Isola d’elba. Sorprendente Mar Tirreno
Emozioni naturalistiche: scoprire Pianosa e Montecristo e avvistare cetacei dalle cime dell'isola di Napoleone.
Sono isole o balenottere, quelle laggiù? È una domanda che viene spontanea quassù, sulla cima a mo’ di panettone del Monte Calamita, il punto di osservazione più suggestivo, dal cuore di ferro, dell’arcipelago toscano. Specie in una di quelle tipiche giornate d'inizio autunno all’isola d’elba: tenue e dolce, al punto che i grandi mammiferi marini ne solcano le acque lungo la rotta che insegue il caldo. Ci si può dotare di un cannocchiale, come faceva Napoleone durante il breve ma laborioso esilio trascorso tra Villa San Martino e Villa dei Mulini, proprio sotto il faro di Porto Ferraio e sopra la spiaggia ipnotica e vertiginosa delle Viste; ma non c’è n'è bisogno: basta sedersi su una roccia a strapiombo e lanciare da questo sedile naturale lo sguardo verso l’orizzonte per avvistare Pianosa, l’isola piatta a forma di razza che fu esilio dorato già al tempo degli antichi romani e quella misteriosa grigia e lunare di Montecristo, scelta dai monaci benedettini per il loro eremitaggio balneare. Anche i pirati, l’ottomano Dragut e il feroce Barbarossa, bramavano approdarvi. Per questo all’elba furono erette fortezze che ancora oggi è ardimentoso raggiungere, da quella arcigna e vertiginosa del Volterraio al Castello del Giove, arduo da scovare tra lecceti ingordi e l’edera affamata di pietre antiche. Proprio i piedi (le braccia servono per nuotare alla spiaggia di Sant'andrea, la quale, non fosse per l’accento toscano dei bagnanti, potrebbe trovarsi benissimo alle Seychelles tanto simili sono i blocchi in granito che la orlano oppure alla Padulella e a Capo Bianco dove gli Argonauti piansero lacrime nere sulla falesia bianca) permettono di addentrarsi lungo il sentiero dei Profumi che penetra la macchia mediterranea tra uva e prugnoli selvatici, e lungo il trekking del ferro: qui il paesaggio è western, i canyon ruggenti e arrugginiti sfiorano laghetti verdi, lambiscono architetture estrattive fané sino all’imbocco delle caverne minerarie. Non c’è bisogno, volendo, di entrare perché anche a cielo aperto, scavando con le mani, si scoprono vene di azzurrite, blocchetti d’ocra, e si portano alla luce tracce di pirite e malachite.
Al Museo della Vecchia Officina si fa merenda coi bastoncini di palamita acquistati nelle botteghe di Capoliveri e poi si raggiunge la spiaggia dell’innamorata per aspettare il tramonto. All’ora di cena si sale nel borgo di Marciana Alta, tutto fatto a scalinate, a ridosso di quel Monte Capanne, sorgente dell’acqua Fonte Napoleone celebre anche per la sua cabinovia, contraddistinta da nostalgici cestelli gialli.
Capoliveri, Isola d'elba; verso l'entroterra si scopre un altro mondo. Sovrastato dal Monte Capanne (1.019 mt), la vetta più alta, che è servita anche da una nostalgica cabinovia gialla.
Il clima caldo e dolce d’inizio autunno favorisce il transito dei cetacei nell’arcipelago toscano. Un’occasione da cogliere, anche per esplorare gli ancestrali entroterra delle tre isole
Se Pianosa – con la sua Villa Romana, l’abbacinante Cala San Giovanni, le amene viti e le argentee chiazze di ulivi – è un approdo semplice da raggiungere dall'elba, con tanto di vista sui fondali adamantini durante la navigazione, per sbarcare a Montecristo serve l’apposito permesso dell’ufficio territoriale Carabinieri per la biodiversità di Follonica. Essere tra i mille fortunati che ogni anno lo ottengono è come scoprire un tesoro: calpestando i liscioni di granito su cui sono calcate le orme dei monaci, ci si incammina verso l’abbazia di San Mamiliano tra ginestre, elicrisi, lecci, rosmarini selvatici, osservati dall’alto da gabbiani corsi e berte minori, sconvolti dalla straniante bellezza di questo luogo ancestrale, che Vittorio Emanuele III volle come suo rifugio per la caccia e i bagni della Regina Elena, erigendo una Villa Reale a Cala Maestra.
Anche Giacomo Puccini si ritirava qui per trarre ispirazione per le sue opere. In questa scenografia di granito, come del resto alla Grotta del Santo, sulla spiaggia solitaria di Cala del Diavolo e Cala Santa Maria, si sente sulla pelle il fascino irradiato da questa isola, maculata di ocra perché il sole si specchia nelle bolle di roccia piene di acqua: pare un relitto del passato galleggiante in un mare che da queste parti assomiglia a una sconfinata pampa di poseidonia.
Isola di Pianosa: il porticciolo, servito quotidianamente da collegamenti diretti da Marciana Marina. Si può partire dall'elba, trascorrere sette ore sull'isola, e rientrare in serata.