Un gancio contro lo stereotipo
Dai cinegiornali alle pagine patinate. Il percoso di Herno attraverso le immagini di una comunicazione pubblicitaria che accompagna 70 anni di storia italiana. Con un progetto costante: essere controcorrente.
CITATA NEI CINEGIORNALI dell’istituto Luce degli anni Cinquanta come un esempio dell’italia che riparte, Herno ha appena compiuto 70 anni. Nata per produrre impermeabili nel 1948 a Lesa nella valle del fiume Erno sul Lago Maggiore, con le sue immagini pubblicitarie che datano dal 1949 l’azienda ha seguito tutto l’evolversi della storia della moda italiana. Passata dalle mani del fondatore Giuseppe Marenzi a quelle del figlio Claudio agli inizi del 2000, dopo aver descritto molti decenni attraverso le foto con uomini e donne in ambienti quotidiani, nel 2007, quando la tendenza a raccontare la moda attraverso il lifestyle è conclamata già quasi da un decennio, Herno ancora una volta cambia rotta e concentra la propria comunicazione esclusivamente sul prodotto. Quindi, sono esattamente dieci anni che un gancio metallico sorregge il capo di stagione e che la sua pubblicità non cambia. Una vera controtendenza nella moda che vive di stagionalità e di immagine che Claudio Marenzi analizza, tra il passato e il presente, in questa intervista.
Come si è arrivati al gancio? Convinti che il nostro cliente viva in un proprio lifestyle, abbiamo deciso di andare controcorrente rispetto alla tendenza di una pubblicità che punta a costruirne uno artificiale. Il gancio lo usavamo già nello showroom e negli stand delle fiere per appendere i capi che, da soli, sono in grado di comunicare la lavorazione sartoriale e le caratteristiche tecniche. Da qui, la decisione di rompere con lo stereotipo che vede costruire un immaginario di uomini e donne inseriti in un lifestyle artificiale che sovrasta il prodotto. Tutto sommato, il capo appeso al gancio mi ricorda la semplicità degli anni Cinquanta, la comunicazione concertata sul prodotto con, inoltre, una capacità evocativa che richiama l’arte povera. Rompendo, infine, anche uno schema: reiterando l’immagine abbiamo infranto la regola del rinnovamento pubblicitario stagionale.
La prima campagna Herno risale agli anni Cinquanta. Quale decennio ha rappresentato di più l’innovazione e la rottura con il linguaggio precedente? Credo che proprio nel 2007, con l’immagine del gancio, abbiamo fatto qualcosa di veramente innovativo in un settore che pur cambiando immagine ogni sei mesi produce una comunicazione uniformata e omologata a causa di regole standardizzate.
Riesce a caratterizzare i diversi decenni della pubblicità Herno? Gli anni Cinquanta e Sessanta sono caratterizzati dall’attenzione sul prodotto. Nei Settanta ci si sposta sul marchio mentre negli Ottanta si lavora su un’immagine che evoca il lusso e il lifestyle, costruendo un progetto di stile diffuso. Ricordo con piacere una campagna di fine Settanta: raccontava diverse idee di viaggio con immagini senza sfondo. Nei Novanta c’è stata un’immagine standard affidata a un’agenzia esterna: una comunicazione corretta ma impersonale. Infine, il risveglio nel 2007 con l’immagine attuale.
Qual è la differenza fra la tendenza pubblicitaria del secolo scorso e quella attuale? Quella di oggi sembra pensata per distrarre il fruitore dall’oggetto stesso che deve comunicare. È come se la pubblicità non volesse sembrare tale e lancia messaggi molto politicamente corretti sulla sostenibilità, sull’eticità, sull’arte. Sembra che non si voglia sembrare venali o commerciali. Noi, invece, facciamo vedere il puro prodotto con un segno artistico che parla per sé senza coinvolgere un artista che parla in nostra vece.
Se dovesse cambiare come lo farebbe? Pensare di non cambiare sarebbe sbagliato, però credo che
«I millennials rappresentano un target molto variabile perché appartengono a diverse generazioni con parecchie differenze al loro interno. Ma hanno in comune la convinzione che la qualità sia legata alla performance dell’abito»
il cambiamento lo si debba fare quando si ha la certezza che sia giusto. Ho delle idee, ma devono aspettare.
Crede che l’immagine di Herno sia coerente con il linguaggio attuale? Penso che sia in controtendenza e che utilizzi un linguaggio che appare eretico soprattutto in relazione a quello dei social network, dove occorre riflettere sulla mancanza di intermediazione, pericolosa in politica come nel resto delle espressioni sociali.
Pensa che i millennials siano una generazione o un target commerciale? E crede che il loro sia un linguaggio originale? Io li inquadro come un target molto variabile. Anche perché, in realtà, i millennials appartengono a diverse generazioni con molte differenze al loro interno. Certo, il loro linguaggio influisce su una serie di fenomeni che hanno molta presa sulle divisioni commerciali delle aziende. Faccio un esempio: ci troviamo di fronte alla prima generazione per cui è naturale fare sport e per questo la qualità di un capo o di un tessuto è percepita come capacità di performance: un capo è qualitativo se è idrorepellente, non fa sudare, è leggero, termosaldato e tiene anche caldo. È questo che ha modificato anche lo stile di vita generale sovrapponendo, ma nello stesso tempo annullando, le differenze tra il concetto di tempo libero e quello del tempo del lavoro.