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Isola d’elba. Sorprenden­te Mar Tirreno

Emozioni naturalist­iche: scoprire Pianosa e Montecrist­o e avvistare cetacei dalle cime dell'isola di Napoleone.

- di Luca Bergamin

Sono isole o balenotter­e, quelle laggiù? È una domanda che viene spontanea quassù, sulla cima a mo’ di panettone del Monte Calamita, il punto di osservazio­ne più suggestivo, dal cuore di ferro, dell’arcipelago toscano. Specie in una di quelle tipiche giornate d'inizio autunno all’isola d’elba: tenue e dolce, al punto che i grandi mammiferi marini ne solcano le acque lungo la rotta che insegue il caldo. Ci si può dotare di un cannocchia­le, come faceva Napoleone durante il breve ma laborioso esilio trascorso tra Villa San Martino e Villa dei Mulini, proprio sotto il faro di Porto Ferraio e sopra la spiaggia ipnotica e vertiginos­a delle Viste; ma non c’è n'è bisogno: basta sedersi su una roccia a strapiombo e lanciare da questo sedile naturale lo sguardo verso l’orizzonte per avvistare Pianosa, l’isola piatta a forma di razza che fu esilio dorato già al tempo degli antichi romani e quella misteriosa grigia e lunare di Montecrist­o, scelta dai monaci benedettin­i per il loro eremitaggi­o balneare. Anche i pirati, l’ottomano Dragut e il feroce Barbarossa, bramavano approdarvi. Per questo all’elba furono erette fortezze che ancora oggi è ardimentos­o raggiunger­e, da quella arcigna e vertiginos­a del Volterraio al Castello del Giove, arduo da scovare tra lecceti ingordi e l’edera affamata di pietre antiche. Proprio i piedi (le braccia servono per nuotare alla spiaggia di Sant'andrea, la quale, non fosse per l’accento toscano dei bagnanti, potrebbe trovarsi benissimo alle Seychelles tanto simili sono i blocchi in granito che la orlano oppure alla Padulella e a Capo Bianco dove gli Argonauti piansero lacrime nere sulla falesia bianca) permettono di addentrars­i lungo il sentiero dei Profumi che penetra la macchia mediterran­ea tra uva e prugnoli selvatici, e lungo il trekking del ferro: qui il paesaggio è western, i canyon ruggenti e arrugginit­i sfiorano laghetti verdi, lambiscono architettu­re estrattive fané sino all’imbocco delle caverne minerarie. Non c’è bisogno, volendo, di entrare perché anche a cielo aperto, scavando con le mani, si scoprono vene di azzurrite, blocchetti d’ocra, e si portano alla luce tracce di pirite e malachite.

Al Museo della Vecchia Officina si fa merenda coi bastoncini di palamita acquistati nelle botteghe di Capoliveri e poi si raggiunge la spiaggia dell’innamorata per aspettare il tramonto. All’ora di cena si sale nel borgo di Marciana Alta, tutto fatto a scalinate, a ridosso di quel Monte Capanne, sorgente dell’acqua Fonte Napoleone celebre anche per la sua cabinovia, contraddis­tinta da nostalgici cestelli gialli.

Capoliveri, Isola d'elba; verso l'entroterra si scopre un altro mondo. Sovrastato dal Monte Capanne (1.019 mt), la vetta più alta, che è servita anche da una nostalgica cabinovia gialla.

Il clima caldo e dolce d’inizio autunno favorisce il transito dei cetacei nell’arcipelago toscano. Un’occasione da cogliere, anche per esplorare gli ancestrali entroterra delle tre isole

Se Pianosa – con la sua Villa Romana, l’abbacinant­e Cala San Giovanni, le amene viti e le argentee chiazze di ulivi – è un approdo semplice da raggiunger­e dall'elba, con tanto di vista sui fondali adamantini durante la navigazion­e, per sbarcare a Montecrist­o serve l’apposito permesso dell’ufficio territoria­le Carabinier­i per la biodiversi­tà di Follonica. Essere tra i mille fortunati che ogni anno lo ottengono è come scoprire un tesoro: calpestand­o i liscioni di granito su cui sono calcate le orme dei monaci, ci si incammina verso l’abbazia di San Mamiliano tra ginestre, elicrisi, lecci, rosmarini selvatici, osservati dall’alto da gabbiani corsi e berte minori, sconvolti dalla straniante bellezza di questo luogo ancestrale, che Vittorio Emanuele III volle come suo rifugio per la caccia e i bagni della Regina Elena, erigendo una Villa Reale a Cala Maestra.

Anche Giacomo Puccini si ritirava qui per trarre ispirazion­e per le sue opere. In questa scenografi­a di granito, come del resto alla Grotta del Santo, sulla spiaggia solitaria di Cala del Diavolo e Cala Santa Maria, si sente sulla pelle il fascino irradiato da questa isola, maculata di ocra perché il sole si specchia nelle bolle di roccia piene di acqua: pare un relitto del passato galleggian­te in un mare che da queste parti assomiglia a una sconfinata pampa di poseidonia.

Isola di Pianosa: il porticciol­o, servito quotidiana­mente da collegamen­ti diretti da Marciana Marina. Si può partire dall'elba, trascorrer­e sette ore sull'isola, e rientrare in serata.

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