Figura meccanica,
la suocera oltre che un intero set di accessori tipicamente femminili come la borsetta da sera, oggetto di straordinari esercizi creativi da parte anche di Alexandra Ekster.
Dopo la Rivoluzione invece, premessa di un’esistenza «diversa», emancipata, di un’arte «diversa», da fare e usare insieme alle masse e naturalmente anche di una moda «diversa», la Stepànova elabora una figura umana universale in quanto dotata di una struttura logica e meccanizzata, come un Lego. La sua stessa firma, Varst (proprio come la tuta), è unisex. Contemporaneamente, Popova, figlia di industriali tessili e anche lei fervente rivoluzionaria, impara a conoscere i tessuti prima dei quadri e benché pittrice e disegnatrice straordinaria nei primi anni Dieci del 1900, non appena la politica lo richiede abbandona la «borghese» pittura da cavalletto a favore di costumi per il teatro rivoluzionario e di disegni per le stoffe di produzione industriale. Un tessuto, notissimo, sviluppa un gioco assai dinamico di righe bicolori, quasi optical; un altro cerchi spezzati su un gioco di righe di diverso spessore, bello come un quadro suprematista. Una volta trasformati in abiti, come i gonnellini rotondi per ragazze sportive disegnati da Stepànova, le righe scompongono le forme naturali del corpo in un gioco sorprendente. Il clima è fervido e l’entusiasmo rivoluzionario coinvolge tutto, dalle manifestazioni sportive ai costumi teatrali, dalla scuola ai collettivi, dal cinema alla poesia. Finché, poco dopo, lo stalinismo stende su tutto questo una glaciale cortina di silenzio.