Style

Il design, una nuova vita per Lewis Hamilton

della mia nuova vita

- di Gianemilio Mazzoleni

L’UMORE DEL PILOTA dei record, forse l’unico che può aspirare a battere i sette titoli mondiali di Michael Schumacher, non deve essere dei migliori. Incontriam­o Lewis Hamilton a Monza, al termine delle prove ufficiali. Pochi secondi dopo essere stato il pilota più veloce nelle prove nella storia della Formula Uno è stato superato dalle due Ferrari. Chissà che voglia avrà di parlare di moda. Già perché Hamilton sta per sfilare con la sua prima collezione per Tommy Hilfiger: un mix di street e sportswear. Chiede un tè, sorride. «Sa cosa farò stasera? Lavorerò alla mia collezione. Come sempre, a tarda notte chiamerò il designer. “Ciao Fred, che ne pensi di questa mia idea?”. E lui come al solito mi risponderà: “Ma non dovevi correre oggi?” Quando esco dalla pista devo staccare e spostare la mia mente su qualcosa d’altro che sia stimolante. Solo così recupero». (Il giorno dopo farà la gara più perfetta della sua carriera. E vincerà).

Cos’è la moda per lei? Un passatempo glam o qualcosa di più serio?

Sono andato a parecchie sfilate negli ultimi sei-sette anni e il mio amore è cresciuto per questa macchina, questo spostarsi in continuazi­one da uno show all’altro e vedere come tutto è rapido e incontrare i designer e avere al massimo un minuto con loro perché poi c’è qualcun altro che preme: poco alla volta questo mondo veloce mi ha preso. Poi Tommy cinque anni fa mi ha saluto da lontano (e io mi stupii, non ero neanche certo che sapesse chi fossi) con quella sua perfetta eleganza, ricordo ancora che aveva un vestito azzurro chiaro e una cravatta rossa… Poi ci siamo rivisti ad altri eventi e ogni volta mi diceva «facciamo qualcosa insieme»

e io non sapevo esattament­e cosa volesse dire. Ma lui era serio e continuava a ripeterlo e a un certo punto la mia mente mi ha detto ok ci sto, voglio usare questa opportunit­à per imparare da un’icona. Voglio uscire da questa esperienza con una conoscenza che posso usare per il futuro.

Beh immagino che non abbia tanto tempo

da dedicargli… Scherza? Non c’è solo il mio nome sulla maglietta. Ho scelto il colore, il logo, i font, le finiture, le stoffe, ho spinto i designer a trovare materiali eco. Ho selezionat­o i modelli e fatto gli abbinament­i per la sfilata. Sono stato coinvolto molto più di quanto Tommy si aspettasse perché quando faccio una cosa metto il cento per cento di me stesso. Sono volato ad Amsterdam subito dopo il gran premio di Spa per un design meeting e loro non se lo aspettavan­o. Ho mandato un sms domenica notte alle due dicendo «ragazzi svegliatev­i arrivo domattina» e gli ho sconvolto la giornata. Mi piace questa eccitazion­e.

Questa linea riflette il suo stile? Certo rispecchia la mia personalit­à. Quando disegni o fai arte è un’espression­e di quello che senti.

Lewis Hamilton è sicurament­e uno dei piloti più talentuosi e veloci della storia dell’automobili­smo. Ha esordito nel 2007 con la Mclaren e l’anno successivo ha conquistat­o il suo primo titolo mondiale. Dal 2012 corre con la Mercedes con cui ha vinto altri tre titoli. Detiene il record di pole position (78) ed è secondo assoluto per numero di vittorie (68).

Stiamo disegnando la terza collezione. Ed è una sfida altrettant­o eccitante delle corse capire come evolverà lo stile fra un anno. C’è una grande differenza tra le prime due collezioni e ancora di più con la terza che è davvero audace.

Sarà questo il suo piano B dopo il ritiro? Lei ha realizzato ancora giovanissi­mo i suoi sogni di bambino: deve essere duro pensare a un futuro diverso, ricomincia­re a sognare.

Ci ho riflettuto a lungo e penso davvero che la moda sia un nuovo inizio per me. Duro? Snervante? Dipende da quale prospettiv­a la guardi. Molti piloti troverebbe­ro un lavoro legato a questo mondo, perché lo conoscono. Ma io sono felice di ricomincia­re da zero. Immagino quanto eccitante possa essere perché mi ricordo i miei primi tempi nelle corse, quelli furono i giorni migliori, davvero i migliori. E mi conosco: se riesco, e ci riesco, a mettere la stessa energia, attenzione, concentraz­ione che metto nelle gare in un’attività nuova posso fare davvero qualcosa di grande. Il bello della moda è che si evolve in continuazi­one e non si ferma mai. È un lavoro che puoi fare fino al tuo ultimo giorno,

«Il mio piano B? Lontano dai circuiti. Non ci sarà mai nulla di così emozionant­e e bisogna accettarlo»

mentre correre… La vera difficoltà è non guardare indietro con nostalgia perché gareggiare di fronte a centinaia di migliaia di fan… Non ci sarà mai niente di così emozionant­e. Devi approcciar­e il nuovo pensando che sarà differente e se lo capisci dall’inizio non potrai essere deluso.

Pronto ad affrontare gli ostacoli in un mondo che non sarà né semplice né facile? Finora qual è stata la difficoltà più grande che ha dovuto superare?

Le avversità sono qualcosa che nel mio lavoro affronti quasi ogni giorno. Come oggi. Ti qualifichi terzo e i fan ti fischiano. I giorni dove fallisci sono molto duri. Ho corso fin da piccolo e i miei genitori hanno dato tutto quello che avevano per farmi gareggiare, così quando sbagli ti senti male il doppio perché fallisci anche per loro. E anche se li ho ripagati con i risultati ho ancora difficoltà a comprender­e come abbiano potuto essere così altruisti. Mio padre si svegliava alle 5,30 ogni mattina per andare a lavorare. Poi tornava a casa e si metteva all’opera sulla mia auto fino alle due di notte. Per poi alzarsi tre ore dopo e andare al lavoro. Non so dove abbia trovato l’energia.

È per questo che si è tatuato una frase che dice «La nostra più profonda paura non è di essere inadeguati, ma di essere possenti oltremisur­a»?

Qualcuno mi ha detto che era la citazione preferita di Nelson Mandela, un uomo che amo profondame­nte. Decisi che dovevo leggerla, ho scoperto che è una frase della scrittrice Marianne Williamson. Mi ha toccato nell’anima perché davvero credo sia l’essenza di ciò che siamo come razza umana: noi non ci rendiamo conto di quanto potenti possiamo essere e in quante diverse maniere.

Parlando di spirito dove sta la felicità oltre il circuito?

A fare pancake con i nipoti e a camminare con i miei cani. D’inverno, finite le gare. È il mio premio per le fatiche. E passare il Natale sulla neve. Da piccolo fantastica­vo del bianco Natale ma in Inghilterr­a pioveva sempre. E quando papà ha fatto un po’ di soldi ci portava al mare dalla famiglia a Grenada. Ma che Natale è al caldo?

C’è qualcosa di più eccitante che guidare una Formula Uno?

No. E mi dispiace per lei e per gli altri che non potrete mai sapere cosa si prova.

Lewis Hamilton si è ispirato per la sua prima collezione (ma sta già lavorando sulla terza) al suo guardaroba di luxury street style, al suo numero fortunato 44 e alla sua body art. Il logo infatti è l’iconica flag di Tommy Hilfiger posizionat­a tra le iniziali di Lewis Hamilton scritte nel carattere Old English Gothic e ispirate ai tatuaggi del pilota.

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