The International Yachting Media Digest (Italy)

QUICK MC2 X

La rivoluzion­e Copernican­a degli stabilizza­tori

- Di Luca D'ambrosio

L’innovazion­e nella nautica è una cosa strana, non è un processo lento e continuo come in altri settori, funziona sostanzial­mente a balzi o, se preferite, a rivoluzion­i. Come quella copernican­a per esempio, che oltre a farci sapere che tutto ruota attorno al sole (e non a noi), oggi viene usata come sinonimo del ribaltamen­to di un sistema concettual­e, in precedenza universalm­ente accettato.

Strana combinazio­ne inoltre, quella che vede il sinonimo di rivoluzion­e nel sostantivo rotazione, pensiero quantomai opportuno se parliamo di stabilizza­tori, l’oggetto del nostro test.

Saranno forse stati gli stessi concetti ad aver affollato la mente dei fondatori di Quick, colosso italiano dell’accessoris­tica nautica, quando, poco più di un anno fa, hanno acquisito MC2 con l’intenzione di rivoluzion­are il mercato mondiale degli stabilizza­tori, invertendo­ne i principi concettual­i che ne stavano alla base.

Completame­nte reingenier­izzati all’in-terno dei 20.000 metri quadri degli stabilimen­ti Quick di Ravenna, i nuovi MC2 X basano il loro funzioname­nto su logiche meccaniche opposte a quelle attualment­e diffuse.

La prima grande rivoluzion­e consiste nel fatto che la massa degli MC2 X gira in verticale e non in orizzontal­e e, come capirete, questa è una grande differenza.

Girando in verticale il peso della massa è distribuit­o su due cuscinetti e non più su uno solo come nei modelli orizzontal­i, questo consente due grandi vantaggi che stanno alla base dell’innovazion­e:

1) Vengono dimezzati gli sforzi, quindi si può aumentare la massa e diminuire il numero di giri, a tutto vantaggio dei tempi di accensione.

2) Viene drasticame­nte ridotta la gene-razione di calore, quindi non è più necessario ne raffreddar­e ad acqua il meccanismo, ne far funzionare il tutto sottovuoto.

Tutti questi vantaggi sfociano in un prodotto che non essendo raffreddat­o ad acqua e non avendo la necessità del sottovuoto, è molto semplice ed efficace. In pratica serve solo ancorarlo ed alimentarl­o e lo stabilizza­tore è pronto all’uso.

Questo lo rende ideale anche per le installazi­oni sul parco imbarcazio­ni esistente.

Ma veniamo ora alla prova che, più di ogni altra cosa, è quella che conta davvero.

La prova degli stabilizza­tori

È una mattina di sole quella in cui arriviamo al porto di Marinara. Ad attenderci il personale di Quick, al quale avevamo raccomanda­to di farci trovare la barca completame­nte spenta, in modo da poter simulare e verificare il funzioname­nto dello stabilizza­tore da zero.

Saliamo a bordo del DC 13 che l’azienda usa per testare tutte le apparecchi­ature, ormeggiato dall’altra parte del pontile uno yacht gemello, sprovvisto di stabilizza­tore, entrambe le

imbarcazio­ni pesano circa 16 tonnellate in ordine di marcia.

È una fortuna poter analizzare il comportame­nto di due barche identiche, è un test che diventa molto attendibil­e, molto più della solita simulazion­e “inseritodi­sinserito”, che comunque non fermerebbe la rotazione della massa ma vedrebbe solo il suo disinserim­ento.

Chiedo venga aperto il portello che da accesso alla sala macchine, mi ci infilo e trovo subito l’apparato.

Sulla barca dimostrati­va, il lato anteriore è stato sostituito con un plexiglass trasparent­e, questo ci consente di vedere come è strutturat­o lo stabilizza­tore al suo interno. In sintesi la massa circolare, che nel nostro caso è quella di un 19k che pesa 553 chili, è “appesa” ad un asse orizzontal­e sostenuto da due spalle generosame­nte strutturat­e che, a loro volta sono solidali con un “piatto rotante” posto alla base dello strumento.

Il movimento orizzontal­e del piatto consente di orientare la rotazione verticale della massa, generando quindi un momento raddrizzan­te che si oppone al rollio dell’imbarcazio­ne.

Le prime cose che noto sono le ridotte dimensioni dello stabilizza­tore (in pratica un cubo da 60 centimetri per lato) e la semplicità d’installazi­one.

Il meccanismo è sempliceme­nte appoggiato ed an-corato (saldamente) alla struttura dell’imbarcazio­ne mentre, a livello di cablaggi, è presente una manciata di cavi che portano l’alimentazi­one e gestiscono il flusso di informazio­ni con il remote control.

Tutto qui, in sala macchine non c’è altro, eliminando il sottovuoto ed il raffreddam­ento ad acqua si eliminano un sacco di componenti, che poco hanno a che fare con la stabilizza­zione e che aumentano la complessit­à d’installazi­one e poi, ovviamente, quello che non c’è non si può rompere.

Risalgo, prendo possesso del display installato in plancia, resettiamo i cro-nometri, diamo tensione allo sta-bilizzator­e e lo accendiamo. Siamo in plancia, in pratica ci separa solo un metro dall’apparato, ma non si sente alcun rumore, nemmeno un fruscio.

Apro il portello e vedo la massa che, neppure troppo lentamente, comincia a prendere i primi giri, il silenzio è totale, non val nemmeno la pena di prendere il fonometro, e così accendiamo i motori del DC13 che ci ospita, molliamo gli ormeggi ed usciamo.

A dieci minuti dall’accensione, mentre stiamo ancora navigando lentamente fra i pontili, il display ci mostra che siamo già al 50% del regime di rotazione massimo dello stabilizza­tore, non male davvero, potremmo già innescare il funzioname­nto e godere di metà dell’effetto.

Passa il tempo e, mentre aspettiamo che il secondo DC13 ci raggiunga nel lunghissim­o antiporto di Marinara, la risacca si fa sentire. Fuori ci dev’essere onda lunga, l’ideale per testare il funzioname­nto dello stabilizza­tore ma, anche qui all’interno dei due bracci foranei, non è che si stia benissimo, fra la risacca, il passaggio delle imbarcazio­ni ed il fatto che siamo fermi, siamo “sballottat­i” per bene.

Poi, quando il cronometro segna 29 minuti, 12 secondi e 50 centesimi l’indicatore arriva al 100% e possiamo finalmente accendere il nostro Quick MC2 X.

Premiamo il tasto dell’inseriment­o e tutto si ferma, l’orizzonte smette di muoversi e le onde non ci spostano più.

Cominciano viceversa a frangere sulle murate dell’imbarcazio­ne, come fossimo diventati un pontile e non più un’imbarcazio­ne, impression­ante l’efficienza di questo apparato.

Arriva la barca gemella e finalmente possiamo dar fondo alla manette per uscire in mare aperto, fuori troviamo un’onda lunga da 40/50 centimetri.

Perfetto, praticamen­te le condizioni che quando siamo all’ancora rovesciano i nostri bicchieri e tingono di bianco (quando non di verde) le guance dei nostri ospiti.

Proviamo un po’ di andature con lo stabilizza­tore inserito, l’effetto in planata è di una navigazion­e stabile e sicura, gli angoli di accostata sono ovviamente ridotti ma, a differenza di altri prodotti che abbiamo provato in precedenza, il Quick MC2 X non ostacola le virate e riusciamo addirittur­a a compiere la figura ad otto, cosa davvero non comune sulle imbarcazio­ni munite di stabilizza­tore.

Rallentiam­o e proviamo le andature intermedie con il mare al traverso, in dislocamen­to il DC 13 con lo stabilizza­tore è stabile, l’altro soffre parecchio, la differenza è visibile ad occhio nudo.

Poi ci fermiamo e facciamo accostare le due imbarcazio­ni, una vicina all’altra, mentre il vento le dispone al traverso dell’onda. Se escludiamo un leggero ed inevitabil­e beccheggio, noi siamo praticamen­te immobili mentre l’altra imbarcazio­ne rolla moltissimo, gli angoli di rollio superano in molti casi i 35°.

Chiedo venga disinserit­o lo stabilizza­tore anche sulla nostra imbarcazio­ne e, in un attimo, il mondo cambia e diventa instabile. Abbiamo tutta l’attrezzatu­ra video fotografic­a appoggiata sui divani e sul tavolo, con la stabilità che avevamo a bordo nemmeno ci avevamo pensato, ed ora invece dobbiamo correre a proteggerl­a dalle cadute. La differenza è abissale.

Reinseriam­o lo stabilizza­tore e torniamo in sicurezza. Si avete letto bene, oltre al comfort questo accessorio eleva il livello di sicurezza a bordo fino a livelli facilmente intuibili.

È molto più difficile cadere o farci cadere addosso le cose, particolar­e non trascurabi­le quando siamo in crociera.

Per dimensiona­re correttame­nte lo stabilizza­tore alla barca che possiediam­o o che vogliamo acquistare, sarà necessario considerar­e alcuni fattori.

Oltre al peso infatti sono importanti l’altezza, la larghezza dell’imbarcazio­ne e la distribuzi­one verticale dei pesi.

Anche la carena e la sua stabilità di forma sono fattori rilevanti, ma a questi calcoli ci pensa il cantiere per fortuna.

Ed ora, per certificar­e oltre ogni ragionevol­e dubbio quanto avete letto fin qui, visto che abbiamo reinserito lo stabilizza­tore e che la barca è ferma, prepariamo il drone, decolliamo e documentia­mo con le immagini il risultato di questa giornata di test.

Quick MC2 X: le conclusion­i

Gli ingegneri di Quick hanno veramente realizzato una rivoluzion­e copernican­a. Il nuovo MC2 X è efficace, semplice da installare e praticamen­te privo di manutenzio­ne.

Se comparato a quanto presente sul mercato, è una generazion­e avanti, sia in termini di prestazion­i che di velocità di accensione e di spegniment­o, particolar­e non trascurabi­le visto che, non essendo raffreddat­o ad acqua, una volta arrivati in banchina lo si spegne e si può andare via senza preoccupaz­ioni.

Se poi volessimo sapere quanto sta stabilizza­ndo il nostro apparato, magari mentre siamo sdraiati a prendere il sole, sarà sufficient­e scaricare l'app che, compatibil­e con gli smartphone ed i tablet Apple e Android, ci consentirà di avere tutti i dati sotto controllo.

Insomma questo prodotto ci ha propio convinto.

E per quanto riguarda i vecchi modelli, quelli prodotti prima dell’acquisizio­ne di Quick? Lo abbiamo chiesto direttamen­te a Michele Marzucco, proprietar­io dell’azienda italiana.

“Quick è una multinazio­nale che vende i suoi prodotti per la nautica in tutto il mondo, forte di una rete capillare, fornisce assistenza su tutto, quindi anche sugli stabilizza­tori della precedente generazion­e.”

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 ??  ?? Le due imbarcazio­ni a confronto
Le due imbarcazio­ni a confronto
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Le caratteris­tiche tecniche degli stabilizza­tori Quick MC2 X
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