che serva anche a stimolare i consumi: ci sarà bisogno di molte proposte nuove perché la gente possa ritornare a comprare la moda. Quindi, bisogna stimolare gli acquisti seguendo e capendo le diverse esigenze dei consumatori. In questo senso, Pitti Uomo sarà la piattaforma e la rappresentazione più evidente per far capire come si evolverà tutto il sistema. Che, sono convinto, sarà più forte perché più innovato. Il che non vuol dire che fatturerà immediatamente di più perché per tornare ai livelli precedenti occorrerà aspettare il 2022-23. Nonostante oggi l’ampliamento del mercato cinese dia speranze molto più ottimistiche e anzi di superamento di ogni aspettativa.
A giugno Pitti Uomo festeggerà le 100 edizioni, cioè 50 anni di business in fiera e di elaborazioni culturali diffuse in città, con mostre, concerti, esibizioni, rappresentazioni teatrali, feste… Come celebrerete? La formula attuale di una fiera che coinvolge la città e le culture l’ha inventata Marco Rivetti (il compianto proprietario del Gruppo Finanziario Tessile e presidente di Pitti Immagine dal 1987 al 1995, cioè fino a un anno prima della sua prematura scomparsa) e a questa formula vorremo dare l’omaggio che merita. Premettendo che dobbiamo superare questa fase critica, per farlo celebreremo quello che Pitti Uomo è stato e quello che sarà.
UNA SELEZIONE DI GRANDI SAGGI A CURA DI